Le aziende biotech in Italia investono 1,7 miliardi di euro di cui, nonostante le difficoltà rispetto ad altri paesi, 700 milioni sono investiti in studi clinici. “Ma c’è ancora molto da fare per rendere competitivo il nostro Paese”, spiega Federico Viganò di Assobiotec. “Abbiamo un’organizzazione che ci complica la vita e ci rallenta”. E poi l’Italia viaggia a due marce diverse: “Quattro Regioni, Lombardia, Lazio, Toscana e Piemonte, coprono l’80% delle aziende biotech presenti sul territorio italiano, mentre nel resto d’Italia il settore, a parte alcune eccezioni come Campania e Puglia, non decolla”. A questo e ad altri temi, afferma Viganò, si sta lavorando con il Governo, in particolare con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, attraverso tavoli istituiti con diversi stakeholder, “a cui noi stiamo attivamente contribuendo portando il punto di vista dell’industria nel panorama italiano e internazionale”. Da poco è stato aperto il tavolo della ricerca clinica, e presto, con un altro tavolo, si entrerà nel vivo delle terapie avanzate. “È necessario cercare di migliorare la sperimentazione clinica in Italia, la conoscenza delle terapie avanzate, favorire gli investimenti e la formazione di competenze STEM”. E aggiunge: “Stiamo anche lavorando sulla collaborazione tra profit e no profit”.
Un tavolo per rendere più attrattiva l’Italia negli studi clinici “a vantaggio dei cittadini e dell’economia”
Il settore delle biotecnologie in Italia è particolarmente focalizzato sulle malattie rare, spiega Viganò. “Abbiamo ottime competenze, e siamo tecnologicamente allineati ad altri paesi, ma siamo poco attrattivi per lo svolgimento di studi clinici”. Il tavolo del Ministero sta attualmente affrontando le principali sfide che limitano la competitività dell’Italia nel campo degli studi clinici, a confronto con altri paesi. “L’elemento fondamentale su cui si concentra l’attenzione è la necessità di semplificare alcune procedure interne. In aggiunta, si sta esaminando come la gestione dei dati, le questioni di privacy, e le interazioni tra enti profit e no profit con i pazienti coinvolti negli studi clinici possano creare colli di bottiglia: la burocrazia e la complessità di queste pratiche spesso causano rallentamenti significativi nell’avanzamento degli studi clinici. Questa iniziativa mira non solo a facilitare un maggiore flusso di investimenti nel Paese, ma anche a garantire che i pazienti italiani possano accedere ai trattamenti più innovativi, contribuendo al contempo a generare benefici economici significativi”.
Terapie avanzate necessitano valutazioni diverse rispetto alle terapie tradizionali
Il dibattito sulle terapie avanzate si colloca ad un crocevia tra opportunità senza precedenti e sfide inedite nel settore farmaceutico. “Queste terapie si distinguono radicalmente dai trattamenti tradizionali”, sottolinea Viganò. In primo luogo, spiega il rappresentante per l’Area Terapie di Assobiotec, la valutazione regolatoria applicata ai trattamenti standard si rivela inadeguata per le terapie avanzate. “Il panorama si complica ulteriormente considerando l’innovatività e la specificità delle terapie avanzate, che esigono approcci valutativi rinnovati e più flessibili. La necessità di selezionare accuratamente i centri sanitari e di garantire standard qualitativi elevati impone un cambiamento significativo rispetto ai trattamenti convenzionali. Questo aspetto sottolinea l’importanza di una valida certificazione dei centri e di protocolli di qualità adatti a terapie così innovative”.
Sulla valutazione economica bisogna trovare l’accordo
La questione delle valutazioni economiche assume un’importanza fondamentale per Viganò. “Le terapie avanzate, caratterizzate da una lunga durata di efficacia, implicano un modello di finanziamento iniziale che raramente viene riconosciuto come un investimento a lungo termine. Ciò richiede una revisione dei criteri di valutazione economica per il rimborso, affinché riflettano meglio il valore reale e la sostenibilità finanziaria di queste terapie nel tempo”. Il settore si trova ora in una fase di apprendimento condiviso, che coinvolge sia le aziende sviluppatrici di terapie che gli stakeholders istituzionali, aggiunge Viganò. “Le terapie avanzate rappresentano una novità non solo per le aziende ma anche per gli enti regolatori e altri attori istituzionali, i quali sono impegnati a comprendere e adattare le proprie metodologie a contesti di mercato radicalmente nuovi. Questo processo di apprendimento mira a stabilire una base comune su cui costruire soluzioni sostenibili a lungo termine”.
Per rendere le terapie avanzate sostenibili ci vuole un fondo dedicato
La discussione su come assicurare la sostenibilità di queste terapie è dunque in corso, coinvolgendo sia il contesto nazionale italiano che quello europeo. “La nostra associazione gioca un ruolo attivo in questo dibattito: stiamo esplorando meccanismi di finanziamento specifici per le terapie avanzate e interagendo con il mondo politico e istituzionale per delineare strategie efficaci. Un esempio significativo a cui guardare è il Fondo Oncologico Innovativo, che ha facilitato l’accesso a farmaci oncologici innovativi nel mercato italiano. L’esperienza positiva derivante dall’Unione di questo fondo con quello per i farmaci innovativi non oncologici suggerisce un modello replicabile anche per le terapie avanzate”.
Un modello contrattuale per la collaborazione profit-no profit
Viganò ricorda che Assobiotec sta attualmente concentrando i propri sforzi sulla promozione della ricerca collaborativa, un tema portato all’attenzione anche nei contesti di discussione sulle sperimentazioni cliniche. “L’obiettivo è di creare un framework efficace per facilitare la collaborazione tra enti profit e no profit. Questo sforzo mira a superare le sfide, prevalentemente contrattuali e legali, come la gestione e la condivisione delle informazioni e la tutela della privacy nel trasferimento dei dati tra le parti”.
“Stiamo elaborando un modello contrattuale che possa essere utilizzato sia da enti profit che no profit per avviare collaborazioni”. Questo modello è attualmente in fase di sviluppo attraverso un dialogo con gli stakeholder istituzionali, al fine di individuare soluzioni praticabili.