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Ricerca e business: come essere competitivi nel settore delle biotecnologie

Perché ne stiamo parlando
Le biotecnologie rappresentano un settore su cui l’Italia deve puntare per essere competitiva. Un ambito di potenzialità, ma anche di sfide. Tra queste, quella di legare ricerca e mercato, pubblico e privato. Non meno importante quella di riportare nel Paese i tanti cervelli in fuga e di attrarne di stranieri.

Ricerca e business: come essere competitivi nel settore delle biotecnologie

Le biotecnologie sono un settore su cui il nostro Paese deve puntare per vivere meglio e più a lungo. Esse rappresentano un potenziale per affrontare le sfide sanitarie più urgenti. È quanto emerso nel convegno “Il ruolo strategico delle biotecnologie per la competitività del Paese”, organizzato da Pierluigi Paracchi, CEO di Genenta Science, e l’On. Giulio Centemero, svoltosi ieri alla Camera dei Deputati.

Un evento in cui il comune denominatore è stato l’importanza di mettere insieme ricerca e mercato, pubblico e privato. “Negli ultimi venti anni non solo abbiamo letto tutto il genoma umano, ma anche quello di altre specie. È cambiata la medicina informazionale: adesso mandiamo all’interno delle cellule delle stringhe di informazioni per istruirle a cambiare la loro fisiologia e a migliorare, se c’è, una patologia cellulare. mRNA, monoclonali e organoidi sono le tre direttive da seguire. Abbiamo competenze e professionalità, ma la biotecnologia ha bisogno di capitale” ha affermato Giuseppe Novelli, Professore Ordinario di Genetica Medica presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

Come creare un ecosistema competitivo

“Se vogliamo promuovere la ricerca e creare un ecosistema competitivo, riportando in Italia i cervelli in fuga e attraendo quelli stranieri, c’è bisogno dell’iniziativa pubblica” ha dichiarato Paolo Rizzardi, MD, Co-founder, Chairman e CEO di Altheia Science.

Di cervelli in fuga ha parlato anche l’Onorevole Giulia Pastorella, Membro della IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati: “Non dobbiamo solo riportare i cervelli italiani in fuga, ma attrarre anche quelli stranieri. Non è solo e sempre una questione di salari, ma anche di motivazioni, di infrastrutture, di meritocrazia, di avanzamenti di carriera, di welfare. Per questo la politica dovrebbe intervenire. Siamo capaci di attuare un partenariato pubblico e privato? Da quanto emerso, in Italia esso fatica a esistere. Se le biotecnologie rappresentano un ambito fondamentale, allora occorre capire come aiutare il capitale umano, come fare sinergia con le aziende e creare condizioni migliori”.

Secondo Daniela Bellomo, Director Business Development, I.R.C.C.S. Ospedale San Raffaele: “In Italia la ricerca è eccezionale, ci sono ambiti di altissimo livello. Pensiamo al San Raffaele: è stato il primo al mondo a trattare un paziente con la terapia genica e a portarla sul mercato. Immaginiamo l’impatto: le terapie geniche hanno la forza di curare definitivamente i pazienti. Per questo abbiamo bisogno di portare sulla tecnologia l’input del clinico, l’unico che conosce il bisogno. Se la ricerca è importante, lo è anche il business. Occorre capire il mercato. Per farlo dobbiamo puntare sulla formazione, che deve essere scientifica e di alto livello, ma accompagnata da un’esperienza industriale e imprenditoriale”.

La strategia vincente per le biotecnologie

Unire ricerca e mercato trova d’accordo anche Marco Baccanti, Direttore Generale di Fondazione Innovazione e Trasferimento Tecnologico: “Abbiamo creato un’organizzazione esterna, ma compartecipata capace di prendere in carico tutto il lavoro da fare. Un team di persone aventi esperienza di ricerca e di business development. Una macchina che ha come mandato esclusivo quello di gestione e valorizzazione di una massa critica di cinque grandi IRCCS – Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico. Stiamo parlando di 3.000 ricercatori, una massa critica credibile che può essere posizionata anche a livello internazionale”.

Di ricerca, mercato ed eccellenza ha discusso anche Maria Cristina Porta, Direttrice Generale di Fondazione Enea Tech e Biomedical: “In Italia abbiamo un contenitore di eccellenza, fatto di piccoli ecosistemi. Parliamo di formazione, di ricerca, di creazione d’impresa, di internazionalizzazione. Oggi questi modelli non sono più self standing, ma hanno bisogno di un legante, di un driver comune. Se questi sistemi si sono ibridati per poter crescere e cogliere reciprocamente le competenze che servono per dare valore aggiunto, allora dobbiamo chiedere che anche le norme che regolano la ricerca, la creazione di impresa, gli investimenti seguano questa ibridazione.

La Fondazione Enea Tech e Biomedical è un esempio di come il Ministero delle Imprese e del Made in Italy abbia messo a disposizione un elemento diverso rispetto a quelli che c’erano sul mercato, che potesse fare da piccolo legante tra mondi che avevano bisogno di parlarsi con più efficacia. Se vogliamo portare al letto del paziente una soluzione innovativa e garantire lo sviluppo italiano, dobbiamo essere strumentali a delle linee di indirizzo che arrivano dal nostro Paese. Abbiamo le potenzialità di co-investire per la creazione e il potenziamento di quei centri di ricerca che corrisponderanno al driver che il nostro Paese ci darà”.

Keypoints

  • Le biotecnologie sono un settore su cui il Paese deve puntare per vivere meglio e più a lungo. Esse rappresentano un potenziale per affrontare le sfide sanitarie più urgenti
  • In Italia ci sono competenze e professionalità, ma la biotecnologia ha bisogno di capitale
  • Nel nostro Paese la ricerca è eccezionale, ma anche il business è importante
  • Occorre capire il mercato. Per farlo è necessario puntare sulla formazione, che deve essere scientifica e di alto livello, ma accompagnata da un’esperienza industriale e imprenditoriale
  • Per questo è nata un’organizzazione esterna, ma compartecipata. Un team di persone aventi esperienza di ricerca e di business development. Una macchina che ha come mandato esclusivo quello di gestione e valorizzazione di una massa critica di cinque grandi IRCCS
  • La Fondazione Enea Tech e Biomedical è un esempio di piccolo legante tra mondi che avevano bisogno di parlarsi con più efficacia.
  • Se vogliamo portare al letto del paziente una soluzione innovativa e garantire lo sviluppo italiano, dobbiamo essere strumentali a delle linee di indirizzo che arrivano dal nostro Paese come legante di un contenitore di sistemi di eccellenza

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