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Uno studio globale del progetto Orchestra rivela le molteplici facce della sindrome da Long COVID

Perché ne stiamo parlando
I risultati di uno studio svolto in 5 Paesi del mondo e coordinato dall’Università di Verona nell’ambito del progetto europeo Orchestra, svelano alcuni dei segreti del Long Covid (e di quello grave), portando alla luce i suoi molteplici volti, gettando luce sui fattori di rischio e quelli protettivi.

Uno studio globale del progetto Orchestra rivela le molteplici facce della sindrome da Long COVID
Immagine generata utilizzando l'intelligenza artificiale

Uno studio coordinato dall’Università di Verona all’interno del progetto europeo Orchestra e pubblicato oggi sulla rivista eClinical Medicine del gruppo Lancet ha svelato un vero e proprio tesoro di informazioni, rivelando che questa condizione può essere suddivisa in quattro categorie, ognuna con un impatto unico sulla qualità della vita dei pazienti e con possibili meccanismi patogenetici diversi.

“Con questo studio”, afferma Evelina Tacconelli, coordinatrice del progetto Orchestra, e Direttrice della divisione di Malattie Infettive presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, “rispetto a quella generica che aveva dato l’OMS, diamo una nuova definizione del long COVID, più specifica e basata sui sintomi e sull’impatto del long covid sulla qualità della vita: sintomi come il dolore cronico e insonnia, ad esempio, possono limitare le attività quotidiane di milioni di persone nel mondo. Esiste anche un long covid grave, che coinvolge persone che a dodici mesi dall’evento acuto hanno ancora 3 dei 4 quadri clinici che abbiamo individuato, con impatti devastanti sulla qualità della vita”.

Uno studio globale del progetto Orchestra rivela le molteplici facce della sindrome da Long COVID
Evelina Tacconelli, coordinatrice del progetto Orchestra

Fino ad oggi, la mancanza di definizioni precise riguardo alle caratteristiche cliniche del long COVID, che conta almeno 300 sintomi diversi, alla gravità e ai fattori di rischio e prevenzione, ha reso la caccia al farmaco per curarlo molto impegnativa.

La sua prevalenza, un enigma che sfugge alle certezze, varia tra un 8% e un 70%, a seconda delle definizioni utilizzate, delle diverse popolazioni prese in considerazione, dei metodi di valutazione dei sintomi e dei diversi momenti temporali considerati. Si stima che ben 65 milioni di persone possano essere affette da questa sindrome, un numero impressionante che si basa su un conservativo 10% di incidenza tra gli infetti e più di 651 milioni di casi documentati di COVID-19.

I quattro volti del Long COVID

Attraverso un’attenta analisi delle caratteristiche cliniche, lo studio ha permesso di identificare i fattori chiave associati a ciascun tipo di Long COVID, compresa la forma più grave della malattia. Questi risultati aprono nuove strade per la progettazione di studi mirati alla comprensione delle cause sottostanti della sindrome, e ci avvicinano sempre di più alla scoperta di trattamenti efficaci per alleviare i sintomi e migliorare la qualità della vita dei pazienti colpiti.

Lo studio ha coinvolto sei coorti provenienti da 56 centri in cinque paesi (Francia, Italia, Paesi Bassi, Spagna e Argentina), con 1796 pazienti con infezione da COVID, seguiti dal febbraio 2020 al giugno 2022.

I risultati hanno permesso di identificare quattro quadri clinici, con caratteristiche e ai sintomi specifici: la sindrome da affaticamento cronico (stanchezza, mal di testa e perdita di memoria), la sindrome respiratoria (tosse e mancanza di fiato), la sindrome del dolore cronico (dolori articolari e muscolari) e la sindrome neurosensoriale (alterazione del gusto e dell’olfatto).

Ma chi rischia di più il Long COVID?

“Sicuramente le donne che non hanno altri fattori di rischio, come patologie sottostanti, hanno una predisposizione ad un rischio più elevato in particolare di sintomi neurologici e di dolore cronico”, spiega la coordinatrice del progetto Orchestra. “Per nessuna delle forme di Long COVID è ancora chiaro un meccanismo definitivo. Per le donne è probabilmente correlato alla distribuzione degli ormoni: i picchi ormonali potrebbero essere legati alla persistenza di sintomi soprattutto a livello neurologico”.  Per pazienti con patologie polmonari preesistenti (come la broncopneumopatia cronica ostruttiva) c’è un peggioramento dei sintomi respiratori già presenti. “Ad esempio, si assiste ad un peggioramento della capacità respiratoria che potrebbe essere legato a meccanismi di persistenza del virus nel sangue”, spiega Tacconelli.
I sintomi all’esordio del COVID possono essere un segnale precoce di futuro Long COVID: i sintomi neurologici aumentano il rischio non solo di long COVID neurologico ma anche di sintomi respiratori e di affaticamento cronico, mentre i disturbi gastrointestinali si associano a fatica cronica.

