In questi giorni è iniziato l’esame in X Commissione Attività Produttive alla Camera dei deputati del DDL Made in Italy, varato dal Consiglio dei ministri a fine maggio e presentato il 27 luglio al Parlamento. Il provvedimento mira a valorizzare e sostenere lo sviluppo e la modernizzazione dei processi produttivi e delle connesse attività funzionali alla crescita dell’eccellenza qualitativa del made in Italy. L’articolo 4 della norma istituisce il Fondo nazionale del made in Italy, con una dotazione iniziale di 700 milioni di euro per l’anno 2023 e di 300 milioni di euro per l’anno 2024. Proprio questo articolo è oggetto di alcune riflessioni, che riguardano da un lato le imprese target alle quali è destinato questo Fondo, dall’altro la provenienza delle risorse utilizzate per renderlo operativo. Nel testo del provvedimento si legge infatti che “esso è autorizzato a investire direttamente o indirettamente, anche per il tramite di altri fondi, [..] nel capitale di società per azioni” e che i 300 milioni a valere sull’anno 2024 saranno recuperati mediante la riduzione del Fondo Venture Capital (istituito dalla Legge 30 dicembre 2018, n.145 – Legge di stabilità per l’anno 2019). Le reazioni non si sono fatte attendere.
La prima risposta del governo
In questi giorni è arrivata una prima replica da parte del governo, tramite le parole della Sottosegretaria per le Imprese e il Made in Italy Fausta Bergamotto, che ha risposto ad un’interrogazione sul Fondo Innovazione presentata dall’On. Giulia Pastorella in IX Commissione Trasporti alla Camera dei deputati. La risposta non è di certo positiva, perché sostanzialmente il governo conferma di voler proseguire sulla linea impostata all’interno del DDL Made in Italy, riducendo il Fondo Innovazione di 300 milioni, in quanto – si legge nella risposta della Sottosegretaria – “dal decreto attuativo del luglio 2022 ad oggi risultano effettuati investimenti in start-up per soli 28 milioni di euro […] e investire un ammontare di risorse sproporzionato rispetto alle dimensioni del mercato, tramite un unico operatore finanziario, rischia di configurare un intervento distorsivo e spiazzare risorse private piuttosto che attrarle”.
“Occorre fare una precisazione. – commenta Francesco Cerruti – I 28 milioni citati nella risposta della Sottosegretaria Bergamotto si riferiscono solo agli investimenti effettuati rispetto al decreto di rinforzo fatto nel 2022, e non rispetto al totale degli investimenti di Cdp Venture Capital, che è evidentemente molto maggiore e supera il miliardo. Ci sono però tre elementi che sorprendono riguardo alla risposta del governo in IX Commissione. Il primo è che, come anticipato, si tratta di una risposta monca, perché è stato deciso di evidenziare solo una piccola parte rispetto al totale di ciò che è stato investito in questi anni. Il secondo elemento che colpisce è la poca confidenza che una parte delle Istituzioni ha con i meccanismi del Venture Capital, che guardano non al medio, ma al lungo periodo. Non ci si può dunque limitare a considerare ciò che è stato investito in questo momento per evitare – come si legge nel testo – “di configurare un intervento distorsivo”, se gli effetti devono essere valutati in un periodo più lungo. Infine, colpisce la discrasia e la mancanza di sintonia all’interno del Ministero tra la scelta di depotenziare il Fondo e, al contempo, il grande sforzo che lo stesso MIMIT sta facendo in questi stessi giorni – e su questo va dato atto al Ministero – per modernizzare l’impianto normativo dello Start-up Act. Sforzo che deriva, appunto, dagli ottimi risultati raggiunti in questi anni, che spingono giustamente il governo a voler modernizzare il contesto normativo che regola il settore. Se il DDL Made in Italy non dovesse essere modificato, non sarebbe una notizia positiva, ma allo stesso tempo abbiamo fiducia sul fatto che si possa arrivare ad un nuovo Start-up Act, e su questo il Ministero sta lavorando con grande impegno”.
