Negli Stati Uniti è stata approvata la prima terapia antivirale specifica per l’epatite C acuta. La FDA ha esteso l’indicazione di Mavyret® (glecaprevir/pibrentasvir), già autorizzato per le forme croniche, consentendone ora l’uso in adulti e bambini dai tre anni in su, con o senza cirrosi o con cirrosi compensata, per un trattamento di otto settimane.
Lo studio clinico condotto per l’approvazione regolatoria ha dimostrato un tasso di guarigione del 96%. Mavyret è la prima terapia ufficialmente approvata per la forma acuta. Un farmaco per la fase iniziale dell’infezione era molto atteso, soprattutto per ridurre il rischio di cronicizzazione e trasmissione.
Situazione epidemiologica negli Stati Uniti
Negli USA vengono accertati ufficialmente circa 4.000–5.000 nuovi casi di epatite C acuta ogni anno, secondo i dati dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), ma il numero reale secondo le stime supererebbe i 69mila casi annui, a causa dell’elevata sottodiagnosi. Negli Stati Uniti, l’epatite C acuta si è fortemente diffusa negli ultimi 15 anni tra i giovani adulti a causa della crisi degli oppioidi, che ha determinato un aumento dell’uso endovenoso di droghe: dal 2010 i casi di epatite C acuta sarebbero aumentati del 400%, soprattutto nella fascia d’età 20–39 anni, in larga parte a causa dell’uso di eroina e fentanyl.
Le siringhe condivise rappresentano una delle principali vie di trasmissione del virus dell’epatite C. Gli Stati Uniti utilizzano un sistema di sorveglianza più proattivo, che corregge sistematicamente le stime per tenere conto del sommerso: ogni caso confermato viene moltiplicato per un fattore statistico (circa 14) per stimare l’incidenza reale.
La situazione in Italia
Nel nostro Paese nel 2024 sono stati notificati “solo” 60 casi di epatite C acuta, ma è il numero più alto dal 2016, secondo quanto riportato dal sistema SEIEVA (Istituto Superiore di Sanità). Un sistema che copre l’86,2% della popolazione italiana, si basa su partecipazione volontaria e ha limiti strutturali. Il dato riflette un ampio “sommerso” composto da pazienti ignari della propria infezione e da persone già diagnosticate ma non ancora trattate.
L’attenzione è centrata sulle forme clinicamente manifeste, mentre le forme croniche o asintomatiche, come l’epatite C acuta, spesso non vengono intercettate.
Nel nostro Paese colpisce prevalentemente uomini (66,7%) e si concentra nella fascia d’età 35–54 anni. Le regioni con il maggior numero di casi sono Lombardia e Veneto, che da sole rappresentano oltre il 65% delle notifiche.
Gli obiettivi di eliminazione globale
Come ha sottolineato l’americano John Ward, direttore della Coalition for Global Hepatitis Elimination, trattare precocemente l’epatite C con farmaci efficaci consente di prevenire l’evoluzione verso forme croniche, cirrosi o epatocarcinoma, offrendo così alla sanità pubblica un’opportunità concreta per contribuire all’eliminazione globale del virus entro il 2030.
Nel 2016 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha infatti fissato l’obiettivo di eliminare l’epatite B e C come minacce per la salute pubblica entro i prossimi cinque anni, puntando a ridurre del 90% le nuove infezioni e del 65% i decessi correlati. Per riuscirci, è necessario diagnosticare almeno il 90% dei casi e trattarne l’80% con terapie efficaci. L’Europa ha adottato questi target, promuovendo strategie di screening e interventi nei gruppi a rischio.
In Italia, secondo le stime del Progetto PITER, se il numero dei pazienti trattati all’anno rimarrà stabile, il pool dei pazienti eleggibili si esaurirà tra quest’anno e il 2028, lasciando molte infezioni non identificate né curate. Programmi di screening universale nelle coorti nate tra il 1969 e il 1989 sono stati avviati in diverse regioni per individuare i casi silenti e mantenere l’Italia sulla traiettoria dell’eliminazione entro il 2030.
L’importanza del trattamento precoce
Sebbene gli obiettivi dell’OMS e delle autorità sanitarie europee riguardino in modo esplicito l’eliminazione dell’epatite C nel suo complesso, quindi senza distinguere formalmente tra forma acuta e cronica, la diagnosi e il trattamento precoce dei casi acuti è considerata una leva fondamentale per raggiungere i traguardi fissati. Intercettare il virus nella sua fase iniziale consente infatti di bloccare la trasmissione, prevenire la cronicizzazione e contenere l’onere clinico ed economico associato alle forme avanzate della malattia.