STEM gap, Pibiri (UniPa): «Persiste ancora in molti ambienti una tradizionale divisione dei ruoli»

STEM gap, Pibiri (UniPa): «Persiste ancora in molti ambienti una tradizionale divisione dei ruoli»

Picture of Mario Catalano

Mario Catalano

Perché ne stiamo parlando
Per l’accademica, insignita del Premio “Gold Research and Development Award”, ci sono due fattori che influenzano il settore: stereotipi culturali e mancanza di modelli femminili nelle scienze.

«Il gender gap nel settore STEM può essere attribuito a diversi fattori, tra cui stereotipi culturali, mancanza di modelli femminili nelle scienze e una tradizionale divisione dei ruoli che ancora persiste in molti ambienti». Sono le parole di Ivana Pibiri, Professoressa associata di Chimica organica del Dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche, chimiche e farmaceutiche all’Università di Palermo. Pibiri è una delle eccellenze italiane.

È stata insignita del Premio “Gold Research and Development Award” della GLOBALWIIN per le sue ricerche orientate verso la medicina di precisione. Ma non è l’unico riconoscimento ricevuto nel corso della sua carriera. Nel 2023 è stata premiata da Itwiin, l’associazione Italiana delle donne inventrici e innovatrici, nell’ambito dell’edizione 2023 di “Itwiin Award” e dal 2022 fa parte del Partenariato esteso “HEAL ITALIA”.

Secondo il Focus Gender Gap 2023, le donne che hanno conseguito una laurea STEM sono circa il 41% rispetto al 59% degli uomini. A distanza di cinque anni dalla laurea, le donne occupate sono il 90% rispetto al 94% degli uomini. Il divario retributivo è del 12% in meno per le donne.

Quali possibili cause?

«Le donne, pur ottenendo risultati accademici eccellenti, spesso incontrano maggiori difficoltà nell’affermarsi nel mercato del lavoro a causa di barriere invisibili, come il pregiudizio di genere o la mancanza di politiche aziendali a favore della conciliazione tra vita professionale e privata. Questo si riflette non solo nei tassi di occupazione, ma anche nel divario retributivo e nelle opportunità di avanzamento di carriera».

Come si può colmare il gap?

«È fondamentale agire su più fronti: promuovere politiche di inclusione che favoriscano la presenza femminile in posizioni apicali e in settori altamente tecnologici; incentivare programmi di mentoring per donne in carriera; e sensibilizzare fin dalle scuole su un accesso paritario alle discipline STEM. Anche la trasparenza salariale e l’introduzione di misure che penalizzino il gender pay gap sono essenziali. Infine, creare un ambiente lavorativo flessibile e inclusivo, che supporti le donne nei momenti chiave della loro vita, può contribuire a trattenere e valorizzare i talenti femminili».

Lei è stata insignita del Premio “Gold Research and Development Award” per le sue ricerche orientate verso la medicina di precisione. Quali?

«Da diversi anni mi dedico allo studio delle malattie genetiche rare causate da un particolare difetto genetico chiamato “nonsense”, che interrompe prematuramente la produzione di proteine essenziali. Sono un chimico e con un team multidisciplinare, sviluppiamo nuovi approcci terapeutici per correggere questo difetto, che è responsabile di circa il 10-12% di tutte le malattie genetiche, tra cui la fibrosi cistica, la distrofia muscolare di Duchenne e l’immunodeficienza primaria. Il nostro focus è sul design e la sintesi di nuove molecole che agiscono in modo mirato sul difetto “nonsense”, ripristinando la produzione della proteina mancante. Effettuiamo test sulle molecole sia in vitro che in vivo, valutandone l’efficacia, gli effetti off-target e l’eventuale tossicità. Il nostro approccio è completo e considera tutte le possibili implicazioni».

AI e malattie rare: in che modo può beneficiarne la ricerca?

