È conosciuto col nome scientifico Opuntia Ficus Indica e all’epoca degli Aztechi era considerato sacro. Il frutto proviene dal Messico e rappresenta uno dei simboli della Sicilia e recentemente è finito tra i banchi del dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche (STEBICEF) dell’Università degli Studi di Palermo. Le sue proprietà salutistiche nella prevenzione di patologie intestinali saranno oggetto di studio del progetto Opuntia. In particolare, il potenziale dei suoi componenti nella correzione della disbiosi intestinale. L’idea è stata finanziata dalla Fondazione Umberto Veronesi (FUV) a Ignazio Restivo (ricercatore FUV al Dipartimento STEBICEF di Palermo) vincitore del Grant Post-Doctoral Fellowship 2025 biennale, finanziato da FUV su bando competitivo, intervistato da INNLIFES.

Il progetto si concentra sulle proprietà salutistiche del fico d’India: cosa ti ha spinto a scegliere proprio questo frutto e in che modo il fico d’India potrebbe essere utile nella prevenzione di patologie intestinali?
«Cresco professionalmente all’interno del gruppo di ricerca di Biochimica del Dipartimento STEBICEF, guidato dalla Professoressa Luisa Tesoriere, che studia da più di vent’anni le proprietà salutistiche di questo frutto, su diversi modelli sperimentali sia in vitro che in vivo. Nel corso degli anni è stato dimostrato che i benefici del fico d’India sulla salute dell’uomo sono diversi: dalle proprietà antinfiammatorie a quelle ossidanti. Questo mi ha spinto ad approfondire il suo potenziale effetto sulla salute intestinale.
Negli ultimi anni è emerso come sia importante la funzione del microbioma intestinale nella modulazione della salute umana, così mi sono chiesto se, oltre alla proprietà antiossidante e antinfiammatoria, questo frutto riesce a esplicare le sue proprietà benefiche interagendo con esso. Da questa riflessione nasce il progetto Opuntia, che non ha solo l’obiettivo di studiare la sua eventuale interazione con il microbioma umano ma anche a studiare in modelli cellulari di intestino, il suo potenziale anti infiammatorio mirato alla prevenzione delle neoplasie intestinali come il cancro al colonretto (CRC). Da biochimico, l’interesse è capire esattamente quali sono i target proteici con cui questo frutto può interagire nell’inibizione dell’infiammazione e capire il suo effetto su cellule cancerogene».
Come pensi tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale e l’analisi metabolomica possano contribuire a migliorare la comprensione delle proprietà del fico d’India?
«Le nuove tecnologie sono fondamentali per accelerare le scoperte scientifiche. In questo progetto, l’Ai può dare un’ulteriore spinta ai nostri esperimenti nel prevedere quali possono essere i bersagli di azione del frutto, quindi, avere già dei dati di previsione ci permette di scartare tutti quei pattern molecolari e proteine che con quelle molecole difficilmente potranno interagire. Un risparmio importante in termini di tempi di esecuzione. Non solo. L’Intelligenza artificiale, riuscendo a elaborare una grande mole di dati può supportarci nell’ipotesi di nutrizione di precisione».
Un esempio?
«Abbiamo un soggetto patologico con problemi intestinali con uno sbilanciamento di determinati microbi “cattivi”. L’Ai potrebbe aiutarci nel capire quali sostanze bioattive presenti nel cibo possono aiutare a modulare positivamente il microbioma, suggerendo l’assunzione di particolari alimenti piuttosto di altri».
Puoi parlarci delle collaborazioni che hai instaurato con i partner nazionali e internazionali? In che modo il lavoro di squadra sarà cruciale per il progetto Opuntia?
«Quando si parla di ricerca il lavoro di squadra è fondamentale. Servono gli esperti degli aspetti da sviluppare nel progetto e in questa avventura il nostro gruppo di ricerca sarà affiancato da il prof. Pirrone e il dott. Contino di UniPa, il prof. Ginotti e il dott. Nissen dell’Università di Bologna, e la dott.ssa Pérez Jimenez dell’ICTAN-CSIC di Madrid. Questo team ci consentirà di indagare il potenziale del fico d’India siciliano nella nutrizione di precisione, con l’obiettivo di prevenire infiammazioni e neoplasie intestinali».