L’FDA ha recentemente accettato la Supplemental Biologics License Application (sBLA) di Roche per estendere l’uso di obinutuzumab (Gazyva®) al trattamento della nefrite lupica. La decisione del regolatore americano sull’approvazione è attesa entro ottobre 2025: si baserà sui risultati positivi dello studio di fase 3 REGENCY e segnerebbe il riposizionamento di un anticorpo monoclonale già impiegato con successo nel trattamento di linfomi e leucemia linfatica cronica. All’approvazione americana potrebbe seguire quella europea, offrendo una nuova opzione terapeutica per i pazienti oggi limitati a poche alternative.
Nefrite lupica: un bisogno clinico non soddisfatto
Secondo la Società Italiana di Reumatologia, in Italia la nefrite lupica colpisce il 24% delle persone affette da lupus eritematoso sistemico rappresentandone una grave complicanza, con oltre 6.600 casi attivi e più di 350 nuove diagnosi ogni anno. È caratterizzata da un’infiammazione renale causata dall’attivazione disfunzionale del sistema immunitario. La terapia standard include corticosteroidi e immunosoppressori, ma non sempre è sufficiente per controllare l’infiammazione e prevenire danni permanenti fino all’insufficienza renale terminale.
Dall’oncologia all’autoimmunità, il percorso dell’obinutuzumab
L’obinutuzumab è un anticorpo monoclonale umanizzato di tipo II, ingegnerizzato per colpire la proteina CD20 espressa sulla superficie dei linfociti B. Commercializzato come Gazyva negli Stati Uniti e Gazyvaro in Europa, è stato sviluppato con una modifica strutturale, ossia ridotto contenuto di fucosio, che ne aumenta la capacità citotossica rispetto ad altri anti-CD20 come il rituximab.
Il farmaco è stato approvato per la prima volta dalla FDA per il trattamento della leucemia linfatica cronica in combinazione con clorambucile, e successivamente per il linfoma follicolare. Dal 2019 è stato approvato anche in combinazione con venetoclax come terapia iniziale priva di chemioterapia per leucemia linfatica cronica e linfoma linfocitico a piccole cellule.
Dal NOBILITY al REGENCY: evidenze cliniche raccolte anche in 5 centri italiani
I risultati dello studio di fase 2 NOBILITY avevano spinto nel 2019 la FDA a concedere la designazione di “Breakthrough Therapy” per la nefrite lupica. E lo studio di fase 3 REGENCY, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo e multicentrico in aggiunta alla terapia standard in pazienti con nefrite lupica, ha confermato i dati. Il trial ha coinvolto 271 pazienti con nefrite lupica attiva di classe III o IV in 15 Paesi, e la terapia è stata sperimentata anche in 5 centri italiani: l’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, gli Spedali Civili di Brescia, il Policlinico di Bari, l’AOU Careggi di Firenze, l’Azienda Ospedaliera di Padova.
I partecipanti sono stati trattati con Gazyva più terapia standard oppure con placebo. I risultati, pubblicati sul New England Journal of Medicine, indicano che il 46,4% dei pazienti trattati con obinutuzumab in aggiunta alla terapia standard ha raggiunto una risposta renale completa alla settimana 76, contro il 33,1% del gruppo con la sola terapia standard.
Come funziona: bersaglio CD20 e deplezione dei linfociti B
Il meccanismo d’azione dell’obinutuzumab nella nefrite lupica si basa sull’eliminazione dei linfociti B autoreattivi che alimentano l’infiammazione renale. Il farmaco induce la lisi delle cellule B e la modifica strutturale del farmaco ne aumenta la potenza rispetto ad altri anticorpi anti-CD20.
Prospettive future e nuovi studi in corso
Oltre alla nefrite lupica negli adulti, l’obinutuzumab è attualmente in studio anche in bambini e adolescenti, così come in altre patologie renali a base autoimmune, tra cui la nefropatia membranosa, la sindrome nefrosica idiopatica infantile e il lupus eritematoso sistemico.
«Lo studio REGENCY è il primo trial di fase 3 a mostrare efficacia per un farmaco anti-CD20 nella nefrite lupica. La sua approvazione amplierebbe l’accesso dei pazienti a una terapia mirata su una fase chiave della malattia», ha dichiarato il Dr. Brad Rovin, investigatore dello studio e membro della Lupus Foundation of America.