Investire in Life Science significa investire nel futuro, nel bene comune, e valorizzare le scienze della vita come asset di riferimento non solo della nostra economia ma della cultura internazionale. Così Maria Cristina Porta, Direttore Generale di Enea Tech e Biomedical e nostra investitrice del mese, sottolinea l’importanza di supportare l’innovazione nelle scienze della vita.
Laureata in Economia e commercio all’Università Bocconi, dopo le prime esperienze professionali nel campo del marketing in una multinazionale chimica, si è avvicinata al mondo del Technology Transfer: dallo sviluppo alla governance di modelli di incubazione di impresa, ha seguito le relazioni con il Ministero dello Sviluppo Economico (oggi Mimit) sull’emanazione della Legge 2012 che disciplina Startup innovative, PMI e incubatori certificati, e dal 2023 dirige la Fondazione ENEA Tech e Biomedical.
«Investire in Life Science – puntualizza – significa sostenere l’opportunità di rendere concreta e a disposizione del mercato l’innovazione, affinché prevenzione, terapia e cura del paziente consentano una migliore qualità di vita della persona e una migliore efficacia nella sua assistenza». E per favorire la creazione di valore dalla ricerca accademica, evidenzia l’importanza di far leva sulla collaborazione tra i diversi player dell’ecosistema.
«Attraverso un approccio open innovation e multidisciplinare, in grado di far evolvere e rendere sempre più performanti le tecniche e la medicina tradizionale, e altresì favorendo l’ottimizzazione della collaborazione tra tutti i soggetti esperti coinvolti nel settore – università, centri ricerca, case di cura, imprese, istituzioni – è possibile valorizzare il portato della nostra eccellente ricerca, l’efficacia della prevenzione e della diagnostica, la qualità della cura e dei luoghi di cura: non solo luoghi di ricovero ma anche domestici».
In questo contesto si colloca la missione della Fondazione Enea Tech Biomedical?
«Sì, in particolare con riferimento al Fondo Biomedico. La Fondazione è al servizio della valorizzazione del comparto biomedico italiano, potendo sostenere lo sviluppo, per fare alcuni esempi, di soluzioni farmaceutiche, dispositivi, sistemi di generazione, analisi e uso di dati, soluzioni diagnostiche innovative, modelli di cura digitale e personalizzata, soluzioni proposte da imprese, università e centri ricerca e anche iniziative di cui la Fondazione stessa con partner selezionati può farsi promotrice.
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, nostro Ministero vigilante, ha creato e messo a disposizione del Paese questa Fondazione e le sue risorse, che evidentemente sono funzionali a sinergie “spontanee” nei contenuti con altri contesti: salute, ricerca, sicurezza, difesa e anche attrattività nelle relazioni internazionali.
Investire in Life Science, dunque, per la Fondazione significa sollecitare e sostenere sinergie, aprire la lettura del settore all’investire nel bene comune, le persone. Non può essere un mero investimento speculativo, deve essere un investimento paziente, ambizioso, coerente a linee guida che il nostro Paese è chiamato a definire per valorizzare le scienze della vita come asset di riferimento non solo della nostra economia ma della cultura internazionale».
Quali le modalità di investimento di Enea Tech e Biomedical?
«Lo Statuto consente di operare con modalità differenti, sia nell’ambito degli interventi a valere sul Fondo Technology Transfer che sul Fondo Biomedico. Un’ulteriore opportunità è data dal poter essere non solo unico investitore ma dal poter compartecipare l’investimento con altri soggetti: Venture Capital, fondi di investimento, altri investitori istituzionali, imprese, soggetti nazionali ed esteri. Questo permette di calibrare sia il rischio, come è ovvio, ma ancor più di rispettare la vocazione dell’investitore rispetto alle sue attese, alle fasi del ciclo di vita in cui investe, alla possibilità di avvicendarsi affinché sinergicamente dalla ricerca si arrivi al mercato. Ricordiamo che questo contesto ha un ciclo di vita lungo e ad alto rischio, da cui la crescente attrattività per gli investors, ma a un valore assoluto inferiore rispetto ad altri settori. Non ci sono riferimenti prestabiliti nelle quote di partecipazione e nel loro valore per il Fondo Biomedico, e ciò ben si sposa con la valutazione singola che viene fatta delle richieste di investimento, la cui forbice è davvero molto ampia, basti pensare ai tempi e al valore della ricerca e messa sul mercato di una nuova o innovata soluzione».
Ma qual è la tipologia prevalente di intervento?
«La tipologia prevalente di intervento è quella in capitale di rischio (equity e quasi-equity) e strumenti di natura subordinata. Gli interventi di partecipazione possono, al loro termine, essere valorizzati e trasferiti a operatori di mercato, imprese, altri soggetti pubblici o privati che svolgono attività industriale o commerciale, secondo una logica di mercato. In quest’ ottica, la Fondazione si pone in modo funzionale al rafforzamento della catena del valore, agendo da catalizzatore e abilitatore di relazioni strategiche e progettuali».
Quali investimenti previsti per la Call to action Digital Health e Precision Medicine?
«La prima call to action della Fondazione, dedicata a Digital Health e Precision Medicine, è attualmente nella fase di definizione di termsheet con i 26 proponenti selezionati, di redazione di due diligence economico finanziarie, scientifiche e legali per la proposta di investimento che verrà avallata dal Consiglio Direttivo e approvata dal Ministero vigilante.
Di recente, si è chiuso anche il primo avviso pubblico afferente al Fondo Technology Transfer, sul tema declinato in tecnologie di innovazione assistita e nutrizione, rilevando peraltro in quest’ultima anche un legame con le scienze della vita».
Per accelerare l’innovazione nel settore e dare una spinta propulsiva al sistema imprenditoriale, dunque, Fondazione ENEA Tech e Biomedical promuove sinergie con altri partner e investor. In questo contesto si colloca l’accordo di collaborazione con Indaco Venture Partners SGR?
«Lo sviluppo di tecnologie abilitanti e settori strategici – non ultimo il biotech – rappresenta una sfida chiave per il sistema Paese, che può essere vinta solo attraverso un’azione corale. Per questo nel contesto biomedico, la Fondazione può lavorare in sinergia con i principali investor a livello nazionale. In quest’ottica, ha stretto i primi accordi strategici con investitori istituzionali e privati, tra cui Indaco SGR, mirando a un’azione di intervento potenziata e di sistema, grazie alla quale l’investimento pubblico e quello privato generano un reciproco effetto leva. Gli accordi prevedono la valutazione di opportunità di co-investimento attraverso la condivisione delle finalità degli interventi per cui lo stesso è richiesto, la condivisione di documenti e informazioni utili ai fini della valutazione quali due diligence tecnologiche, scientifiche, economico finanziarie e legali. Gli accordi con i partner favoriscono inoltre opportunità di networking all’interno dell’ecosistema del Venture Capital, così da sostenere le iniziative nel loro intero ciclo di vita».