Oltre il fossile: l’era dell'innovazione sostenibile tra chimica, biotech e scarti - chimica industriale

Oltre il fossile: l’era dell’innovazione sostenibile tra chimica, biotech e scarti

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Mario Catalano

Perché ne stiamo parlando
Una rivoluzione inaspettata sta trasformando ciò che consideravamo rifiuti in risorse chiave per il futuro dell’industria. Ecco come questi materiali diventano la base per creare farmaci, biomateriali innovativi e prodotti ad alto valore aggiunto. Ne parliamo con Anna Maria Raspolli Galletti.

“Il nostro petrolio verde”? È nei nostri scarti! La chimica industriale, alla guida della transizione ecologica, si reinventa e guarda al futuro unendo le forze con i settori biotecnologico e farmaceutico. Anna Maria Raspolli Galletti, neoeletta presidente della Divisione di Chimica Industriale della Sci (Società chimica italiana), la prima donna in questo ruolo, indica la strada: valorizzare gli enormi quantitativi di scarti agricoli e alimentari – definiti “il nostro petrolio” – per creare farmaci, biomateriali innovativi e prodotti ad alto valore aggiunto, ponendo enfasi su sicurezza, qualità e sostenibilità.

Quali ritiene siano oggi le opportunità più promettenti per applicare processi sostenibili nella produzione di materiali e composti utili al settore delle Life science?

«Credo ci siano due prospettive principali e molto ampie. La prima riguarda i biomateriali, in particolare quelli biodegradabili e innovativi. Parlare di rinnovabili oggi significa soprattutto valorizzare gli scarti rinnovabili, che sono numerosissimi. Possono essere utilizzati per ottenere materiali innovativi ma anche e, soprattutto, prodotti per usi specifici ad alto valore aggiunto.

Questi possono derivare da scarti agricoli, scarti food, e ce ne sono in quantità enorme nel mondo e in Italia. Li definisco “il nostro petrolio”, che finora non abbiamo saputo valorizzare. Un altro argomento su cui lavorano molti ricercatori è quello dei “biofuel da waste”. L’obiettivo è utilizzarli in alta quantità nei motori a combustione interna, impiegandoli anche come additivi piuttosto di impiegare il fossile o il rinnovabile puri».

Quali specifiche competenze o aree di conoscenza all’interno della chimica industriale stanno diventando sempre più importanti per gli operatori che lavorano nel Life Science, come biotecnologie industriali e farmaceutica sostenibile?

«Una tematica di estrema importanza e ineludibile, e molto presente anche nel dibattito mediatico, è la sicurezza di prodotto e di processo. Su questo fronte, la chimica industriale ha forti competenze sia a livello di laboratorio che di processo su scala industriale. È una tematica sempre più importante su cui è fondamentale investire in formazione. Altre tematiche essenziali riguardano la qualità dei prodotti e dei processi.

È necessario avere sempre maggiori conoscenze sulle connessioni tra caratteristiche, proprietà e prestazioni dei nuovi prodotti. Inoltre, è importante considerare la loro sostenibilità ambientale, intesa come ciclo di vita completo. Queste tematiche sono sempre più stringenti perché è necessario un perfetto adempimento di tutte le regolamentazioni relative ai prodotti e ai processi in ogni settore produttivo».

Nel suo nuovo ruolo di presidente della Divisione di Chimica Industriale della Sci come intende promuovere il dialogo tra la ricerca accademica e l’industria farmaceutica o biotecnologica per affrontare le sfide della transizione ecologica?

«Non ho mai visto grosse divisioni tra industria chimica più tradizionale, biotecnologia e farmaceutica. Credo che la chiave vincente per il prossimo futuro dell’industria sia una maggiore compenetrazione tra le competenze. Piuttosto di parlare solo di farmaceutica, parlerei anche di prodotti che includono cosmetici e additivi ad alto valore aggiunto per food. L’importante è che ci sia un’ottima interazione tra i settori. I processi non sono più solo tradizionalmente chimici o biotecnologici; c’è una vera e propria osmosi, una compenetrazione di conoscenze tra questi settori.

In alcuni processi si sceglie anche la catalisi enzimatica perché è la strada catalitica più performante, il che implica integrare processi chimici tradizionali con stadi bio. Viceversa, molti stadi del processo farmaceutico, specialmente le purificazioni, richiedono soluzioni che fanno parte della chimica industriale tradizionale. Tant’è vero che molti chimici industriali lavorano nel settore bio e farmaceutico, e viceversa. Non credo ci siano più confini, ma piuttosto competenze. Avere competenze trasversali aiuta enormemente la compenetrazione tra i vari settori, che sono sempre più interconnessi».

Lei è la prima presidente donna della Divisione di Chimica Industriale della Sci. Quanto è importante?

«Molto. Sempre più donne si iscrivono ai corsi di chimica industriale. Sempre più colleghe hanno ruoli importanti non solo nell’insegnamento a vari livelli (liceo o università), ma anche nell’industria. È un risultato che indica il cambiamento dei tempi e anche l’impegno femminile in settori che un tempo erano scelti più raramente. In realtà, non solo in chimica, ma anche in ingegneria, le donne hanno ormai tantissime rappresentanti nell’industria e nella docenza. Pertanto, questo incarico non è altro che un segno dei tempi che può servire da segnale per suggerire la scelta del nostro settore a studentesse che devono decidere l’indirizzo universitario, perché è un settore che offre molte possibilità anche alle ragazze».

Keypoints

  • La chimica industriale sta guidando la transizione ecologica attraverso la valorizzazione degli scarti agricoli e alimentari
  • Questi scarti sono considerati “il nostro petrolio verde”, una risorsa enorme ma finora poco sfruttata per creare valore
  • Da tali materiali di scarto è possibile ottenere farmaci, biomateriali innovativi e prodotti ad alto valore aggiunto
  • Questa trasformazione è resa possibile dalla collaborazione tra chimica industriale, biotecnologie e farmaceutica
  • L’obiettivo è sviluppare processi e prodotti che siano non solo innovativi, sicuri, di alta qualità e pienamente sostenibili
  • Il settore si sta evolvendo con confini sempre più sfumati tra le discipline e una crescente presenza di donne in ruoli chiave

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