Obinutuzumab: FDA valuta l'estensione d'uso per la nefrite lupica

Obinutuzumab: FDA valuta l’estensione d’uso per la nefrite lupica

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Michela Moretti

Perché ne stiamo parlando
Da farmaco oncologico a potenziale terapia per l’autoimmunità: negli Stati Uniti attesa per ottobre l’approvazione dell’anticorpo anti-CD20 che ha mostrato efficacia anche nel trattamento della nefrite lupica.

L’FDA ha recentemente accettato la Supplemental Biologics License Application (sBLA) di Roche per estendere l’uso di obinutuzumab (Gazyva®) al trattamento della nefrite lupica. La decisione del regolatore americano sull’approvazione è attesa entro ottobre 2025: si baserà sui risultati positivi dello studio di fase 3 REGENCY e segnerebbe il riposizionamento di un anticorpo monoclonale già impiegato con successo nel trattamento di linfomi e leucemia linfatica cronica. All’approvazione americana potrebbe seguire quella europea, offrendo una nuova opzione terapeutica per i pazienti oggi limitati a poche alternative.

Nefrite lupica: un bisogno clinico non soddisfatto

Secondo la Società Italiana di Reumatologia, in Italia la nefrite lupica colpisce il 24% delle persone affette da lupus eritematoso sistemico rappresentandone una grave complicanza, con oltre 6.600 casi attivi e più di 350 nuove diagnosi ogni anno. È caratterizzata da un’infiammazione renale causata dall’attivazione disfunzionale del sistema immunitario. La terapia standard include corticosteroidi e immunosoppressori, ma non sempre è sufficiente per controllare l’infiammazione e prevenire danni permanenti fino all’insufficienza renale terminale.

Dall’oncologia all’autoimmunità, il percorso dell’obinutuzumab

L’obinutuzumab è un anticorpo monoclonale umanizzato di tipo II, ingegnerizzato per colpire la proteina CD20 espressa sulla superficie dei linfociti B. Commercializzato come Gazyva negli Stati Uniti e Gazyvaro in Europa, è stato sviluppato con una modifica strutturale, ossia ridotto contenuto di fucosio, che ne aumenta la capacità citotossica rispetto ad altri anti-CD20 come il rituximab.

Il farmaco è stato approvato per la prima volta dalla FDA per il trattamento della leucemia linfatica cronica in combinazione con clorambucile, e successivamente per il linfoma follicolare. Dal 2019 è stato approvato anche in combinazione con venetoclax come terapia iniziale priva di chemioterapia per leucemia linfatica cronica e linfoma linfocitico a piccole cellule.

Dal NOBILITY al REGENCY: evidenze cliniche raccolte anche in 5 centri italiani

I risultati dello studio di fase 2 NOBILITY avevano spinto nel 2019 la FDA a concedere la designazione di “Breakthrough Therapy” per la nefrite lupica. E lo studio di fase 3 REGENCY, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo e multicentrico in aggiunta alla terapia standard in pazienti con nefrite lupica, ha confermato i dati. Il trial ha coinvolto 271 pazienti con nefrite lupica attiva di classe III o IV in 15 Paesi, e la terapia è stata sperimentata anche in 5 centri italiani: l’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, gli Spedali Civili di Brescia, il Policlinico di Bari, l’AOU Careggi di Firenze, l’Azienda Ospedaliera di Padova.

I partecipanti sono stati trattati con Gazyva più terapia standard oppure con placebo. I risultati, pubblicati sul New England Journal of Medicine, indicano che il 46,4% dei pazienti trattati con obinutuzumab in aggiunta alla terapia standard ha raggiunto una risposta renale completa alla settimana 76, contro il 33,1% del gruppo con la sola terapia standard.

Come funziona: bersaglio CD20 e deplezione dei linfociti B

Il meccanismo d’azione dell’obinutuzumab nella nefrite lupica si basa sull’eliminazione dei linfociti B autoreattivi che alimentano l’infiammazione renale. Il farmaco induce la lisi delle cellule B e la modifica strutturale del farmaco ne aumenta la potenza rispetto ad altri anticorpi anti-CD20.

Prospettive future e nuovi studi in corso

Oltre alla nefrite lupica negli adulti, l’obinutuzumab è attualmente in studio anche in bambini e adolescenti, così come in altre patologie renali a base autoimmune, tra cui la nefropatia membranosa, la sindrome nefrosica idiopatica infantile e il lupus eritematoso sistemico.

«Lo studio REGENCY è il primo trial di fase 3 a mostrare efficacia per un farmaco anti-CD20 nella nefrite lupica. La sua approvazione amplierebbe l’accesso dei pazienti a una terapia mirata su una fase chiave della malattia», ha dichiarato il Dr. Brad Rovin, investigatore dello studio e membro della Lupus Foundation of America.

Keypoints

  • La FDA deciderà entro ottobre 2025 sull’approvazione dell’obinutuzumab per la nefrite lupica, basandosi sui risultati positivi dello studio REGENCY, a cui hanno partecipato anche 5 centri italiani.
  • In Italia la nefrite lupica colpisce il 24% dei pazienti con lupus, con oltre 6.600 casi e 350 nuove diagnosi l’anno.
  • L’obinutuzumab, già approvato per leucemia e linfomi, è un anticorpo anti-CD20 potenziato con una struttura modificata per aumentare l’attività citotossica.
  • Lo studio REGENCY ha mostrato una risposta renale completa nel 46,4% dei pazienti trattati con obinutuzumab, rispetto al 33,1% del gruppo placebo.
  • Il farmaco elimina i linfociti B autoreattivi, riducendo l’infiammazione renale alla base della nefrite lupica.
  • Sono in corso studi su obinutuzumab anche in bambini, adolescenti e altre nefropatie autoimmuni.

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