Epilessia, ne soffre l’1% degli Italiani

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Michela Moretti

Perché ne stiamo parlando
Con l’aumento della vita media, cresce il numero di anziani con epilessia. La creazione di una rete integrata rappresenta una soluzione fondamentale per migliorare la qualità della vita di tutti i pazienti e ridurre i costi sanitari.

L’epilessia, spesso percepita come una malattia che colpisce prevalentemente i bambini, sta registrando un aumento significativo tra gli anziani. «Oggi il secondo picco di incidenza, dopo i bambini, riguarda l’anziano e il grande anziano», afferma Laura Tassi, neurologa del Centro Chirurgia dell’Epilessia dell’Ospedale Niguarda e past president dell’associazione LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia). «L’allungamento della vita media ha portato a un numero crescente di diagnosi di epilessia dopo i 65 anni».

Questo nuovo scenario, unito alle difficoltà nell’accesso a cure specialistiche, rende ancora più urgente una riforma dell’assistenza per questa patologia cronica, che continua a essere una delle più complesse e sottovalutate dal punto di vista sanitario.

Oggi in Italia l’1% della popolazione vive con epilessia

Oggi si stima che in Italia circa 600mila persone convivano con l’epilessia, pari all’1% della popolazione. Le principali cause dell’epilessia negli anziani sono legate a patologie cerebrovascolari, come ictus, ischemie ed emorragie cerebrali. «Spesso l’epilessia compare anche in presenza di malattie neurodegenerative, come la demenza. In molti casi, si tende a sottovalutare i sintomi, scambiandoli per un normale declino cognitivo, con il rischio di una diagnosi tardiva o errata». Questo rende ancora più evidente la necessità di percorsi diagnostici più precisi e di una maggiore diffusione della conoscenza della patologia tra i medici di base e i geriatri.

Le sfide terapeutiche: farmaci, resistenza e personalizzazione delle cure

L’epilessia, o meglio le epilessie, sono sintomatologie croniche che, nel 90% dei casi, accompagnano il paziente per tutta la vita. Solo alcune forme scompaiono spontaneamente durante la pubertà, mentre altre possono essere trattate con successo tramite intervento chirurgico. Per tutti gli altri pazienti, la terapia farmacologica diventa una necessità quotidiana.

«Il primo obiettivo è individuare un farmaco con il minor impatto possibile sulla vita del paziente», sottolinea la dottoressa Tassi. «Nei bambini, alcuni farmaci possono compromettere le capacità cognitive, mentre nelle donne in età fertile bisogna considerare gli effetti sulla gravidanza. Negli anziani, invece, è importante evitare interazioni con altri farmaci e ridurre al minimo gli effetti collaterali, dato che molti di loro assumono già terapie per altre patologie croniche».

Un altro problema critico è la farmacoresistenza: «Nonostante abbiamo oggi 35 farmaci a disposizione, il 30% dei pazienti continua ad avere crisi epilettiche, anche combinando più farmaci. In più queste opzioni non sono sempre accessibili a tutti i pazienti, e l’accesso alle cure varia notevolmente a seconda della Regione in cui si vive». Inoltre, il costo dei nuovi farmaci rappresenta una barriera importante. «I farmaci di ultima generazione sono più sicuri e tollerabili, ma hanno un costo molto elevato rispetto ai vecchi farmaci. Questo rende più difficile la loro prescrizione e diffusione, soprattutto in un sistema sanitario con risorse limitate».

Centri specializzati: una risorsa limitata che esclude molti pazienti

L’Italia soffre di un grave problema di accesso ai centri specializzati per l’epilessia. In Lombardia, una delle Regioni meglio attrezzate, solo il 20% dei pazienti riesce a ricevere assistenza in una struttura specializzata, lasciando molti altri a carico di neurologi non esperti in questa patologia.

«Purtroppo, chi non ha accesso a un centro specializzato rischia una diagnosi errata o un trattamento inadeguato», avverte la neurologa. Questa carenza di centri specializzati porta molti pazienti a spostarsi tra le Regioni per trovare cure adeguate e «il costo sociale di questi spostamenti è enorme, spiega la dottoressa Tassi. «Spesso, un genitore deve rinunciare alla propria carriera per prendersi cura di un figlio epilettico, con ripercussioni economiche significative». Una questione che diventa ancora più delicata per i pazienti epilettici anziani.

Le soluzioni: una rete nazionale e nuove politiche sanitarie

Per migliorare la gestione dell’epilessia, anche considerando la popolazione di malati anziani in continua crescita, è necessario sviluppare una rete nazionale dei centri specializzati, capace di garantire un’assistenza omogenea e integrata. «Dobbiamo costruire una rete in cui i centri di primo livello possano riferire i casi più complessi ai centri avanzati, proprio come avviene per l’ictus. Solo così possiamo garantire diagnosi corrette e trattamenti efficaci per tutti».

In questo contesto, la proposta di legge attualmente in discussione in Parlamento potrebbe rappresentare un’opportunità. «Il senatore Zullo sta lavorando a un testo che raccoglie diverse proposte per migliorare la presa in carico dell’epilessia. Se approvata, potrebbe garantire un maggiore sostegno alle famiglie e una migliore organizzazione dell’assistenza sanitaria».

Keypoints

  • L’epilessia sta aumentando tra gli anziani, a causa dell’invecchiamento della popolazione
  • Molti pazienti non ricevono una diagnosi corretta perché i sintomi vengono spesso confusi con il declino cognitivo o altre patologie neurologiche
  • La farmacoresistenza colpisce circa il 30% dei pazienti, rendendo necessario l’uso di alternative come la chirurgia o la neuromodulazione, spesso difficili da ottenere
  • L’accesso ai centri specializzati è limitato, con forti disparità regionali che costringono molti pazienti a spostarsi per ricevere cure adeguate
  • I nuovi farmaci, pur essendo più efficaci e sicuri, hanno costi elevati e non sono sempre disponibili in tutte le regioni
  • Una rete nazionale di centri specializzati e percorsi terapeutici uniformi è essenziale per garantire cure migliori e ridurre i costi sanitari e sociali

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