Dello stesso avviso anche Giorgio Ciron, che precisa: “Non possiamo che dissentire con la risposta del MIMIT all’interrogazione dell’On. G. Pastorella: infatti la dotazione di 2 miliardi era stata assegnata al MiMIT, a valere sulle risorse del Fondo per il sostegno al Venture Capital del Ministero, solo con i decreti attuativi del Luglio 2022 e, caduto il Governo, era ancora in attesa di essere redistribuita ai diversi fondi di CdP Venture Capital – alcuni dei quali sono già esauriti – con sottoscrizioni specifiche. CdP venture, come riportato nel suo sito, ha attualmente una dotazione di risorse pari a 3,1 miliardi di asset under management (di cui buona parte da investitori privati) e ne ha già allocate più di 1 miliardo in circa 3 anni (circa 330 milioni all’anno), tramite i suoi 13 fondi. Questi ultimi hanno missioni differenti ed operano con programmazione pluriennale – un fondo ha mediamente un orizzonte temporale di 10 anni – proprio come stimolo per recuperare il gap tra l’Italia e nazioni come Francia, Germania, Regno Unito. Detto in altri termini: non si può considerare il mercato di riferimento come un valore costante e, quindi, troppo piccolo per assorbire ingenti risorse ma, invece, è proprio attraverso lo stimolo del mercato mediante un ammontare significativo di risorse che si può auspicare che questo cresca e ci permetta di recuperare il gap con i nostri principali competitors. La quota parte dei 2 miliardi, in sostanza, non sono stati ancora spesi perché CdP Venture Capital non può ancora spenderli per chiara scelta del Ministro A. Urso che ancora non glieli ha affidati, mettendo in sofferenza il mercato dei capitali ed impedendo il recupero del gap di competitività. In sintesi, alla luce dei suddetti calcoli, si può affermare che la distrazione di 300 milioni, penalizza un anno di investimenti da parte di CdP Venture Capital”.
Il DDL Made in Italy rischia di sottrarre risorse preziose al Fondo VC
Partiamo da questo Fondo per il Made in Italy. In primo luogo, dunque, al Fondo potranno accedere solo Società per azioni: sarà escluso tutto il tessuto delle startup e PMI che spesso si costituiscono come Srl. In secondo luogo, ed ecco il casus belli, una parte consistente delle risorse necessarie saranno prelevate dal Fondo Innovazione gestito da CDP Venture Capital SGR, società partecipata che, oltretutto, attende da tempo la nomina dei suoi vertici. Queste scelte, se verranno confermate nel corso dell’iter di approvazione della Legge, lasciano più di qualche dubbio circa la strategia che il governo vuole attuare a favore dello sviluppo dell’Innovazione nel nostro Paese. Per questo motivo Italian Tech Alliance – l’Associazione italiana del venture capital, degli investitori in innovazione e delle startup e PMI innovative italiane – e InnovUp – l’Associazione che riunisce e rappresenta l’ecosistema italiano dell’imprenditorialità innovativa – attraverso una nota congiunta hanno espresso forte preoccupazione per la misura adottata, chiedendo una retromarcia al governo affinché i fondi in questione restino nelle disponibilità di CDP Venture Capital.
Con l’obiettivo di approfondire la vicenda e di far luce sui possibili impatti che questa decisione avrebbe sull’ecosistema delle startup e PMI innovative del nostro Paese, abbiamo rivolto alcune domande ai Direttori generali di Italian Tech Alliance e InnovUp, Francesco Cerruti e Giorgio Ciron.
Il ruolo cruciale di Cdp Venture Capital – Fondo Nazionale Innovazione
Attiva dal 2019, il ruolo di Cdp Venture Capital in questi due anni è stato fondamentale nella sua capacità di attrarre investimenti e contribuire allo sviluppo di un settore – quello delle startup e PMI innovative – che in Italia aveva una crescita molto lenta. Da quando, invece, esiste Cdp Venture Capital, abbiamo assistito ad un vero e proprio cambio di marcia: il giudizio sul lavoro svolto sembra quindi positivo.
Francesco Cerruti, Direttore generale di Italian Tech Alliance, risponde così: “L’Italia, che è il terzo Paese dell’Unione europea sotto moltissimi punti di vista, quando si parla di investimenti in startup e PMI innovative fa fatica ad entrare in top ten. Questo significa che da una parte c’è un grande ritardo che speriamo possa essere colmato, dall’altra che abbiamo un enorme margine di crescita. In questo scenario Cdp Venture Capital, di fatto operativa dal 2019, è stato un grande volano di crescita: secondo un nostro studio, Cdp Venture Capital e il FEI (Fondo Europeo Investimenti, l’omologo europeo) pesano per il 50% di tutto ciò che è nelle disponibilità degli investitori regolamentari in Italia. È chiaro, dunque, che il grande balzo a cui abbiamo assistito in Italia in questi anni è in gran parte merito della nascita di Cdp Venture Capital, che opera sia attraverso fondi diretti, sia fondi indiretti. Il giudizio su Cdp, dunque, non può che essere positivo, in quanto ha fatto da centro di gravità e da perno per un mercato piccolo, ma in grande crescita. L’Italia è infatti nel 2023 al primo posto in Europa nella crescita anno su anno per investimenti in start up e PMI innovative, con un +48% rispetto all’anno precedente a fronte di crescite molto ridotte negli altri Paesi.
