Dalla creazione di avatar digitali del cervello umano per studiare la risposta a farmaci e malattie, allo sviluppo di nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce, fino all’identificazione di nuovi bersagli cellulari e molecolari per approcci farmacologici innovativi. Questi sono gli obiettivi di MNESYS, un CERN italiano della ricerca sul cervello, finanziato dal PNRR con uno stanziamento record di 115 milioni di euro a supporto di oltre 200 progetti. Coinvolti 500 scienziati provenienti da 25 fra atenei pubblici e privati, enti di ricerca e imprese, per la prima volta insieme per migliorare la conoscenza del cervello e il suo funzionamento, sia in condizioni normali che patologiche. A coordinare questa impresa tutta Made in Italy è Antonio Uccelli, Professore Ordinario di Neurologia all’Università di Genova, Direttore Scientifico dell’IRCCS Ospedale San Martino di Genova.
Professore, come è nata questa “brain venture”?
«MNESYS è nato nel 2022 e vede coinvolti più di 500 tra scienziati e ricercatori medici, biologi, bioingegneri e informatici. MNESYS è un progetto imponente e complesso. Un programma di ricerca che prevede la realizzazione di una rete di collaborazione, ad oggi, tra 12 atenei pubblici e privati e 13 tra istituti di ricerca, IRCCS e imprese, ma che a breve coinvolgerà altri enti di primo piano, ‘ingaggiati’ attraverso appositi ‘bandi a cascata’ per catalizzare gli sforzi e promuovere il coordinamento dei gruppi di lavoro distribuiti in tutta Italia. Si tratta di uno sforzo congiunto di ricerca di base che intende stimolare l’interazione tra università, istituti scientifici e industria per raggiungere risultati di alto profilo grazie a tecnologie digitali e all’Intelligenza Artificiale al fine di comprendere i misteri del sistema cervello e sviluppare trattamenti personalizzati per le malattie neurologiche e mentali, tramite la medicina di precisione».
Come è strutturato MNESYS?
«MNESYS è strutturato in sette macro-progetti (Spoke) a cui contribuiscono ricercatori di diversi enti, circa 70 per Spoke, ciascuno dei quali dedicato a specifiche tematiche che possono rappresentare una particolare funzione del cervello: dal neurosviluppo alla cognitività, oppure un processo patologico comune a diverse malattie come la neurodegenerazione. Ciascuno Spoke, coordinato da una università, è articolato in circa 30 progetti di ricerca, che coinvolgono di volta in volta alcuni degli istituti scientifici, università e imprese partecipanti al progetto».
Qual è lo scopo di questo imponente programma di ricerca?
«Fare luce sui misteri irrisolti che riguardano il cervello. Anche se nel tempo abbiamo imparato tante cose, come ad esempio che nel nostro cervello ci sono ben 150 miliardi di neuroni in grado di realizzare a loro volta ulteriori miliardi di connessioni attraverso le sinapsi (100 trilioni), c’è ancora molto da scoprire. La ricerca scientifica sta indagando sui suoi meccanismi per capire come funziona, ma anche perché non funziona bene, come cambia nel corso della vita e con l’avanzare dell’età portando alle malattie del sistema nervoso e non soltanto a quelle neurodegenerative. Ebbene, con MNESYS vogliamo far luce sulle diverse forme di demenza, con cui convivono in Italia un milione di persone, di cui 600.000 con malattia di Alzheimer, alle 400.000 persone colpite dal Parkinson. Ma anche sulla sclerosi multipla che interessa circa 90.000 persone o sull’ictus con 200.000 nuove diagnosi ogni anno e circa 1 milione di persone che vivono con gli esiti invalidanti della malattia. Poi la depressione, che affligge quasi 3 milioni di italiani, l’epilessia, la sclerosi laterale amiotrofica… Complessivamente, il Ministero della Salute stima che le malattie del sistema nervoso abbiano nel nostro Paese un’incidenza di nuovi casi ogni anno pari al 7,5% della popolazione italiana e una prevalenza del 30%. Noi vogliamo comprendere queste malattie per tentare di sconfiggerle».
