Gli investimenti nel settore Life Science crescono in Italia, crescono i fondi di venture capital che se ne occupano (oggi sei), crescono le start up che ci provano. Un segnale estremamente positivo per un paese come il nostro che, se sul fronte degli investimenti in innovazione ha sempre arrancato rispetto ad altri big player europei, negli ultimi anni ha cambiato passo, segnando nel 2022 l’anno record degli investimenti nelle pmi innovative (quasi due miliardi di euro). Il 2023 segna un rallentamento rispetto al 2022 ma consolida il terreno e le scienze delle vita iniziano a essere sempre più protagoniste di round interessanti, come quello che ha riguardato Aavantagarde, una start-up biotecnologica internazionale con prodotti di terapia genica in fase di avanzato sviluppo pre-clinico che quest’anno ha raccolto 61 milioni di investimento, il maggior round di seria A mai registrato in Italia, record di settore guidato dal venture capitalist Sofinnova, specializzato in life science, con sedi a Parigi, Londra e Milano. E che, insieme a Panakes, è stato uno dei primi e principali fondi di investimenti nelle scienze della vita in Italia.
Ma perché AAVantgarde è riuscita ad attirare così tanti finanziamenti? Ne abbiamo parlato con Lucia Faccio, partner Sofinnova che ha raccontato il successo di questa start up all’evento organizzato da Growth Capital e Italian Tech Alliance per presentare i dati q2 del 2023. Lucia, laureata in chimica farmaceutica, ha oltre 20 anni di esperienza nello sviluppo del business nelle scienze della vita, con un track record eccezionale nell’identificare progetti con un forte potenziale traslazionale e svilupparli attraverso solide posizioni di proprietà intellettuale, trasferimento tecnologico, affari regolatori e accordi di licenza con partner del settore. Prima di entrare in Fondazione Telethon come Direttore della Ricerca e Sviluppo, Lucia è stata direttrice del trasferimento tecnologico dell’Ospedale San Raffaele, il più grande ospedale privato in Italia e uno dei principali centri di ricerca nazionali.
Sofinnova è uno dei fondi storici europei che si occupano di scienze della vita: quanto è importante quindi essere competenti in modo verticale, in questo caso nelle scienze della vita, per un venture capitalist?
Credo che per una start up biotech sia importante lavorare con investitori in grado di comprendere la scienza, il livello di innovazione e il percorso di sviluppo necessario contribuendo nell’investire nell’azienda non solo con il capitale economico, ma anche con competenze. Sofinnova ha questo tipo di competenze perché è verticale sul settore: ha iniziato a investire nel nostro paese alla fine degli anni 90 con Novuspharma, ha proseguito con EOS e con l’acceleratore BiovelocITA e poi ha lanciato nel 2018 il fondo Sofinnova Telethon, un fondo di trasferimento tecnologico in partnership con Fondazione Telethon, focalizzato sull’ Italia con un interesse per le malattie genetiche e/o rare.
Ci spiega meglio come è nata questa partnership con Telethon?
Il fondo Sofinnova Telethon è stato lanciato alla fine del 2018 come fondo di trasferimento tecnologico, in partnership con Fondazione Telethon, che si occupa di ricerca nell’ambito delle malattie genetiche rare, e ci fornisce una pipeline di alta qualità. Attualmente, Sofinnova Telethon gestisce un fondo di 108 milioni di euro per identificare progetti di ricerca eccellenti nelle università italiane. Ad oggi abbiamo otto aziende all’interno di questo fondo, tra cui AAvantgarde, per la quale siamo riusciti ad attrarre investitori internazionali.
Perché Aavantagarde ha avuto questo successo secondo lei?
AAvantgarde, nata dalla ricerca Telethon, possiede due piattaforme basate su vettori virali adeno-associati (AAV) che permettono di trasferire geni di grosse dimensioni. Le piattaforme sono in fase di validazione clinica per due malattie ereditarie della retina, la sindrome di Usher1B e la malattia di Stargardt; si prevede che la futura pipeline di AAVantgarde Bio possa estendersi a molte altre indicazioni terapeutiche.
Credo che il successo sia dovuto, oltre al solido progetto scientifico coordinato dal professor Alberto Auricchio, leader internazionale nel settore della terapia genica delle malattie retiniche, anche al team di professionisti di altissimo livello che abbiamo messo insieme: il presidente del consiglio di ammistrazione Ram Palanki, 20 anni di esperienza nello sviluppo e nella commercializzazione di farmaci nel settore biofarmaceutico e dei dispositivi industriali (REGENXBIO, NeoVista, Genentech), la CEO Natalia Misciatelli, esperta di terapie geniche con 25 anni di esperienza nel settore life science; Naveed Shams, Chief Medical Officer (CMO) noto a livello mondiale per il suo contributo nel settore dello sviluppo dei farmaci e delle scienze oftalmiche, tra cui lo sviluppo di Lucentis, farmaco di svolta per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età. Questo team di gestione è stato fondamentale per validare il piano di sviluppo dell’azienda e attirare investitori internazionali quali Forbion (fondo Olandese), Atlas Venture e Longwood (fondi US).
Bisogna quindi far leva sulle competenze gestionali, che in Italia sono ancora carenti?
In Italia c’è una ricerca accademica di altissimo livello, ma spesso mancano manager con competenze nello sviluppo pre clinico. Per questo, noi ci rivolgiamo spesso a professionisti esteri, ma il nostro intento è che possano lavorare qui per formare manager italiani, futuri CEO o CFO di start up innovative italiane. Bisogna lavorare sull’intero sistema life science (dal ricercatore, al manager, al finanziatore) per garantire lo sviluppo e il successo del settore delle scienze della vita.
A proposito di competenze e trasferimento tecnologico, come crede occorre lavorare per creare un ponte tra l’accademia italiana e il mondo industriale?
È quello di cui mi occupo io nello specifico. Quello che vedo è che i ricercatori spesso si concentrano sulla perfezione, ma a rincorrere la perfezione si rischia di non essere mai soddisfatti, e i pazienti intanto aspettano. L’ottimo è nemico del buono, come si dice, per cui è importante portare intanto qualcosa di buono al paziente, anche se non è perfetto. Le start-up e il venture capital possono svolgere un ruolo chiave nel portare l’innovazione dal mondo accademico al mercato, anche perché ormai l’innovazione nel biotech delle scienze della vita è portata avanti quasi esclusivamente dalle start up: il 70-75% delle approvazioni FDA sono biotech.
Il futuro del farma sarà soprattutto biotech, per questo motivo le grandi aziende monitorano strettamente gli sviluppi delle aziende che lavorano in questo ambito.
Crede che la pandemia da COVID-19 abbia contribuito a spingere gli investimenti in questo settore?
La pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto enorme sul settore delle scienze della vita. Aziende come Moderna e BioNTech erano start up e sono state capaci di trovare investitori che hanno creduto nelle loro tecnologie e hanno potuto sviluppare vaccini innovativi. Ormai la strada è segnata: il settore delle scienze della vita si sta spostando sempre di più verso le biotecnologie e le terapie avanzate, e questo campo avrà un ruolo sempre più importante, così come la medicina di precisione.