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Il futuro del Biotech in Italia: cosa cambiare per crescere

Perché ne stiamo parlando
Tante idee innovative nel settore Life Science sono nate nel nostro Paese, ma vengono sviluppate all’estero. Che cosa bisogna cambiare per farle invece crescere in Italia? Se ne è parlato all’assemblea dell’Associazione Italian Angels for Biotech.

Il futuro del biotech in Italia: cosa cambiare per crescere

Parole chiave: ecosistema, rischio, cambio culturale e partnership concrete. Solo con ottimismo e un impegno condiviso verso un ecosistema più integrato e collaborativo si può garantire il successo del trasferimento tecnologico e dello sviluppo biotecnologico in Italia. È ciò che emerge dalla tavola rotonda organizzata dall’Italian Angels for Biotech nel corso del primo meeting 2024 dell’Associazione. In dialogo con la Vicepresidente Paola Lanati (editrice di INNLIFES) alcuni degli attori chiave della ricerca Biotech early stage: Alessio Beverina, Co-Founder e General Partner di Panakès e Segretario Generale di Italian Tech Alliance, Federica Draghi, Founder & Managing Partner di XGEN Venture SGR, Simone Braggio, Board Member Extend, EVP Head of Strategic Partnerships di Evotec, Maria Cristina Porta, Direttrice Generale della Fondazione Enea Tech e Biomedical, Giovanni Rizzo, Committee Member and Partner di Indaco BIO Fund, Arianna Floris, Senior Analyst del Club degli Investitori e Roberto Tiezzi, Managing Director, Innovation & Knowledge Transfer Unit della Fondazione UNIMI.

Tiezzi: l’Università deve collaborare con professionisti nel trasferimento tecnologico

È una posizione netta quella di Tiezzi sul ruolo delle università nel trasferimento tecnologico: «L’Università non si deve occupare di trasferimento tecnologico in funzione di controllo, non avendo un profilo imprenditoriale». Tiezzi racconta l’esperienza con la Fondazione UniMi, il braccio operativo della Statale di Milano per lo sviluppo e le relazioni con il mondo aziendale e degli investitori, con cui l’Ateneo fa scouting, ossia individua, all’interno dei vari laboratori della Statale di Milano, idee con un potenziale ancora immaturo, nelle fasi iniziali di sviluppo tecnologico e innovazione. «Per supportare queste idee, abbiamo creato un programma strutturato chiamato Seed for Innovation, giunto ormai alla quarta edizione. Questo programma ci permette di potenziare le idee presentate dai nostri gruppi di ricerca, avvalendoci di professionisti esterni e della rete di mentor della Fondazione UniMi».

Oltre allo scouting, Seed for Innovation prevede anche una capacità di investimento interno, ovvero la disponibilità di fondi della Statale di Milano destinati a sviluppare le idee con il maggior potenziale selezionate nel programma. «Un elemento distintivo del nostro programma è l’uso di giurie composte da professionisti esterni all’accademia. Questi esperti forniscono indicazioni al rettore su dove allocare le risorse, basandosi sulla loro esperienza e competenza. Questo metodo, che abbiamo sperimentato con successo, rispecchia le pratiche dell’Unione Europea nella creazione di università capaci di indirizzare efficacemente le risorse verso progetti finanziari strategici».

Fondazione Enea Tech: acquisire competenze imprenditoriali

La Direttrice Generale della Fondazione Enea Tech e Biomedical sottolinea l’importanza di affiancare ai team di ricerca delle competenze imprenditoriali per far sì che la ricerca arrivi effettivamente sul mercato. «È difficile insegnare a un ricercatore a diventare un imprenditore se non ha nel DNA le attitudini imprenditoriali, proprio come sarebbe difficile per un imprenditore comprendere appieno le complessità della ricerca accademica», sostiene. Un esempio eccellente citato riguarda le università italiane che hanno creato i propri incubatori di imprese. Questi incubatori funzionano quando non sono semplicemente un’estensione dell’insegnamento universitario, ma acquisiscono competenze provenienti dal mondo imprenditoriale. «È attraverso queste esperienze che si apprendono le competenze necessarie per portare la ricerca sul mercato». Nel 2022 la Fondazione ha ampliato la sua missione includendo il settore biomedicale, ottenendo un secondo fondo molto più consistente che, con le dotazioni previste fino al 2034, arriva a 1 miliardo e 121 milioni di euro.