In che modo pensate di fare chiarezza e di mettere ordine in questa complessità?
«Sfruttando tutte le opportunità offerte dalla tecnologia e delle competenze degli scienziati coinvolti. Ad esempio, per facilitare la scoperta dei meccanismi di funzionamento del sistema nervoso e delle malattie abbiamo creato avatar digitali del cervello umano (digital twins). In altre parole abbiamo riprodotto virtualmente al computer il funzionamento del sistema nervoso in condizioni fisiologiche e patologiche, attraverso l’elaborazione, mediante algoritmi matematici, di dati anagrafici, clinici, di laboratorio e diagnostici. Questo consente di effettuare esperimenti virtuali per poter studiare la risposta ai farmaci e alle malattie accelerando la ricerca attraverso l’integrazione tra medicina e tecnologie informatiche applicate al cervello. Inoltre, siamo concentrati anche sull’identificazione di nuovi biomarcatori di malattia per individuare i pazienti in una fase precoce o addirittura prima che il disturbo si manifesti e impostare strategie terapeutiche personalizzate e preventive, al fine di migliorare la prognosi e la qualità di vita dei pazienti. MNESYS mira anche all’identificazione di nuovi bersagli cellulari e molecolari per lo sviluppo di farmaci innovativi».
In poco più di un anno di attività, quali risultati sono stati raggiunti?
«Diversi e su più fronti. Con lo Spoke 7, dedicato alla ‘Neuroimmunologia e Neuroinfiammazione’, ad esempio, abbiamo fatto luce sul ruolo dei linfociti T, cellule del sistema immunitario, nello sviluppo della sclerosi multipla e che un farmaco, oggi già in uso, è possibile ridurne l’influenza. Lo Spoke 7 sta inoltre ricercando biomarcatori predittivi della malattie neurodegenerative: sono state individuare due proteine che possono essere associate alla sclerosi multipla, presenti nel liquido cerebrospinale che avvolge il sistema nervoso centrale e che permette la diffusione di nutrienti e sostanze chimiche. Con lo Spoke 1 di MNESYS dedicato a ‘Neurosviluppo, cognizione e interazione sociale’, abbiamo compreso e descritto l’efficacia di alcune terapie, come la melatonina e specifici percorsi riabilitativi, per ridurre i danni neurologici nei bambini nati pre-termine. E poi con lo Spoke 2 siamo riusciti per la prima volta in Italia a sviluppare il cervello virtuale, cioè rappresentazioni digitali multiscala dei neuroni, dei microcircuiti e delle reti neurali fino all’intero cervello».
E i restanti Spoke?
«Con lo Spoke 3 abbiamo scoperto un nuovo gene collegato all’epilessia e abbiamo dimostrato il coinvolgimento del microbiota intestinale in questa malattia. Con lo Spoke 4, intitolato ‘Percezione e interazione cervello-corpo’, abbiamo individuato aree del cervello più adatte all’impianto di protesi motorie, così come l’infiammazione del cervello aumenta il rischio di Alzheimer. E ancora: con lo Spoke 5 di MNESYS dedicato a ‘Umore e Psicosi’ abbiamo scoperto uno dei meccanismi che si celano dietro la mancata risposta dei pazienti con depressione agli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. Infine, lo Spoke 6 dedicato a ‘Neurodegenerazione, trauma e ictus’, abbiamo dimostrato che l’esposizione alle polveri sottili può contribuire allo sviluppo della Sclerosi Laterale Amiotrofica, una malattia neurodegenerativa che conduce rapidamente alla morte per paralisi e asfissia e che ad oggi non ha una terapia farmacologica efficace. Insomma abbiamo fatto tanto, ma c’è ancora molto altro da fare e sono convinto che, grazie al programma MNESYS, la ricerca italiana potrà dare un contributo determinante nel campo delle neuroscienze».