Dopo l’approvazione lo scorso anno negli Stati Uniti e in Europa di Casgevy, la prima terapia di editing genetico (contro due emoglobinopatie, la beta talassemia e l’anemia falciforme), si era cominciato a parlare di tecniche ancora più precise e sicure, che evitano la rischiosa doppia rottura del DNA, come il base editing, che permette la sostituzione di una singola base del DNA e il prime editing, che è molto versatile e può correggere una vasta gamma di mutazioni genetiche.
Ma negli ultimi mesi si sono moltiplicate le pubblicazioni scientifiche che rivelano nuove scoperte in grado di garantire, almeno nelle speranze dei ricercatori, editing genetico di incredibile accuratezza. Il click editor, ad esempio, permette di apportare modifiche precise al genoma utilizzando modelli di DNA “click” (clkDNA) per inserire le modifiche desiderate. Questo metodo ha mostrato effetti fuori bersaglio inferiori rispetto a CRISPR-Cas9 e ha raggiunto modifiche genomiche con elevate efficienze. Se il limite tecnico dell’efficienza è ora praticamente superato, nuove soluzioni si stanno anche trovando per migliorare il vettore, ossia il modo in cui si introducono queste proteine correttive nelle cellule. Si stanno sviluppando vettori che possono riconoscere recettori specifici di organi, come il fegato, per dirigere le modifiche solo dove necessario.
Un’evoluzione tecnologica, ancora – è vero – nelle sue fasi di sperimentazione iniziali, ma che sorprende per la velocità con cui sta emergendo. Giuseppe Novelli, genetista del Policlinico Tor Vergata di Roma, spiega perché l’innovazione sta avvenendo così rapidamente e in che direzione si sta andando (e dove è meglio fermarsi).
«In realtà la ricerca sull’editing genetico è iniziata all’inizio degli anni 90, quando si è cominciata l’indagine sugli strumenti che potesse riparare il DNA in modo naturale, imitando quello che già accade in natura, grazie a specifiche proteine presenti all’interno delle cellule. Il problema era trovare un modo per guidare questo processo. All’inizio avevamo sistemi piuttosto rudimentali per fare questo, che però davano un’efficienza di riparazione del DNA molto bassa: una cellula guarita su 100, che non aveva valore terapeutico. Ci sono voluti 30 anni per arrivare a ciò a cui assistiamo oggi. Negli ultimi dieci anni siamo arrivati ad aumentare la precisione nel processo di editing genetico di circa 10 milioni di volte. Equivale alla capacità di trovare e cambiare una lettera sbagliata in un libro di mille pagine».
Quale tecnica di cui si parla oggi trova particolarmente interessante?
«Tutti noi conosciamo i vaccini a mRNA sviluppati solo quattro anni fa per il Covid. Grazie alle conoscenze acquisite sull’RNA, ora si sta sperimentando l’RNA editing piuttosto che DNA editing. Non si può raggiungere il DNA di tutte le cellule, ma l’RNA, come abbiamo visto con i vaccini, è più versatile. È stato un grande risultato: con una semplice iniezione nel muscolo, la produzione di RNA ha portato alla sintesi della proteina nelle cellule, creando un sistema di difesa anticorpale contro la proteina spike del virus. Questo dimostra che lavorare sull’RNA è molto più rapido e duttile».
Se l’RNA è il miglior target, la modifica dell’RNA è risolutiva per tutte le patologie?
«Dipende dalla patologia. Ad esempio, per l’atrofia muscolare spinale, la correzione a livello di RNA è già una terapia disponibile e richiede solo un’iniezione ogni sei mesi. Anche per l’ipercolesterolemia familiare, un’editing dell’RNA è efficace e più pratico rispetto a farmaci quotidiani, che possono essere tossici. In alcuni casi, il difetto non è nel DNA ma nell’RNA, e correggere il DNA in queste situazioni può essere complesso, soprattutto in zone con molte copie geniche».
Si sta facendo strada anche l’editing epigenetico per la cura di alcune malattie, che permette di modificare l’epigenoma di una cellula.
«L’epigenoma è l’insieme delle modifiche chimiche al DNA che avvengono in una cellula che influenzano l’attività dei geni senza alterare la sequenza del DNA. I farmaci epigenetici esistenti non sono specifici e possono alterare geni non bersaglio, portando ad effetti collaterali. L’editing epigenetico potrebbe essere rivoluzionario per le malattie causate da alterazioni epigenetiche, come ad esempio la sindrome di Martin-Bell, una forma di ritardo mentale legata al sesso, che è causata dal blocco anomalo di un gene dovuto a gruppi metilici che lo coprono. Molti tumori sono anche dovuti a modifiche epigenetiche, così come alcune malattie monogeniche, come alcune forme di distrofie muscolari, come la distrofia scapolo-omerale. In questi casi, la mutazione del DNA porta a un’alterazione della regolazione genica. Con il nuovo sistema di correzione epigenetica, potrebbe essere possibile intervenire efficacemente su queste malattie».
Un recente articolo pubblicato su Nature presenta uno studio di gene editing in batteri del microbioma. Questo metodo permetterebbe di disattivare i geni patogeni che causano infezioni senza alterare l’intero microbioma.
«Sì, ci sono stati alcuni tentativi in questo ambito, ma personalmente sarei cauto. Il microbioma è ancora poco conosciuto. Tuttavia, c’è un’applicazione promettente del gene editing negli organoidi di maiali. Ad esempio, è possibile eliminare i geni che contengono retrovirus endogeni di suino (PERV) che possono potenzialmente passare agli esseri umani con possibili conseguenze dannose. Questi retrovirus impediscono l’uso di organi di maiale per i trapianti. Utilizzando il gene editing, si possono rimuovere tutti i retrovirus dal DNA dei maiali, creando organi sicuri per i trapianti. Questo approccio ha un potenziale enorme, soprattutto considerando la carenza di organi per i trapianti».
Ci sono anche esperimenti in fase preclinica in cui si applica l’editing genetico nei feti per correggere geni mutati responsabili di gravi malattie.
«Per certe malattie è importante intervenire il prima possibile. Effettuare la terapia alla nascita o addirittura prima è più efficace che farla a cinque anni di vita: su questo non c’è dubbio. Ma qui parliamo di feti; discorso diverso sarebbe per modifiche genetiche sugli embrioni e in questo abbiamo un esempio, tra l’altro fallito, in Cina nel 2018, che ha scatenato molte reazioni, comprese quelle del governo cinese. Non sappiamo ancora con certezza quali effetti possono avere le modifiche sui geni durante lo sviluppo embrionale. Ci sono molti processi che avvengono durante lo sviluppo e che non comprendiamo completamente. Dobbiamo essere cauti, perché non abbiamo abbastanza esperienza per prevedere gli effetti di una correzione genica a quel livello. Ecco perché giustamente a livello europeo esiste una moratoria sull’editing genetico delle cellule germinali, come spermatozoi ed embrioni».