Da Londra gli studi sull'amiloidosi: così funziona la ricerca al Nac

Da Londra gli studi sull’amiloidosi: così funziona la ricerca al Nac

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Michela Moretti

Perché ne stiamo parlando
Una cardiologa italiana ha condotto con successo uno studio clinico con gene editing su una malattia rara devastante, nel centro di riferimento più grande al mondo in UK. Ora per oltre 1000 pazienti si sono aperte molte speranze.

Ha appena pubblicato i risultati, molto positivi, di uno studio su pazienti affetti da una malattia rara che provoca insufficienza cardiaca progressiva e per cui non ci sono al momento terapie efficaci, l’amiloidosi ereditaria da transtiretina (ATTR), utilizzando una nuova terapia genica basata su CRISPR-Cas9.

Marianna Fontana, cardiologa, docente all’University College of London, è uno dei punti di riferimento del National amyloidosis centre (Nac) presso il Royal Free Hospital e University College London, il centro più grande al mondo per l’amiloidosi, con quasi 1500 pazienti riferiti ogni anno e tecniche avanzate per la diagnosi, la gestione e la ricerca di tutte le forme di questa rara e complessa malattia.

«L’importanza di questo centro risiede nella capacità di combinare assistenza clinica, innovazione e ricerca – spiega Fontana -. Utilizziamo tecnologie diagnostiche avanzate, come la risonanza cardiaca, per identificare precocemente le forme di amiloidosi».

Il laboratorio di drug discovery e i risultati rivoluzionari

Al NAC Fontana coordina insieme ai colleghi studi clinici innovativi e trattamenti personalizzati per migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti.

«Abbiamo un nostro laboratorio di drug discovery che ci ha permesso di ottenere risultati straordinari». Ad esempio, un anno fa, il team di cui fa parte la cardiologa italiana ha pubblicato sul New England Journal of Medicine il caso di tre pazienti che avevano sviluppato anticorpi contro l’amiloide (una sostanza composta da proteine mal ripiegate che si aggregano, depositandosi nei tessuti e negli organi), il cui cuore era tornato a una funzione normale, qualcosa che si riteneva impossibile.

«Grazie al nostro laboratorio di ricerca di base», spiega, «siamo riusciti a capire cosa accadeva in questi pazienti, a studiare gli anticorpi e a testarli nei modelli murini di cui disponiamo. Questa forte componente traslazionale ci consente di produrre risultati rilevanti sia nella ricerca di base che nella pratica clinica, rendendo il nostro lavoro estremamente prolifico e innovativo».

Il modello organizzativo unico del NAC rispetto all’Italia

Fontana spiega che il NAC rappresenta un modello organizzativo unico. In Italia, afferma, la gestione dell’amiloidosi è frammentata tra molti centri, spesso senza una rete di coordinamento efficace, e ciò può diluire risorse ed expertise, limitando l’impatto complessivo sul progresso diagnostico e terapeutico.

«In Inghilterra», sostiene, «l’approccio è radicalmente diverso: il NAC è l’unico centro di riferimento nazionale per l’amiloidosi, quindi tutti i pazienti sono indirizzati in un unico luogo, creando un ambiente altamente specializzato e sinergico». Questo modello permette non solo un migliore trattamento dei pazienti, afferma, ma anche una ricerca più prolifica e mirata, difficile da realizzare in un sistema frammentato come quello italiano.

Su tutti i pazienti con ATTR efficace la terapia CRISPR-Cas9

L’approccio multidisciplinare del NAC, combinato con l’esperienza accumulata in altre forme di amiloidosi, ha fornito un contesto ideale per testare per la prima volta la terapia innovativa basata su CRISPR-Cas9 (sviluppata da una biotech) per i pazienti con ATTR, alla cui origine vi è una mutazione genetica nel gene che codifica per la proteina transtiretina (TTR). Il centro inglese è stato il primo e unico a condurre la fase I/II di questa terapia.