Club degli Investitori: se c’è cultura imprenditoriale arrivano anche le risorse

Arianna Floris, rappresentante del Club degli Investitori, fornisce una testimonianza significativa sul ruolo dei Business Angel nel processo di trasferimento tecnologico. Il Club degli Investitori, uno dei principali gruppi di Business Angel in Italia con 400 soci tra manager, imprenditori e professionisti di diversi settori, si posiziona nella fase iniziale di finanziamento, prima dell’intervento dei Venture Capital (VC). Floris sottolinea che «le risorse finanziarie sono disponibili anche nelle fasi iniziali se il progetto è interessante e l’imprenditore è competente». Il vero problema, secondo Floris, non è la mancanza di risorse finanziarie, ma la cultura imprenditoriale. «Per affrontare questa sfida, il Club degli Investitori eroga corsi agli studenti universitari, promuovendo un cambiamento di mentalità che possa portare alla nascita di progetti innovativi e imprenditoriali». I soci del Club, anche quelli non esperti di settore, agiscono come mentori per i progetti promettenti, offrendo supporto e guidando i futuri imprenditori nelle prime fasi del loro percorso. Un approccio integrato, che combina risorse finanziarie e formazione imprenditoriale per il successo del trasferimento tecnologico. «Promuovere la cultura imprenditoriale nelle università», conclude, «è essenziale per colmare il gap tra la ricerca accademica e il mondo imprenditoriale, creando nuove opportunità di innovazione e sviluppo».

Braggio: cerchiamo di ridurre il rischio per VC con un percorso definito

Simone Braggio illustra il ruolo di Extend, l’hub lanciato da Cassa Depositi e Prestiti (CDP) in collaborazione con Evotec e Angelini Ventures, per affrontare i problemi di trasferimento dell’innovazione dall’università al mercato, fornendo una struttura chiara e un percorso delineato per portare avanti progetti promettenti. «Extend si basa su un modello già collaudato da Evotec in altri paesi come Francia, Germania e Inghilterra, che ha avuto molto successo. Si lavora insieme per fare scouting di progetti universitari con potenziale. Questi progetti vengono poi riconvalidati all’interno di Evotec, aumentando la fiducia nella loro validità e attrattività per gli investimenti».

Il problema principale che Extend affronta è la difficoltà di replicare i risultati della ricerca accademica su una piattaforma industriale, un problema ben noto che crea un gap tra ricerca accademica e investimenti. «Extend cerca di colmare questo gap strutturando i progetti e riducendo il rischio per i venture capital, comprimendo i tempi e fornendo un percorso definito. I progetti rimangono di proprietà dell’università, ma parte del lavoro viene condotto nella piattaforma tecnologica di Evotec. Successivamente, i dati vengono validati e i progetti avanzano con il supporto di “Entrepreneur in Residence” che aiutano a strutturare le potenziali Biotech».

Tra i primi dati di attività di Extend dal 2022 ci sono 9 progetti in pipeline, di cui uno ha raggiunto la prima milestone e sta entrando nella seconda, oltre a due startup già formate nelle università; sono stati investiti oltre 10 milioni di euro, con una disponibilità totale di 33 milioni da investire entro il 2025. Ed è già in programma la creazione di Extend 2 per continuare l’attività dal 2025 in poi.

Beverina, Italian Tech Alliance: necessario aumentare i finanziamenti pubblici e privati

Alessio Beverina, rappresentante di Italian Tech Alliance, un’associazione che unisce investitori in Venture Capital e startup finanziate da Venture Capital in Italia, e fondatore di Panakès, evidenzia la necessità di un approccio più strutturato e finanziariamente sostenuto per il trasferimento tecnologico e lo sviluppo del settore Biotech in Italia, con un’attenzione particolare alla formazione dei team e al supporto istituzionale e finanziario. «Attualmente, ci sono cinque fondi che investono nel settore Biotech in Italia, una buona notizia considerando l’attenzione crescente per questo settore. Tuttavia, la somma totale di questi fondi è di circa 650 milioni di euro, che è l’equivalente di un singolo fondo francese». Beverina sottolinea la necessità di portare la questione a Roma per cambiare la situazione finanziaria: «Lo Stato italiano e le istituzioni private devono aumentare significativamente gli investimenti nel Venture Capital per competere a livello internazionale». Negli ultimi due anni, Panakès ha lanciato diverse attività nel settore Biotech e ha assunto internamente personale per analizzare le necessità umane delle società potenzialmente investibili. Ha creato un database di italiani all’estero, facilitando il ritorno di competenze in Italia per migliorare i team di ricerca e imprenditoriali. Sono dunque necessari una maggiore educazione finanziaria e attrarre e trattenere talenti italiani, sia all’interno che all’estero, per rafforzare i team di ricerca e imprenditoriali.