Anche Giorgio Ciron, Direttore generale di InnovUp, concorda su questo punto: “L’obiettivo era quello di creare nuovi Fondi e supportare quelli già attivi, sviluppando inoltre diversi investimenti diretti nelle start-up che sono stati anch’essi molto preziosi. Questo effetto si è visto molto concretamente nella dinamica degli investimenti. Dal 2012 – anno in cui è nata la normativa sulle startup e dunque periodo dal quale possiamo misurare la quantità di investimenti – al 2020 la crescita è stata molto lenta: si è passati da 100 milioni a 700 milioni, con una crescita di appena 600 milioni in otto anni. Tra il 2020 e il 2021 invece abbiamo assistito a un raddoppio degli investimenti, che sono passati da 700 milioni a 1,4 miliardi in solo un anno, trend confermato nell’anno successivo da un ulteriore salto importante che ha registrato il superamento di 2 miliardi investiti. Questa crescita decisiva è stata immediatamente visibile da quando Cdp Venture Capital ha iniziato ad avviare le proprie attività, a inizio 2020. Dunque, l’effetto della politica industriale introdotta tramite Cdp Venture Capital nell’ecosistema delle start-up innovative ha dei dati misurabili che testimoniano il valore di quanto è stato fatto”.
Il possibile impatto del DDL Made in Italy: quale strategia per l’Innovazione?
Alla luce degli ottimi risultati conseguiti da Cdp Venture Capital, non si comprende perché l’attuale governo voglia sottrarre risorse da questo bacino per destinarle a un nuovo Fondo, quello del Made in Italy, che oltretutto sarà accessibile solo a società per azioni.
Giorgio Ciron: “Sicuramente questo DDL indica una direzione, una visione che rispetto al passato sembra andare nel verso opposto. Da quando è nato il Fondo Innovazione gestito da Cdp Venture Capital, tutti i Governi che si sono susseguiti non hanno diminuito le risorse e in alcuni casi ne hanno aggiunte, seguendo una chiara strategia di potenziamento del settore dell’Innovazione. Oggi vi è invece una prima (potenziale) sottrazione di risorse, in una quantità anche significativa, perché ad oggi i finanziamenti pubblici gestiti da Cdp Venture Capital sono di 3 miliardi (5 miliardi in tutto contando anche quelli provenienti da investitori privati). Dunque, togliendo 300 milioni, assisteremmo a una riduzione del 10% delle risorse pubbliche in questo settore”.
Sul bisogno di chiarezza da parte del governo, si concentra Francesco Cerruti: “Nel momento in cui c’è la volontà politica di lanciare un veicolo d’investimenti, e per farlo si vanno a sottrarre risorse ad un altro Fondo, significa che non c’è particolare attaccamento dal punto di vista politico al bacino da cui si va a prelevare. Questo può essere un primo indizio, e dunque noi abbiamo preferito alzare l’attenzione prima che sia troppo tardi. Abbiamo bisogno di capire meglio quale sia il posto che l’attuale esecutivo ha deciso di assegnare a tutto l’ecosistema dell’Innovazione e al suo sviluppo, proprio partendo dal ritardo che l’Italia deve recuperare rispetto agli altri Paesi in questo ambito. Noi, dunque, ci auguriamo che questo sia solo un passo falso e non una direzione strategica. Ciò che ci preoccupa è che al momento non ci sia stata nessuna uscita pubblica ufficiale rispetto al fatto che questa scelta non consideri le start-up come importanti per il Paese”.
Una soluzione, però, potrebbe esserci, aggiunge il Dott. Ciron: “Sicuramente questo non è un bel segnale ma, secondo me, si può ancora rivedere la norma cercando di indirizzare le risorse nel modo corretto. Consideriamo che il Made in Italy è anche Innovazione, tecnologia e nuove competenze di cui il nostro Paese dispone. Io non vedo, dunque, una competizione tra Innovazione e Made in Italy, al contrario immagino una cooperazione tra questi due ambiti. Si può, ad esempio, immaginare che questo Fondo investa anche in start-up nel Made in Italy e in PMI innovative, in modo da trovare una soluzione coerente. La competitività internazionale dell’Italia passa anche dalla capacità del Made in Italy di innovarsi”.
Dopo la vostra nota congiunta, quali sono le azioni che state portando avanti?
Francesco Cerruti: “La richiesta principale di Italian Tech Alliance e degli altri attori del settore è quella di avere chiarezza, ovviamente auspicando che si continui sulla strada percorsa finora, con un’attenzione importante rivolta a questo mondo e un dispiegamento di fondi significativo. È fondamentale capire quale sia la strategia del governo, per questo ci stiamo muovendo nel concreto per un’interlocuzione con i Ministeri di riferimento, cioè con il MIMIT e il MEF, e siamo ovviamente in contatto con Palazzo Chigi tramite il Sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti”.