Al NAD la prof.ssa Fontana ha accettato di condurre la terapia sperimentale su tutti i suoi pazienti, nonostante inizialmente l’idea di utilizzare il genome editing per trattare l’ATTR sembrasse quasi fantascienza. «A convincermi del potenziale è stato il razionale scientifico solido che collegava la riduzione della produzione di amiloide alla possibilità di stabilizzare o addirittura migliorare la condizione dei pazienti.

Da studi precedenti basati su 25 anni di ricerca su altre forme di amiloidosi (AA e AL) abbiamo visto che esiste una correlazione diretta tra il livello di knockdown della produzione di amiloide e l’outcome clinico: maggiore è la riduzione, migliori sono i risultati».

I risultati degli studi preclinici hanno evidenziato che questa terapia è stata in grado di ridurre la produzione di amiloide con un singolo trattamento mirato al fegato, l’organo responsabile della produzione della proteina TTR, e di ottenere un knockdown superiore al 90%.

Risultati positivi e prospettive future per i pazienti con ATTR

Fontana ha condotto il trial iniziale su 36 pazienti, in condizioni molto severe, con rischio di alta mortalità a breve termine e sintomi debilitanti. I risultati della fase 1-2 sono stati molto positivi: oltre alla stabilizzazione della malattia, i pazienti hanno mostrato miglioramenti in parametri clinici chiave.

«Questi progressi non solo confermano la teoria del knockdown profondo», sottolinea la cardiologa, «ma dimostrano anche la capacità del corpo di avviare un processo naturale di clearance dell’amiloide residua, portando a una regressione dei depositi».

Marianna Fontana ha creduto nella possibilità di trasformare un trattamento sperimentale in un’opzione terapeutica rivoluzionaria, gettando le basi per la fase III del trial, ora in corso a livello globale su oltre 1000 pazienti.

«Ci aspettiamo che questa terapia funzioni molto meglio nei pazienti con malattia in fase precoce. Infatti, coloro che hanno sviluppato la patologia da poco potrebbero essere i maggiori beneficiari di questa terapia innovative. Guardando al futuro, possiamo immaginare che, grazie a trattamenti come questo, molti meno pazienti raggiungeranno livelli di gravità così alti come avviene ancora oggi». Questa prospettiva apre nuove possibilità per modificare l’evoluzione della malattia in modo significativo.

Standard di cura insufficiente, l’importanza di scegliere dove puntare

Attualmente, lo standard di cura per i pazienti con amiloidosi da transtiretina è rappresentato dal tafamidis, uno stabilizzatore che agisce mantenendo la proteina nella sua conformazione nativa e inibendo il misfolding (quando la proteina si ripiega in modo errato).

Tuttavia, anche con il tafamidis, la malattia continua a progredire. Per questo motivo, si stanno cercando terapie più efficaci che riducano la produzione di amiloide in modo sostanziale. Un trattamento come quello studiato dalla professoressa Fontana in questo centro inglese così all’avanguardia potrebbe avere un potenziale rivoluzionario.

Keypoints

  • La cardiologa Marianna Fontana ha recentemente pubblicato risultati promettenti di uno studio sull’amiloidosi ereditaria da transtiretina (ATTR) utilizzando una terapia genica innovativa basata su CRISPR-Cas9
  • Il National Amyloidosis Centre (NAC), dove opera la professoressa Fontana, è un centro di riferimento mondiale con competenze multidisciplinari e tecnologie avanzate per la diagnosi e il trattamento di questa rara malattia
  • Grazie al laboratorio di drug discovery del NAC, sono stati ottenuti risultati rivoluzionari, tra cui la regressione della disfunzione cardiaca in pazienti gravemente compromessi
  • La terapia CRISPR-Cas9 ha mostrato un knockdown superiore al 90% nella produzione di amiloide, portando a stabilizzazione e miglioramenti clinici in pazienti con condizioni estremamente severe
  • La centralizzazione del NAC, rispetto alla frammentazione dei centri in Italia, consente una ricerca e una gestione più mirate ed efficaci
  • Fontana prevede che questa terapia possa prevenire forme gravi della malattia e migliorare significativamente l’evoluzione clinica dei pazienti in fase precoce

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