Rizzo, Indaco: grazie un grande capitale umano supportato adeguatamente, si avranno buoni risultati

Giovanni Rizzo, partner di Indaco, condivide entusiasta l’esperienza con Intercept, un’azienda nata tra le “puzze” del laboratorio di chimica del professor Pellicciari all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Intercept, finanziata inizialmente da Mark Pruzanski con un contratto di ricerca con l’università, ha visto Rizzo come capo della biologia dal 2002, contribuendo allo sviluppo dell’azienda nei suoi primi anni.

«Le risorse umane altamente qualificate sono fondamentali per il successo dei progetti in Italia. Bisogna creare un ecosistema accademico di alta qualità, capace di competere a livello europeo nonostante i minori investimenti disponibili». Il fondo Biotech di Indaco, con una dotazione di circa 100 milioni di euro, è specificamente dedicato agli investimenti terapeutici.

Rizzo è ottimista, sottolineando il potenziale crescente del settore Biotech italiano e la speranza che l’ecosistema fertile e le esperienze accumulate portino a risultati positivi.

Draghi: lavoriamo spalla a spalla con gli scienziati

Federica Draghi, membro del Consiglio Direttivo dell’Italian Angels for Biotech e rappresentante di XGEN, fornisce una panoramica delle attività di investimenti nel settore del life science early stage, sottolineando l’importanza del lavoro collaborativo con scienziati e professionisti: «XGEN ha raccolto 160 milioni di euro da investire in progetti di early stage life science», spiega. «Due terzi di questi investimenti sono destinati a società italiane. Lo facciamo grazie ad un team interno con competenze tecniche avanzate nel settore Biotech, e dedichiamo molto tempo a lavorare con scienziati italiani attraverso un vasto network nei centri di ricerca italiani».

Dalle parole dei protagonisti della tavola rotonda emerge l’invito a costruire team imprenditoriali con competenze specifiche fin dalle fasi iniziali per garantire che le scoperte scientifiche diventino innovazioni di successo sul mercato; assumere rischi a tutti i livelli, dalle università agli investitori istituzionali, per favorire il trasferimento tecnologico; convincere gli investitori stranieri a vedere l’Italia come una terra fertile per gli investimenti, sfruttando le partnership internazionali. Solo così, affermano gli esperti, si può trasformare le scoperte scientifiche in innovazioni di successo e fare dell’Italia un leader nel settore Biotech.

Keypoints

  • Il fatto che molte idee innovative nel settore delle Scienze della Vita nascano in Italia ma vengano sviluppate all’estero solleva importanti interrogativi sulle carenze strutturali del nostro sistema
  • Durante l’assemblea dell’Associazione Italian Angels for Biotech, si è discusso di diverse strategie per affrontare questa sfida
  • Roberto Tiezzi ha sottolineato che le università devono collaborare con professionisti nel trasferimento tecnologico e ha illustrato il programma Seed for Innovation della Fondazione UniMi.
  • Maria Cristina Porta della Fondazione Enea Tech ha evidenziato l’importanza di affiancare competenze imprenditoriali ai team di ricerca per portare la ricerca sul mercato
  • Arianna Floris del Club degli Investitori ha sottolineato la necessità di promuovere la cultura imprenditoriale nelle università per colmare il gap tra ricerca accademica e mondo imprenditoriale
  • Simone Braggio ha illustrato il modello Extend, che mira a ridurre il rischio per i Venture Capital fornendo un percorso strutturato per i progetti universitari
  • Alessio Beverina di Italian Tech Alliance ha evidenziato la necessità di aumentare i finanziamenti pubblici e privati per competere a livello internazionale nel settore Biotech

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