Payback per i dispositivi medici: confermato dalla Corte Costituzionale.
«La pronuncia della Corte Costituzionale sul meccanismo del payback sui dispositivi medici versa un intero comparto e tutta la filiera italiana del settore in una crisi irreversibile. Aspettavamo dalla Corte costituzionale una sentenza di merito, che non è arrivata e riteniamo che questo sia un fatto grave». Così Nicola Barni, Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, commenta le sentenze n. 139 e n. 140 della Corte Costituzionale relative alla legittimità del rimborso richiesto alle aziende biomedicali produttrici di dispositivi medici per rientrare degli sforamenti delle spese sanitarie regionali, dal 2015 al 2022. Una normativa che lede gli interessi della cittadinanza e dell’industria, secondo gli addetti ai lavori.
La Corte ha rilevato che il payback presenta di per sé diverse criticità, ma non risulta irragionevole ponendo un contributo solidaristico al fine di assicurare la dotazione di dispositivi medici necessaria alla tutela della salute in una situazione economico-finanziaria di grave difficoltà.
«Secondo la Corte, il payback sui dispositivi medici è un “fondo sociale” e costituisce un “contributo di solidarietà” giustificato dall’inadeguatezza del finanziamento del SSN e da una situazione economico-finanziaria di grave difficoltà; questa è un’interpretazione molto distorta.
Non deve essere l’industria a farsi carico dell’inadeguatezza del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. È proprio la sentenza della Corte che sottolinea i limiti e le criticità del meccanismo del payback e l’inadeguatezza del finanziamento del Sistema sanitario nazionale, confermando la necessità che il legislatore ponga definitivamente rimedio a una situazione strutturale che non può limitare la libertà d’impresa e condizionare le scelte imprenditoriali.
Con questa sentenza non si è considerato che “per la necessità di garantire l’efficienza del SSN” le imprese potrebbero fallire o ritirarsi dal mercato pubblico e non essere in grado di provvedere alle forniture con conseguenze gravi sulla capacità del sistema di garantire la tutela della salute dei pazienti».
Nel 2011 il Governo Berlusconi introduce un limite massimo alla spesa sanitaria per l’acquisto di dispositivi medici e poi nel 2015 il Governo Renzi stabilisce che parte dello sforamento del tetto di spesa sia a carico delle aziende fornitrici. Di fatto, quali aziende sono chiamate in causa e quali gli effetti?
«Gran parte delle imprese non solo saranno nell’impossibilità di sostenere il payback richiesto dalle regioni, ma saranno costrette ad avviare procedure diffuse di mobilità e licenziamento, ad astenersi dalla partecipazione a gare pubbliche e, in molti casi, a interrompere la propria attività in Italia.
Parliamo di un intero settore di eccellenza, con una capacità di innovazione riconosciuta al livello internazionale, che conta 4.641 aziende e 117.607 dipendenti, e genera un mercato di oltre 18 miliardi di euro.
La filiera industriale dei dispositivi medici è un asset strategico per lo sviluppo del Paese perché genera PIL e competitività nazionale».
Si parla di miliardi di euro chiesti alle aziende per il triennio 2015-2018, e per i rimborsi dovuti nel triennio successivo, tra il 2019 e il 2022. Riusciamo a quantificare?
«Secondo il nostro Centro studi le imprese del settore a dicembre 2024, oltre alle tasse ordinarie, dovranno pagare con lo sconto del 48% 1,2 miliardi di euro tra pregresso del payback 2015-2018 e tassa sul fatturato. E nel 2025 dovranno sostenere il pregresso del payback 2019-2022 e la tassa sul fatturato per l’anno successivo, non ancora quantificabili. Pertanto, si chiede alle imprese del settore di far fronte a una spesa monstre che andrà a intaccare gli utili delle imprese, generando una crisi senza precedenti».
Ora, che fare?
«Ora Confindustria Dispositivi Medici chiede con urgenza al Governo l’immediata convocazione e costituzione di tavoli per gestire la crisi del comparto.
Un primo segnale è arrivato dall’incontro con il Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, che si è impegnato a convocare a breve un tavolo di lavoro sul tema affinché si intervenga da subito per contenere i disastrosi effetti economici, occupazionali e sociali conseguenti alla sentenza».