“Abbiamo triplicato i fatturati dal 2022; i nostri clienti, soprattutto esteri, ritornano perché apprezzano la qualità della nostra tecnologia”. Maurizio Aiello, fisico, è il CEO di React4Life, un’azienda emergente nel panorama degli organi su chip, nata da un gruppo di ricercatori e dottorandi dell’Università di Genova, che vede tra i suoi fondatori anche Silvia Scaglione, ingegnere biomedico, Ricercatrice Senior del CNR. Questi dispositivi stanno contribuendo a cambiare il modo di fare drug discovery, perché sono modelli complessi multicellulari che emulano sezioni specifiche di un tessuto e le sue funzioni fondamentali. Questi chip, le cui dimensioni si avvicinano a quelle di una batteria AA, facilitano la crescita tridimensionale di vari tipi di cellule che compongono un organo. Il chip consente l’inserimento sia di cellule in salute sia di cellule affette da patologie, inclusi, per esempio, i tessuti tumorali.
Gli organi su chip nel panorama del drug discovery
“Il panorama del drug discovery sta vivendo un significativo cambiamento grazie all’adozione di nuove tecnologie”, spiega Silvia Scaglione. “Negli Stati Uniti, l’FDA ha approvato studi che utilizzano metodi alternativi ai test su animali nel processo di sviluppo dei farmaci. In Europa, sebbene non ci sia ancora stata un’approvazione formale, le aziende farmaceutiche stanno esplorando questi nuovi metodi nei settori non regolamentati per verificarne l’efficacia e la predittività. Questo cambia le aspettative verso un futuro in cui le nuove tecnologie verranno adottate più ampiamente per ridurre i tempi e i costi di sviluppo”. Inoltre, il riconoscimento dell’efficacia di queste metodologie, aggiunge Aiello, segnala un cambio di paradigma verso approcci più etici ed efficienti: “Abbiamo registrato un forte aumento della domanda di soluzioni innovative, come le cellule immunitarie in circolo, che non sarebbero possibili con i metodi tradizionali, né in laboratorio, né con i modelli animali”.
Fino a 10 organi su chip collegati: insieme, test di efficacia e di tossicità
Con questi organi su chip è possibile coltivare anche cellule immunitarie in circolo, mimando le condizioni fisiologiche del corpo umano, essenziale per lo sviluppo di terapie cellulari e immunoterapie. Questo tipo di coltivazione permette ad esempio di mantenere l’eterogeneità di un tumore, cruciale per comprendere completamente la risposta ai farmaci e per supportare la medicina personalizzata. “Possiamo collegare più organi in chip, fino a 10 in serie, per studi complessi di farmacocinetica e farmacodinamica”, spiega Aiello. “Così, ad esempio, se aggiungiamo un modello epatico al sistema di organi su chip, possiamo testare quanto un farmaco sia efficace contro un tumore, e contemporaneamente quanto sia epatotossico, permettendo di testare diversi dosaggi”.
Chi sviluppa organi su chip è ignorato dal sistema del Venture Capital e dalle associazioni di categoria
Sviluppare questa innovativa tecnologia e portarla sul mercato è un’operazione tutt’altro che facile. Spiega il CEO: “Lo sviluppo e l’introduzione di organs-on-chip in Italia hanno rappresentato un percorso complesso, specialmente in un contesto dove il termine “innovazione” spesso viene interpretato in maniera superficiale o limitata principalmente all’innovazione di modello di business. La nostra avventura, invece, è stata nel campo dell’innovazione tecnologica e scientifica, un’area ben più ardua e meno immediata. Nella scienza e nella tecnologia, i tempi per affermarsi sono significativamente più lunghi: potrebbero essere necessari fino a dieci anni per ottenere riconoscimento e accettazione nel settore farmaceutico, dato che si attende la pubblicazione di lavori scientifici che validino l’efficacia del dispositivo. Questo percorso è altamente capital intensive e richiede un sostegno finanziario robusto, ma abbiamo riscontrato che il sistema di Venture Capital italiano è spesso impreparato o reticente nel supportare innovazioni che non si inseriscano in un modello di business consolidato e rapidamente scalabile. E siamo anche molto piccoli per avere voce in capitolo ai tavoli e ricevere l’attenzione di associazioni di categoria”.
Dai Business Angels e dai fondi europei l’aiuto per accedere al mercato

Per superare questi ostacoli, Aiello e colleghi si sono autofinanziati con risorse personali, contributi da amici e Business Angels visionari che hanno creduto nel potenziale disruptive della tecnologia. Hanno inoltre beneficiato di finanziamenti europei, progettati per sostenere l’innovazione ad alto rischio che ha un impatto significativo sulla società. “Questo supporto ci ha permesso di vincere circa 2 milioni di euro in bandi competitivi, fondamentali per la prosecuzione del nostro lavoro”, sostiene Silvia Scaglione.
“Nonostante le difficoltà iniziali, oggi abbiamo raggiunto il pareggio e stiamo espandendo il nostro Team. Questo successo ci ha aperto nuove opportunità di investimento e collaborazione, segnando il passaggio da startup a una vera e propria azienda pronta a esplorare ulteriormente il mercato e le applicazioni potenziali della tecnologia organ-on-chip ad aree meno regolamentate come il nutraceutico”, sottolinea il CEO di React4Life. “Ci stiamo anche spostando verso settori innovativi come l’analisi dell’interazione tra diversi sistemi del corpo, ad esempio, l’asse intestino-cervello, offrendo nuove prospettive di ricerca e sviluppo”, aggiunge Silvia Scaglione.
In attesa dell’ok di EMA per l’adozione degli organi su chip negli studi preclinici
“In termini di sostegno europeo, ci aspettiamo che l’Europa continui a essere un pilastro per la ricerca e l’innovazione tecnologica, come dimostrato dall’ampio supporto ricevuto finora attraverso vari programmi di finanziamento”, afferma Scaglione. “Siamo ottimisti riguardo un dialogo più costruttivo con enti regolatori come l’EMA per facilitare l’adozione di tecnologie innovative come la nostra nel settore farmaceutico”. “Tuttavia”, aggiunge Aiello, “evidenziamo la necessità di un approccio meno burocratico da parte degli enti regolatori europei, simile a quello praticato negli Stati Uniti dall’FDA, per superare le barriere all’innovazione e favorire lo sviluppo di alternative sostenibili ai metodi tradizionali di ricerca”.
Un consiglio per gli imprenditori nel campo delle tecnologie disruptive? Prepararsi a un percorso impegnativo, che richiede pazienza, determinazione e la capacità di navigare un ecosistema finanziario che, come detto, non è sempre predisposto a sostenere l’innovazione tecnologica.