Dalla Fondazione Tettamanti arriva il primo organoide che replica una malattia ossea rara

Dalla Fondazione Tettamanti arriva il primo organoide che replica una malattia ossea rara

Picture of Michela Moretti

Michela Moretti

Perché ne stiamo parlando
È stato applicato per la prima volta in Italia un modello tridimensionale del tessuto cartilagineo e osseo umano per facilitare una comprensione più profonda e opzioni di trattamento efficaci per la sindrome di Hurler. “Stiamo scoprendo meccanismi della malattia che potrebbero condurci verso l’utilizzo di terapie specifiche per bloccarli”, spiega la Prof.ssa Marta Serafini della Fondazione Tettamanti dell’IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza.

Un organoide osseo ingegnerizzato che riproduce da vicino alcune delle caratteristiche delle ossa affette dalla sindrome di Hurler, la forma più grave di mucopolisaccaridosi di tipo 1, fornendo un modello inestimabile per lo studio dei meccanismi della malattia e lo sviluppo di nuove terapie farmacologiche. È il risultato di uno sforzo di ricerca collaborativa condotto dalla Fondazione Tettamanti di Monza e dall’Università La Sapienza di Roma, con il contributo del Professor Shunji Tomatsu dell’Università del Delaware. La sindrome di Hurler è una rara patologia genetica che colpisce 1 bambino su 100.000 in Europa, caratterizzata da una mutazione genetica che causa l’assenza di un enzima necessario alla degradazione dei glicosaminoglicani, portando a significativi danni a tessuti e organi, in particolare alle ossa. Il modello organoide sta aprendo la strada per trial preclinici e la possibilità di trattamenti più mirati ed efficaci.

Il lavoro è stato condensato in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica internazionale JCI Insight, sottolineando l’alto livello di innovazione, di cui illustra le possibilità la Prof.ssa Marta Serafini, Capo dell’Unità di Ricerca Cellule Staminali e Immunoterapia, della Fondazione Tettamanti dell’IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, e Prof.ssa Associata di Biotecnologie Mediche della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca.

Questo è il primo organoide di questo tipo a livello mondiale?

Sì, si tratta del primo organoide al mondo capace di riprodurre alcune caratteristiche del difetto osseo di questa specifica malattia genetica. Questa malattia, nota come sindrome di Hurler, è caratterizzata da una serie di complicazioni multisistemiche, con le più rilevanti legate a difetti ossei. Tradizionalmente, alcuni di questi problemi possono essere parzialmente risolti mediante trapianto allogenico, ma la riproduzione di un organoide offre un nuovo livello di dettaglio e precisione nella comprensione e nel trattamento della malattia.

Questa innovazione è particolarmente significativa data la rarità della condizione, con soli circa 25-26 pazienti diagnosticati in Italia e circa 400 a livello globale. Inoltre, la difficoltà e l’invasività legate al prelievo di campioni ossei rendono questo approccio particolarmente prezioso.

In che modo la disponibilità di un organoide osseo che riproduce una malattia genetica incide sulla ricerca?

Prima dell’avvento degli organoidi, si utilizzavano modelli animali per studiare le malattie genetiche, anche se con limitazioni dovute a differenze tra l’ossificazione nei modelli animali e quella umana. Questi modelli non replicavano completamente né accuratamente la condizione umana, risultando meno gravi e pertanto non del tutto comparabili. Era essenziale sviluppare un modello più fedele alla realtà umana.

Utilizzando cellule staminali derivanti dal midollo osseo, è possibile riprodurre alcune delle caratteristiche distintive della malattia. Sebbene non sia possibile confermare la riproduzione di tutte le caratteristiche a causa dell’assenza di campioni ossei diretti per confronto, questa struttura include l’osso corticale esterno e una cavità interna riempita di midollo e vascolarizzata, permettendo così uno studio comparativo tra le condizioni delle ossa sane e quelle affette dalla malattia.

Come avete utilizzato questi mini modelli di osso e che cosa avete potuto osservare?

Gli organoidi saranno utilizzati inizialmente per un’approfondita caratterizzazione funzionale, molecolare e istologica. Successivamente, l’obiettivo è esplorare nuovi concetti terapeutici. Un’ulteriore applicazione potenziale degli organoidi è il monitoraggio dell’efficacia delle terapie in pazienti già trattati, come per esempio quelli sottoposti a trapianto di midollo o terapia genica, verificando se vi sia stata una correzione del danno osseo. Questi studi sono ancora in una fase preliminare e non è ancora possibile fare dichiarazioni ufficiali sul loro esito.

La ricerca si sta focalizzando su un meccanismo specifico scoperto durante lo studio, che riguarda uno squilibrio nella funzione delle cellule ossee che abbiamo osservato, il che potrebbe rappresentare un’area di interesse per lo sviluppo di nuove terapie. Abbiamo però bisogno di avere più dati a disposizione per confermare questi meccanismi prima di procedere allo sviluppo di interventi farmacologici mirati.

Quali saranno i prossimi passi?

Per la fase preclinica, in questi anni ci siamo orientati verso lo sviluppo di una terapia neonatale per i pazienti affetti. Il Professor Shunji Tomatsu dell’Università del Delaware, un’importante figura nel campo, già citato nelle nostre pubblicazioni, verrà presto a Monza per partecipare ad una riunione strategica mirata alla pianificazione di futuri progetti preclinici. Personalmente, nutro una forte convinzione nell’efficacia di un trattamento neonatale, con l’obiettivo di prevenire i danni ossei prima che questi si manifestino.

Questi organoidi potrebbero essere utili anche per esplorare altre patologie?

L’organoide si è rivelato essere uno strumento versatile, e può essere impiegato non solo nello studio delle patologie scheletriche, dove rivela i processi di formazione dell’osso, ma anche nelle ricerche emato-oncologiche. Per esempio, nel caso dello studio delle leucemie, le cellule leucemiche possono ripopolare l’organoide, creando così un microambiente che simula quello del midollo osseo umano patologico. Questo consente ai ricercatori di osservare il comportamento delle cellule leucemiche in un contesto che rispecchia quello del corpo umano.

Keypoints

  • Ricercatori italiani hanno sviluppato il primo modello organoide tridimensionale che replica il tessuto cartilagineo e osseo umano
  • L’organoide è servito a migliorare la comprensione e per studiare le opzioni di trattamento per la sindrome di Hurler, una rara patologia genetica che colpisce principalmente le ossa
  • Il progetto è il risultato di un lavoro collaborativo tra la Fondazione Tettamanti di Monza, l’Università La Sapienza di Roma e l’Università del Delaware, guidato dalla Prof.ssa Marta Serafini e dal Prof. Shunji Tomatsu
  • Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale JCI Insight, evidenziando l’alto livello di innovazione del progetto e l’interesse della comunità scientifica internazionale per questa ricerca
  • Gli scienziati si stanno ora orientando verso lo sviluppo di terapie neonatali e il modello organoide potrebbe essere utilizzato anche per lo studio di altre patologie

Altri articoli