«L’AI può accelerare significativamente i progressi in questo campo. Un esempio lampante è l’assegnazione del Premio Nobel per la Chimica di quest’anno a David Baker, Demis Hassabis e John Jumper, per il loro lavoro sull’uso dell’AI nella progettazione e previsione delle funzioni proteiche. Questa innovazione ha già un impatto notevole sulla medicina di precisione e promette di offrire strumenti ancora più potenti per comprendere meglio e trattare le malattie rare».

A proposito di medicina personalizzata, quale contributo può offrire l’AI?

«L’AI gioca un ruolo sempre più cruciale nella medicina personalizzata, in particolare all’interno del progetto “HEAL ITALIA”, che mira a sviluppare terapie innovative e approcci integrati di medicina di precisione. Ha la capacità di analizzare enormi quantità di dati clinici e genetici in modo rapido e accurato, identificando pattern che sarebbero difficili da individuare con metodi tradizionali. Questo consente di personalizzare i trattamenti in base alle caratteristiche uniche di ciascun paziente, migliorando l’efficacia delle cure e riducendo gli effetti collaterali. Ad esempio, l’AI facilita la scoperta di nuovi biomarcatori e target terapeutici, aprendo la strada a trattamenti più mirati per malattie complesse e rare».

Quale ruolo avranno in futuro la multidisciplinarità e la cooperazione internazionale nella ricerca, soprattutto con la diffusione delle nuove tecnologie?

 «Saranno fondamentali per affrontare le sfide sempre più complesse della ricerca scientifica. Le questioni globali, come la medicina di precisione, le malattie rare o la crisi climatica, richiedono competenze provenienti da settori diversi. L’integrazione di queste competenze permette di affrontare i problemi da più angolazioni e sviluppare soluzioni innovative. Inoltre, la cooperazione internazionale accelera la condivisione di conoscenze e risorse, creando sinergie tra centri di ricerca, università e industrie di diversi Paesi. Con l’AI, l’analisi dei big data e le tecnologie avanzate di comunicazione, queste collaborazioni sono destinate a intensificarsi, permettendo di superare barriere geografiche e culturali. La scienza moderna non può più essere isolata: il futuro della ricerca è collettivo e globale».

Una degli obiettivi della Strategia Italiana per l’AI 2024-2026 è “trattenere e attrarre talenti”. In un Paese in cui è difficile trattenere i cervelli, in che modo si possono attrarre?

«Per trattenere e attrarre talenti è necessario creare un ambiente che valorizzi il merito, favorisca l’innovazione e offra opportunità di crescita professionale e personale. Gli investimenti in ricerca e sviluppo sono fondamentali, ma è altrettanto importante costruire infrastrutture moderne, offrire contratti competitivi e stabili e garantire un contesto lavorativo stimolante. Occorre incentivare la collaborazione tra università, centri di ricerca e aziende per favorire percorsi professionali che siano legati all’industria e che permettano ai ricercatori di vedere applicate le proprie scoperte. Inoltre, politiche di inclusione e pari opportunità, come un adeguato supporto alle donne in carriera e l’accesso a programmi di formazione continua, possono rendere il Paese più attrattivo. Infine, la cooperazione internazionale e la possibilità di partecipare a progetti globali fanno sentire i talenti parte di un ecosistema scientifico ampio e dinamico, che abbatte i confini tra le nazioni».

I dati confermano una disparità di genere ancora molto elevata in Italia. È importante sradicare gli stereotipi legati alla presunta inclinazione delle donne per le materie umanistiche, per esempio, avvicinando sempre più bambine all’area STEM.

Keypoints

  • Ivana Pibiri è stata insignita del Premio “Gold Research and Development Award” della GLOBALWIIN
  • Da diversi anni si dedica allo studio delle malattie genetiche rare causate da un particolare difetto genetico chiamato “nonsense”
  • Dal 2022 fa parte del Partenariato Esteso “HEAL ITALIA”
  • Secondo quanto riporta il Focus Gender Gap 2023, le donne che hanno conseguito una laurea STEM sono circa il 41%
  • Gli uomini si attestano al 59%
  • A distanza di cinque anni dalla laurea è occupato il 90% delle donne rispetto al 94% degli uomini
  • Il divario retributivo è di circa il 12% in meno per le donne

Altri articoli