Le terapie avanzate rappresentano l’apice della terapia personalizzata e sono spesso caratterizzate da una singola somministrazione, efficace e risolutiva in un’alta percentuale i casi. Tuttavia, sono notevolmente complesse da realizzare, una complessità che si traduce anche in costi elevati, soprattutto perché fino ad oggi sono principalmente utilizzate per le malattie rare. ne sono già state approvate molte in Europa e in Italia, e ne arriveranno molte altre, almeno 50, entro il 2030; oggi il dibattito, se da un lato ruota attorno alla loro scalabilità, dall’altro impone una riflessione urgente in termini di sostenibilità dei costi e di come rendere disponibile l’innovazione ai pazienti; senza dimenticare altri aspetti che riguardano lo sviluppo stesso di queste cure innovative, compreso l’impatto ambientale.
Sviluppare algoritmi affidabili e verificabili per dirci chi può beneficiare della terapia
Il vicedirettore scientifico dell’ospedale San Raffaele di Milano, Antonio Esposito, presenta un progetto mirato all’individuazione mirata dei pazienti che risponderanno ad una terapia avanzata, in un’ottica di utilizzo oculato delle risorse: “Tutte le terapie avanzate sono dei grandi mezzi ma quando le portiamo su patologie che sono diverse da patologie rare monogeniche, abbiamo bisogno di selezionare meglio quei pazienti. Questa è la medicina personalizzata. L’intelligenza artificiale può dare un grosso aiuto. Abbiamo costruito una piattaforma digitale che permette automaticamente di raccogliere, di analizzare e di classificare in modo qualitativamente elevato tutti i dati dei pazienti che accedono in ospedale e che ovviamente hanno rilasciato il loro consenso. Abbiamo un sistema di controllo che permette al medico di controllare come l’Intelligenza Artificiale sia giunta alla conclusione”.
Riorganizzare le strutture e investire in strumentazione e personale
Laura Evangelista, Professoressa Straordinaria di Diagnostica per Immagini e Radioterapia Humanitas University, e Direttrice della Medicina Nucleare degli ospedali Humanitas, riflette sulla necessità di cambiare assetto negli ospedali per poter erogare terapie innovative per un numero crescente di patologie: “La medicina nucleare ha avuto un grandissimo cambiamento negli ultimi anni con le terapie avanzate. Quando domani queste terapie saranno una realtà per le malattie ad alta incidenza e prevalenza nella popolazione, ci sarà da investire nell’apparecchiatura – e già il PNRR ci ha dato un piccolo respiro – e di compiere una riorganizzazione interna. Senza dimenticarci che in aree come la medicina nucleare c’è carenza di personale”.
E di un nuovo approccio organizzativo parla anche Francesco Macchia dell’Osservatorio Terapie Avanzate: “Bisogna fare in modo che le Regioni, oltre che dal punto di vista economico, anche dal punto di vista organizzativo siano pronte a recepire e a far arrivare i farmaci ai pazienti. E per farlo ci vorrebbero delle linee guida, degli indirizzi forti a livello centrale che favoriscano il percorso di accreditamento”.
Ridurre le spese energetiche e l’impatto sull’ambiente
Ma quando si parla di sostenibilità delle cure è inevitabile pensare quante risorse fisiche, energetiche siano necessarie alla produzione ed erogazione delle cure; argomento sollevato da Marcella Trombetta, Preside della Facoltà Dipartimentale di Scienze e Tecnologie per lo Sviluppo Sostenibile e One Health, Università Campus Bio-Medico Roma. Quanto costa somministrare una cura dal punto di vista energetico? Ed è possibile utilizzare meglio le risorse, risparmiando laddove possibile? “Un ospedale ha l’elettricità accesa 24 ore su 24, ha produzione di acqua calda e di aria refrigerata 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. E in termini di costi economici, tutto questo finisce nel calcolo del costo di una terapia. Ma non solo: con questo impiego massiccio di energia l’ospedale immette gas in atmosfera, compresi anestetici che si usano molto e contengono composti che sono tra i responsabili del buco dell’ozono, senza parlare di altri composti, come mercurio e radionuclidi. A conti fatti, l’ospedale da un lato ti cura per la broncopneumopatia ostruttiva cronica (BPCO), dall’altro paradossalmente contribuisce ad esporti ad un’aria che ti fa venire la BPCO”.
“Un network di ospedali tra cui il Campus Biomedico, ha costruito un tavolo di lavoro tecnico con Enea, con l’obiettivo di ridurre l’energia consumata. E uno dei passi grossi è stato quello di mettere un impianto di refrigerazione che produce contemporaneamente energia elettrica, acqua calda e con il calore recuperato a pompa di calore l’aria refrigerata. Per dire due numeri, questo produce 12,5 gigawatt di energia all’anno, elettrica, dei quali oltre 10 sono consumati internamente dalla struttura e gli altri finiscono in rete. Quando si valuta la sostenibilità della cura, deve essere una sostenibilità a 360 gradi che riguarda proprio anche la struttura che eroga la cura. Il che significa che ad esempio, dal punto di vista logistico, si possono diminuire trasporti, movimento di macchine, movimento di persone.”
Oltre 150 soluzioni innovative al vaglio di Fondazione Enea Tech e Biomedical
Fare innovazione sostenibile richiede molte risorse economiche. “Pensiamo a quando uno spin off universitario con un’idea innovativa perde la possibilità di accedere a risorse che arrivano dall’università o da fondi destinati alla ricerca e non è ancora appetibile, non è ancora interessante per un venture capital o per un investitore che in questo arco temporale molto lungo ha un rischio elevato”, spiega Maria Cristina Porta, Direttore Generale Fondazione Enea Tech e Biomedical. “In questo ambito la nostra fondazione fa da ponte fra il completamento della ricerca e la sua messa sul mercato in modo significativo”. I progetti su cui si focalizza la Fondazione sono in quattro ambiti: i centri di ricerca e innovazione, sostegno alle imprese dalla loro fase di avvio fino a una riconversione industriale, attrattività nel nostro paese di iniziative da aziende straniere, formazione con un’attenzione rivolta a competenze interdisciplinari. “In questi quattro ambiti la fondazione ha già ricevuto molte proposte progettuali da parte di diversi soggetti e in particolare stiamo lavorando sul completamento dell’analisi delle 151 manifestazioni di interesse che sono arrivate su una chiamata di soluzioni innovative nell’ambito della digital health e della medicina di precisione”.