La Chimica Verde: una rivoluzione sostenibile per la produzione di farmaci

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Michela Moretti

Perché ne stiamo parlando
La riforma farmaceutica presentata dalla Commissione europea rafforza la valutazione del rischio ambientale per limitare i potenziali impatti negativi dei medicinali sull’ambiente e sulla salute pubblica. Abbiamo chiesto alla prof. Evelina Colacino come la chimica verde possa aiutare.

La chimica verde, nota anche come chimica sostenibile, è una filosofia di ricerca che promuove la progettazione di prodotti e processi in grado di ridurre al minimo l’uso e la generazione di sostanze pericolose. Nell’industria farmaceutica, ad esempio, la chimica verde può essere applicata per sviluppare processi più sostenibili ed ecologicamente “friendly” per la produzione di farmaci. Questo può includere l’utilizzo di risorse rinnovabili, la riduzione dei rifiuti e dei sottoprodotti e lo sviluppo di reazioni chimiche più efficienti e meno pericolose. È un impegno condiviso che coinvolge ricercatori, ingegneri chimici, istituzioni e società nel suo insieme; ancora di più oggi, con le indicazioni espresse nella riforma farmaceutica, la sua diffusa applicazione è ritenuta necessaria. “Un percorso che si è avviato e non si arresterà”, sostiene Evelina Colacino, professoressa di Chimica Organica e Green Chemistry all’Università di Montpellier (Francia) e autrice di diverse pubblicazioni scientifiche e libri.

“Chi si avvicina alla chimica verde poi non torna più indietro. Mentre la bonifica rimuove materiali pericolosi dall’ambiente, la chimica verde impedisce che tali materiali finiscano nell’ambiente fin dall’inizio. Significa guardare al processo fin dall’inizio, in modo intelligente”, sostiene Evelina Colacino.

Quali sono i principi fondamentali della chimica verde e come possono contribuire a ridurre l’impatto ambientale come richiesto anche nella revisione della legislazione farmaceutica europea?

“I principi della chimica green sono nati agli inizi degli anni 90, ma l’approccio a come l’uomo impatta sull’ambiente risale ancora agli anni ’70, a seguito dei vari incidenti che si verificarono nelle aziende chimiche. Oggi se si sa che facendo un’azione si impatta sull’ambiente si deve cercare di fare una cosa in maniera differente.

La chimica green sta ridefinendo il modo in cui concepiamo e realizziamo le reazioni chimiche. Uno degli obiettivi principali è ridurre o addirittura eliminare l’uso di solventi, oltre a garantire condizioni di reazione e di processo più sicure. Una scelta oculata dei reagenti è fondamentale: non solo dovrebbero essere sicuri, ma anche facilmente degradabili. Si stanno infatti compiendo progressi significativi nella qualità e quantità dei reagenti utilizzati, imparando a ridurne l’uso o proponendo alternative piu’ sostenibili e meno pericolose. L’obiettivo è quello di garantire una chimica più sostenibile ed efficiente, in grado appunto di minimizzare l’impatto ambientale.  Vogliamo evitare altri casi inquinamento causati da un reagente, come quello rappresentato dall’utilizzo del cromo negli anni ’70 per le sintesi chimiche, che ha prodotto un grave inquinamento su larga scala”.

Come viene affrontato il problema dei sotto prodotti nella chimica green?

“I sottoprodotti generati dovrebbero avere una bassa tossicità. È importante sottolineare che, sebbene si cerchi di minimizzare l’impatto ambientale, è difficile raggiungere impatto zero. Tuttavia, si può fare affidamento sull’economia degli atomi: se si generano numerosi sottoprodotti durante una reazione, ciò significa che molti atomi vengono dispersi e sprecati. Questo concetto, sebbene possa sembrare sorprendente, è di importanza cruciale. Prendiamo ad esempio una molecola iniziale con un peso di 500 dalton, che rappresentano gli atomi. Se, al termine del processo, si ottiene una molecola di soli 10 dalton, tutto il resto viene considerato scarto e deve essere adeguatamente smaltito. È evidente che questo non rappresenta un approccio intelligente. La green chemistry si basa su una progettazione anticipata di tutto il processo chimico.”

Esistono metodi predittivi per capire quale soluzione è più green di altre?

“Le metriche della green chemistry sono misure quantitative utilizzate nelle ricerche chimiche per valutare i risultati di uno studio. Tali metriche sono di fondamentale importanza per valutare l’efficienza, la qualità e le caratteristiche di un composto chimico o di un processo. Ad esempio, se si hanno diverse opzioni di sintesi, si potrà scegliere quella che risulta essere più sostenibile. Esistono metriche specifiche che permettono di valutare quanti chilogrammi di prodotto di scarto vengono generati per ogni chilogrammo di prodotto creato. Questo indicatore è chiamato “l’indicatore E”, comunemente noto come “E-factor”. L’E-factor fornisce una misura dell’efficienza complessiva di un processo chimico, evidenziando la quantità di scarti generati rispetto alla quantità di prodotto finale.”