Giorgio Ciron: “InnovUp si sta muovendo su tutti i livelli, da quello parlamentare con diversi deputati e senatori attivi in questo campo, a tutta una serie di attori con i quali abbiamo avviato interlocuzioni. Ovviamente siamo in contatto anche con il Ministero, abbiamo un tavolo aperto con il MIMIT con il quale stiamo lavorando per una revisione della norma sulle start-up del 2012 – per uno Start-up Act 2.0 – e anche in quella sede condivideremo le nostre preoccupazioni sul tema. Infine, sul piano del Governo, abbiamo già chiesto un colloquio con le figure preposte, soprattutto per capire qual è la direzione che il Governo vuole intraprendere sui temi dell’innovazione, perché questo è il pezzo che manca: capire quale sia la strategia del Governo per l’ecosistema dell’innovazione”.
Le nomine dei vertici di Cdp Venture Capital e i 600 milioni per l’Intelligenza Artificiale
Intanto, si attendono ancora le nomine dei vertici di Cdp Venture Capital, che da inizio anno lavorano in proroga.
Una situazione che rischia di creare incertezza nei mercati, come commentato da Giorgio Ciron:
“Lo stallo delle nomine di Cdp Venture Capital è un altro tema che si innesta sulla mancanza di chiarezza nella strategia che il Governo intende portare avanti rispetto al mondo dell’innovazione. Nonostante Cdp Venture Capital sia operativa nelle sue attività, è chiaro che il blocco delle nomine dei vertici generi incertezza: e l’incertezza, lo sappiamo, è il peggior nemico nel mondo del business e degli investimenti. É chiaro, infatti, che oltre alla nomina dell’Amministratore delegato, anche tutte le prime linee di Cdp Venture Capital subiscano questa incertezza e, di conseguenza, non si trovino nella condizione ottimale in cui lavorare. Da poco, infatti, Cdp Venture Capital gestisce anche due Fondi del PNRR, il Fondo Digital Transition e il Fondo Green Transition, per un ammontare complessivo di 500 milioni che andranno utilizzati entro il 2026. Anche questo è un tema importante, perché abbiamo delle scadenze e obblighi nei confronti dell’Unione europea e le risorse vanno messe a terra il prima possibile. Anche rispetto a questa necessità, dunque, una governance frammentata non aiuta di certo”.
“Siamo arrivati a un punto in cui auspichiamo che venga presa una decisione, quale essa sia” – aggiunge Francesco Cerruti – “perché quest’incertezza, che si concretizza nel caso di Cdp Venture Capital nella prorogatio dei vertici, si diffonde anche all’esterno e non è positiva per il mercato. L’importante è che si prendano delle decisioni che ci indichino qual è l’approccio del governo. Visto che questo veicolo, come detto prima, ha funzionato, l’auspicio è che si possa continuare su questa strada”.
Nel frattempo, però, il Sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti ha annunciato che sarà presto disponibile un Fondo da 600 milioni da destinare alle startup innovative che investono in Intelligenza Artificiale.
Questa sembra essere una notizia positiva, che darebbe nuovo slancio agli investimenti in questo settore. È così?
“Certamente sarebbe un’ottima notizia”, risponde Cerruti. “Ciò di cui però abbiamo bisogno è di una strategia che sia coerente. Pensare che in questo momento ci siano i vertici di Cdp Venture Capital in prorogatio, il DDL Made in Italy che sottrae risorse al Fondo Innovazione, ma allo stesso tempo anche un annuncio del governo secondo il quale saranno destinati 600 milioni alle start-up, non è molto lineare”.
Dello stesso avviso anche Ciron: “Sicuramente la proposta del Sottosegretario Butti è positiva. Ci si augura però che non ci sia frammentazione nella gestione di queste risorse e che finiscano sotto il cappello di Cdp Venture Capital, o che comunque abbiano una direzione univoca anche per quanto riguarda le competenze. Sappiamo infatti che l’IA è una tecnologia trasversale a tutti i settori in quanto tecnologia abilitante, e dunque rappresenterà – in parte è già così – il prossimo salto tecnologico. Quindi è fondamentale che ci si investa come sistema Paese per non perdere la competitività rispetto agli altri Stati. Dunque, la notizia è positiva, l’importante è che venga però concretizzata nella governance e tramite la struttura che c’è già oggi”.
Da una parte il Governo toglie fondi alle aziende innovative, dall’altra ne prevede altri per chi usa l’IA. C’è un po’ di confusione su come sia considerata l’innovazione nel nostro paese: strategica o accessoria?