«Sono rimasto entusiasta. L’intelligenza artificiale, la robotica e ora la realtà aumentata stanno trasformando radicalmente il modo in cui operiamo, rendendo la chirurgia sempre più sicura ed efficace»: il prof. Gianandrea Baldazzi, Direttore della Chirurgia Generale dell’Ospedale di Legnano, racconta come l’integrazione della realtà aumentata con la chirurgia mininvasiva stia migliorando la sicurezza, la precisione e persino i tempi di recupero dei pazienti.
Ma non tutto è così semplice: alcuni studi recenti non confermano, almeno per alcune procedure, una superiorità evidente della chirurgia mininvasiva rispetto alla chirurgia tradizionale. Eppure, spiega il professor Baldazzi, il tempo gioca a favore di queste innovazioni: quello che oggi appare ancora sperimentale, tra qualche anno potrebbe essere la norma.
Con la realtà aumentata la chirurgia mininvasiva è sempre più sofisticata
Nei giorni scorsi, il chirurgo e il suo team hanno eseguito un delicato intervento di resezione del pancreas e della milza per la rimozione di un tumore, utilizzando proprio questa tecnologia. Il sistema di realtà aumentata utilizzato in sala operatoria è stato sviluppato da un’azienda torinese specializzata in software di elaborazione digitale delle immagini.
Quello della realtà aumentata è un ulteriore livello di sofisticazione della chirurgia mininvasiva: gli strumenti utilizzati in questa tecnica sono sottili e allungati – ad esempio, pinze di 30 centimetri con un diametro di pochi millimetri – e costituiscono una prima interfaccia tra il chirurgo e il campo operatorio. Con la chirurgia robotica c’è stato un ulteriore passo in avanti: il chirurgo non manovra più direttamente gli strumenti, ma comanda braccia robotiche attraverso un software dedicato.
«Grazie a queste tecnologie, il chirurgo può impostare in anticipo le fasi dell’operazione e ricevere feedback in tempo reale – spiega il prof. Baldazzi – Se durante l’intervento si avvicina per errore a una struttura vitale, il sistema robotico può fermarsi automaticamente, mentre in laparoscopia può attivarsi un avviso che segnala il pericolo e suggerisce di interrompere l’azione». Ora la realtà aumentata integra immagini digitali sovrapposte al campo operatorio in tempo reale, consentendo al chirurgo di avere una visione più dettagliata delle strutture anatomiche.
Gli studi pubblicati non confermano però la superiorità di chirurgia mininvasiva rispetto a chirurgia tradizionale, perché?
Uno studio italiano appena pubblicato su Annals of surgical oncology evidenzia che, nel caso della duodenocefalopancreasectomia mininvasiva, i benefici rispetto alla tecnica open non sono ancora così marcati da definirla il nuovo standard di cura; la ricerca sottolinea anche il ruolo chiave della curva di apprendimento e della sostenibilità economica.
Questi studi vanno interpretati con cautela, afferma il prof. Baldazzi, poiché «si riferiscono a robot di generazioni precedenti a quelli a cui io ho fatto cenno e che stanno uscendo ora sul mercato». Perché «il dibattito sulla superiorità di una tecnica rispetto a un’altra deve tenere conto dell’inevitabile avanzamento tecnologico, che porta con sé un’ottimizzazione dei costi e una maggiore accessibilità».
Un punto chiave è la scelta dei parametri di valutazione: «È evidente che non possono esserci miglioramenti in sopravvivenza o altri fattori, perché non andiamo a modificare un atto chirurgico, ma lo andiamo a fare in maniera più sicura». Confrontare ora i sistemi in commercio è fuorviante, ribadisce il chirurgo: «Aspettiamo cinque anni e vedrà che questi dati già saranno diversi».
La realtà aumentata: un GPS che guida la mano attraverso i vasi sanguigni
«La realtà aumentata ci permette di avere una visione tridimensionale dell’anatomia del paziente, sovrapponendo le immagini ottenute da TAC e risonanze magnetiche a quelle reali trasmesse dalla telecamera laparoscopica. Questo significa operare con una precisione mai vista prima – sottolinea il prof. Baldazzi – Grazie alla ricostruzione 3D della parte vascolare, ho potuto muovermi all’interno del corpo del paziente con la stessa sicurezza con cui ci muoviamo seguendo un navigatore GPS. La differenza è che qui non si tratta di strade, ma di vasi sanguigni che non sempre sono visibili a occhio nudo. E siccome ogni paziente è diverso da un altro, questa possibilità ci permette di evitare di sbagliare strada».
Dimezzati i tempi di un intervento chirurgico
L’utilizzo della realtà aumentata ha ridotto i tempi dell’intervento a due ore e mezza, rispetto alle quattro o cinque ore necessarie con tecniche tradizionali. «Abbiamo dimostrato che con questo approccio possiamo essere più rapidi ed estremamente precisi. Ridurre il tempo in sala operatoria significa anche meno stress per il paziente e una ripresa più veloce», commenta il chirurgo dell’ospedale di Legnano.
Ridotto l’impatto sul paziente che recupera più in fretta
La chirurgia mininvasiva, combinata con la realtà aumentata, porta benefici tangibili sia per i pazienti che per il sistema sanitario, sostiene il prof. Baldazzi. Incisioni più piccole riducono il dolore post-operatorio, l’uso di analgesici e i giorni di degenza. Secondo i dati dell’ospedale di Legnano, i pazienti operati con questo metodo vengono dimessi mediamente due giorni prima rispetto agli standard tradizionali. «Non aprire la cavità addominale riduce drasticamente l’impatto sul sistema immunitario. L’organismo reagisce meglio e il rischio di complicanze post-operatorie si abbassa».
Con il progresso della digitalizzazione e il potenziamento dell’intelligenza artificiale, la realtà aumentata potrebbe entrare anche in molti altri ospedali italiani, trasformando la chirurgia mininvasiva e ridefinendo gli standard di precisione e sicurezza.