Il long COVID grave: chi ne è più colpito e perché

Il sesso femminile, i sintomi gastrointestinali e complicazioni renali durante l’infezione acuta aumentano il rischio di sindrome Long COVID grave: “il fatto di avere sintomi gastrointestinali che non sono comuni nel COVID, fa pensare ad un meccanismo di azione del virus diverso che può andare a modificare anche l’assetto neurologico correlato, soprattutto per quanto riguarda la stanchezza muscolare e la fatica cronica. Esistono infatti sindromi virali che si associano a sindromi gastrointestinali e poi si correlano ad affaticamento cronico. Anche le complicanze renali non sono sconosciute nelle malattie infettive: questi pazienti hanno enorme difficoltà a tornare alla vita normale, perché il mal funzionamento renale e la conseguente mancata eliminazione delle tossine aumenta le complicanze”.

La riduzione più significativa della qualità della vita fisica e mentale è stata osservata nei pazienti con sintomi respiratori e sindrome del dolore cronico rispetto ai pazienti non affetti da Long COVID.

I fattori che prevengono il Long COVID

Tra i fattori protettivi, l’aver ricevuto terapia steroidea durante la fase acuta della malattia ridurrebbe il rischio di persistenza di disturbi neurosensoriali, quali le alterazioni del gusto e dell’olfatto, mentre la terapia precoce con anticorpi monoclonali nei pazienti con altre comorbidità limiterebbe tutte le manifestazioni di long COVID. “Gli anticorpi monoclonali sono stati utilizzati solo con pazienti ad alto rischio”, afferma la coordinatrice del progetto Orchestra Tacconelli. “Noi riteniamo che l’anticorpo monoclonale riduca la persistenza dell’antigene che si associa ai sintomi neurologici e di dolore cronico. Ci sono sperimentazioni in corso su questo, anche se sono agli inizi”.

Quali porte apre lo studio sul long COVID

La professoressa Tacconelli spiega che lo studio appena pubblicato può avere interessanti applicazioni, come informare l’industria che produce farmaci: comprendendo i quadri clinici del Long COVID si possono sviluppare farmaci che abbiano un’azione neurologica dedicata a ridurre la persistenza del virus. Ora c’è la possibilità sperimentare farmaci su popolazioni specifiche di pazienti, a seconda dei sintomi, per ottenere migliori risultati in tempi più brevi. “Se sappiamo fin dal momento della fase acuta quali sono i pazienti più a rischio, possiamo selezionare quel gruppo di pazienti, seguirlo nei tre mesi successivi, osservare se sviluppano sintomi, e nel caso trattarli, evitando di curare pazienti non a rischio”, conclude Evelina Tacconelli.

 

Questo studio si inserisce nel progetto europeo Orchestra, il più grande progetto europeo che segue i pazienti malati di COVID, e conta diversi tipi di specialisti che lavorano insieme per ridurre l’impatto del virus. Il progetto, che si concluderà tra un anno, svolge studi su due livelli: il livello della prevenzione e quello della terapia.

KEYPOINTS

  • Uno studio multicentrico coordinato dall’Università di Verona, nel contesto del progetto europeo “Orchestra”, ha identificato quattro diverse forme del Long Covid, ciascuna con sintomi caratteristici e potenziali meccanismi patogenetici distinti.
  • Le quattro forme di Long Covid sono: fatica cronica, mal di testa e perdita di memoria; sintomi respiratori come tosse e mancanza di fiato; dolori muscolari e articolari; disturbi del sistema nervoso con perdita di tatto e olfatto.
  • Le forme di Long Covid sembrano avere cause diverse, ma tutte derivano dagli strascichi dell’infezione da SARS-CoV-2 e possono durare anni, compromettendo la vita di milioni di pazienti.
  • Le donne hanno una maggiore probabilità di sviluppare fatica cronica, dolore cronico e sintomi neurologici, mentre chi aveva malattie polmonari preesistenti potrebbe sviluppare una forma respiratoria di Long Covid. Chi ha avuto sintomi gastrointestinali durante l’infezione acuta potrebbe soffrire di fatica cronica.
  • I pazienti affetti da Long Covid possono sperimentare diverse forme contemporaneamente e le forme più gravi possono avere almeno tre quadri clinici.
  • Le buone notizie sono che il vaccino, gli anticorpi e il cortisone possono ridurre significativamente il rischio di sviluppare il Long Covid.

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