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AI Act, Scorza (GPDP): «Le regole sono garanzia di diritti e libertà, non bloccano il progresso»

Perché ne stiamo parlando
Con l’approvazione dell’AI Act, l’UE è prima al mondo a porre limiti all’utilizzo dell’AI e a scrivere un diritto forte di tutele per i cittadini.
Molte aree di impiego restano ancora escluse dal Regolamento. La strada da percorrere è ancora lunga. Privacy e sicurezza dei cittadini e salute: quanto sono a rischio?

AI Act, Scorza (GPDP): «Le regole sono garanzia di diritti e libertà, non bloccano il progresso»
Guido Scorza, Componente del Garante per la protezione dei dati personali (GPDP)

«Le regole normalmente sono garanzia di diritti e libertà. Non servono per vietare, bloccare o paralizzare il progresso ma per garantire sostenibilità dell’impatto di qualsiasi tipo di innovazione, in questo caso tecnologica, sulla società». Sono le parole di Guido Scorza, Componente del Garante per la protezione dei dati personali (GPDP) sull’AI Act, la prima legge al mondo che regola l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, approvata all’unanimità il 2 febbraio scorso dal Consiglio Europeo. «Quanto questo contributo sarà determinante lo vedremo necessariamente negli anni che verranno». Si tratta ancora di un piccolo passo. La strada da percorrere è ancora lunga.

AI Act: una battaglia in cui l’Europa detiene un primato mondiale. Negli Stati Uniti, infatti, non esiste una legge federale approvata dal Congresso per regolamentare l’AI. L’Europa può ritenersi soddisfatta?

«Sì, nel senso che è stato importante porsi dei problemi per cercare un compromesso sulla governance dell’intelligenza artificiale. Quando si parla di fenomeni così complessi non è mai una gara di velocità ma vince chi trova le soluzioni migliori: chi passa dall’affermazione del principio all’identificazione delle scelte più efficaci. In questo caso, garantire uno sviluppo sostenibile dei servizi basati sull’intelligenza artificiale».

Adesso cosa dobbiamo aspettarci?

«Guai a sentirsi arrivati da qualche parte. Ora bisogna mettere a terra le regole e dimostrare che sono utili: si deve massimizzare l’utilità collettiva».

L’IA Act non è stato ancora approvato in via definitiva dal Parlamento. Il percorso sarà lungo?

«Anche se l’approvazione dovesse avvenire nelle prossime settimane, ci sarà comunque un periodo piuttosto lungo che separerà l’entrata in vigore dell’AI Act dalla sua diretta applicazione in tutti i paesi dell’Unione Europea. Nel frattempo, molte cose accadranno nell’universo dell’intelligenza artificiale. Prima di esprimere giudizi ottimistici attenderei di vedere il regolamento in azione nei singoli territori, sia dentro che fuori l’Unione Europea. Una delle fasi più importanti è la sua applicabilità extraterritoriale a chi voglia fornire servizi di intelligenza artificiale. In questo momento non basta dire che siamo arrivati per primi, c’è bisogno di poter dire che siamo arrivati bene. Ancora, però, è troppo presto».

Nei prossimi anni la pubblica amministrazione giocherà un ruolo importante. È pronta? E in che modo può e deve recepire questa nuova normativa?

«Credo che nessuno sia pronto all’impatto dell’intelligenza artificiale sulla società. Non siamo mai pronti a nessuna innovazione tecnologica, altrimenti non la chiameremmo innovazione. Deve sorprenderci. Normalmente l’uomo non è sorpreso da ciò che è preparato a vedere ma da ciò che è impreparato a vedere o a ritrovarsi davanti. Quindi, la sorpresa è la prova migliore dell’impreparazione: dal singolo cittadino o cittadina al mercato, compresa la pubblica amministrazione. La PA avrà un ruolo determinante, intanto di esempio: come la necessità di riconoscere un ruolo centrale all’etica nell’uso dell’intelligenza artificiale e la consapevolezza dell’esigenza di porre dei limiti. La pubblica amministrazione, inoltre, è un player di mercato straordinario: è un acquirente di soluzioni, di dispositivi e di servizi basati sull’intelligenza artificiale. Forse il tema della sovranità algoritmica in un mondo che cambia è uno dei temi scottanti che la pubblica amministrazione ha sul tavolo e attraverso il quale potrà esercitare in maniera piena il suo ruolo».