Come può aiutare la chimica green ad utilizzare in maniera intelligente le risorse?

“Uno dei filoni di ricerca attuale si sta dedicando allo sviluppo di catalizzatori altamente performanti per le reazioni chimiche. Questo significa che è possibile utilizzare piccole quantità di catalizzatore e riciclarlo. Questo approccio aiuta a preservare le risorse, che sono non infinite. Tradizionalmente, il processo di riciclaggio dei catalizzatori poteva essere costoso, e per questo molte aziende preferivano eliminarli. Tuttavia, grazie all’innovazione tecnologica nel settore del riciclaggio, si stanno sviluppando processi più economici che permettono di riutilizzare i catalizzatori in modo efficiente.”

Quali sono le condizioni ideali per le reazioni chimiche nella chimica verde?

“Il punto di partenza fondamentale è quello di cercare di lavorare sempre a temperatura ambiente e a pressione atmosferica, evitando l’impiego di sistemi che richiedano riscaldamento o, ancora peggio, raffreddamento. Quest’ultimo, infatti, risulta essere particolarmente energivoro e poco sostenibile. Dal momento che l’energia non può essere riciclata, se ne viene impiegata una quantità considerevole, si genera uno spreco. Inoltre, il costo di un processo chimico dipende anche dall’energia consumata.

Per comprendere meglio l’importanza di queste considerazioni, prendiamo ad esempio l’utilizzo di processi che coinvolgono la pressione. In tali casi, è necessaria una grande ingegneria di processo per garantire la sicurezza del reattore quando si lavora con gas. Di conseguenza, lavorare a pressione atmosferica non solo aumenta la sicurezza del processo, ma riduce anche la complessità e i costi associati”.

L’innovazione tecnologica è il motore della chimica green. Ci può fornire esempi di come la ricerca si sia trasformata in tecniche innovative utilizzate oggi dall’industria?

Penso ad esempio alla chimica in flusso continuo, che nasce come una tecnologia di sintesi in ambito accademico, ma ora è in tutte le industrie, perché permette di superare alcuni limiti della sintesi in soluzione. Nella chimica a flusso continuo i reagenti vengono dosati in modo preciso e continuo, garantendo un controllo accurato della temperatura, della pressione e delle condizioni di reazione. Ciò consente una maggiore sicurezza, e controllo rispetto ai metodi tradizionali di sintesi chimica. Inoltre, la tecnica offre la possibilità di effettuare reazioni che potrebbero essere difficili o impossibili da realizzare utilizzando metodi convenzionali, spesso anche per ragioni legate alla pericolosità del processo. Da un lato si hanno reazioni più veloci, e poi l’uso efficiente dei reagenti e la possibilità di integrare più reazioni in un unico sistema permettono rese più elevate e riduzione degli sprechi.”.

La scienza, la società e i legislatori potrebbero avere tempi diversi per adeguarsi alle nuove esigenze in termini di sostenibilità, ma sembra che ora si stiano allineando.

“È evidente che non possiamo continuare a produrre come abbiamo fatto fino ad oggi. È fondamentale evitare di generare impatti negativi sulle generazioni future. La necessità di adottare un approccio più responsabile verso la chimica e l’ambiente è oggi una priorità condivisa a livello globale.”

Da un lato la tecnologia di oggi permette di fare scelte molto diverse da quelle che era possibile fare a inizio ‘900. Ma ci permette anche di guardare al passato con un atteggiamento diverso, ricorda Evelina Colacino. La professoressa di chimica green riporta un esempio di cui parla spesso anche in aula a Montpellier: a fine ‘800 un chimico romano, Pietro Biginelli, inventò una reazione chimica che oggi potremmo definire green, perché ha altissima economia di atomi (al tempo non esisteva questo concetto), genera come unico sottoprodotto acqua, permette di ottenere molecole strutturalmente complesse a partire da componenti semplici. Oggi tale invenzione viene sfruttata dall’industria farmaceutica con successo in chiave moderna, grazie alle nuove tecnologie.

 

Keypoints

  • Dalla Commissione Europea, tramite la riforma della legislazione farmaceutica, arriva la richiesta di limitare l’impatto ambientale dei medicinali.
  • L’applicazione sempre più diffusa delle tecnologie della chimica verde può rappresentare una risposta efficacie.
  • La chimica verde promuove la progettazione di prodotti e processi per ridurre l’uso e la generazione di sostanze pericolose.
  • I principi fondamentali della chimica verde includono l’eliminazione o riduzione dei solventi tossici, l’uso di reagenti sicuri e facilmente degradabili, e la minimizzazione dei sottoprodotti generati.
  • La chimica green adotta metriche specifiche, come l’indicatore E-factor, per valutare l’efficienza e la sostenibilità dei processi chimici.

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