Esiste il rischio che il valore prodotto dallo sfruttamento dei dati resti concentrato nelle mani di pochissimi e produca una serie pericolosa di effetti restrittivi della concorrenza e delle libertà in generale?

«Sì, è un rischio che esiste. La maggior parte dei dati oggi è nelle mani dei cosiddetti “oligopolisti dei dati”: le Big Tech. Hanno capito molto bene quanto siano centrali e importanti nella vita di ognuno di noi».

Quanto può incidere questo fenomeno nel settore sanitario?

«Moltissimo. In assenza di un’inversione di tendenza rilevante, in termini di medicina predittiva, per esempio, le Big Tech avranno più chance di realizzare centri di ricerca di eccellenza nazionali o internazionali. Nel corso degli anni esse hanno accumulato un patrimonio informativo sui singoli individui enorme. Grazie a questo patrimonio, dato in pasto all’algoritmo giusto, e grazie alla enorme capacità di calcolo della quale dispongono, possono aprire enormi confini verso una diagnostica sempre più tempestiva, predittiva e preventiva».

In futuro si potrebbe pensare a un AI Act mondiale?

«È verosimilmente difficile, per quanto inesorabilmente utile, immaginarci una cessione di sovranità del singolo Stato. Si tratterebbe di abrogare le leggi nazionali e scrivere una sola legge che governi in tutto il mondo la vita delle persone. L’intelligenza artificiale non sarà nel breve periodo la specialità, sarà un pezzo dell’infrastruttura globale nella quale vivremo immersi: dalla relazione personale a quella di mercato, dalla vita lavorativa a quella democratica, dall’educazione alla formazione. Tutti i paesi saranno impattati dall’intelligenza artificiale. Quindi, si dovrebbe approvare una legge destinata a governare il mondo. Non credo ci siano le condizioni in questo momento storico. Forse non ci saranno mai».

In che modo l’intelligenza artificiale sta cambiando e come cambierà in futuro la sicurezza e la privacy di un cittadino o una cittadina?

«L’intelligenza artificiale è ormai presente nelle nostre vite da diverso tempo e ci resterà per molto tempo. Sono tante le scelte che compiamo ogni giorno, dalle più banali alle più importanti, che in maniera consapevole o non consapevole sono già oggi dettate da sistemi di intelligenza artificiale. È un impatto che inesorabilmente produce e produrrà effetti sia positivi che negativi. Ma questo è accaduto per qualsiasi innovazione. Di norma il saldo dell’impatto dell’innovazione sulla società è un saldo positivo, anche se non lo si registra nei primi giorni o nei primi anni. Piuttosto, dobbiamo capire come investire sull’intelligenza artificiale e come questa può migliorare la vita di ciascuno di noi e la collettività nel suo complesso».

Eccellenza e fiducia: questo l’approccio dell’UE all’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di rafforzare la ricerca e la capacità industriale, garantendo nel contempo la sicurezza e i diritti fondamentali. Il modo in cui ci avviciniamo all’intelligenza artificiale definirà il mondo che viviamo nel presente e che vivremo nel futuro. C’è bisogno di un’Europa resiliente dal punto di vista digitale nei prossimi anni e soprattutto imprese e cittadini devono poter beneficiare dei vantaggi dell’AI, sentendosi sicuri e protetti.

Il 21 marzo si terrà BIDAP – Big Data e Privacy Health Forum, l’evento che vuole affrontare le criticità collegate alla legge sulla privacy, cercando soluzioni concrete al fine di usare in modo compliant e costruttivo i dati in sanità.
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Keypoints

  • Lo scorso 2 febbraio è arrivato il via libera dei paesi UE sull’AI Act (primo testo di legge al mondo sull’intelligenza artificiale)
  • La votazione finale prevista per il primo testo al mondo che intende regolamentare l’AI è prevista per il 24 aprile 2024
  • Guido Scorza è Componente del Garante per la protezione dei dati personali (GPDP)
  • Molte sono le sfide che il settore sanitario deve affrontare con lo sviluppo e la diffusione dell’AI
  • In futuro servirà capire in che modo investire sull’AI e come questa può migliorare la vita di ogni cittadino e cittadina
  • Nei prossimi anni imprese e cittadini devono poter beneficiare dei vantaggi dell’IA, sentendosi sicuri e protetti

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