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Adoperare l’AI per umanizzare la medicina

Perché ne stiamo parlando
Può sembrare un paradosso, utilizzare l’intelligenza “artificiale”, della quale tanto si parla in termini etici e sociali, per restituire valore al rapporto medico – paziente.

Adoperare l’AI per umanizzare la medicina
Massimo Mangia, Esperto di Sanità Digitale

La medicina è uno dei campi di applicazione dell’intelligenza artificiale (AI) che suscita maggiore interesse e apprensione allo stesso tempo. Ci sono molte aspettative sul contributo che l’AI può fornire nel supporto ai medici per migliorare la loro capacità diagnostica e terapeutica sino a ipotizzare, un domani non poi tanto lontano, di sostituire gli esseri umani nello svolgimento di alcuni compiti. Non a caso si confrontano le performance degli algoritmi di AI con le prestazioni dei medici e, talvolta, i risultati che si ottengono mostrano la supremazia dei primi sui secondi. Tra le ragioni per le quali l’AI non potrà mai sostituire i medici in carne ed ossa viene spesso citata l’empatia, una caratteristica prettamente umana che difetta invece alle macchine. Bisogna però ammettere che non tutti i medici sono empatici ma teniamo da parte questa considerazione e cerchiamo invece di comprendere quale ruolo può avere l’AI nella medicina.

Semplificando possiamo affermare che ci sono due obiettivi che si possono perseguire con l’AI:

  1. Realizzare strumenti digitali per supportare o potremmo anche dire “aumentare” la capacità diagnostica o terapeutica dei medici, intervenendo sul loro processo decisionale attraverso suggerimenti e informazioni provenienti dalla letteratura scientifica – linee guida, protocolli, studi di ricerca, etc.. – o dall’analisi di casi simili – procedimento empirico. Rientrano in questa categoria i Clinical Decision Support System e, più in generale, qualsiasi software diagnostico o di supporto alla terapia. In questo caso potremmo dire che l’AI “gioca a fare l’assistente” in grado di fornire una prima o una second opinion al medico che ha comunque l’onere e la responsabilità delle scelte e delle azioni che riguardano il paziente. L’obiettivo finale è di migliorare l’efficacia delle cure e la loro sicurezza.
  2. Realizzare strumenti digitali per sostituire medici e infermieri nello svolgimento di alcuni compiti a bassa complessità e rischiosità, ad esempio nel fornire spiegazioni ai pazienti sulle loro condizioni cliniche, sul significato dei loro esami, sulle modalità di gestire un follow-up ospedaliero o una patologia cronica, su stimolare e sensibilizzare le persone sui rischi per la salute e gli stili di vita. Rientrano in questa categoria anche compiti più semplici o amministrativi come prenotare un esame, pagare un ticket, avere informazioni su come accedere ai servizi sanitari e così via che riguardano però il personale amministrativo e ausiliario delle aziende sanitarie. In questo caso potremmo dire che l’AI “gioca a fare il dottore o l’infermiere”, così da sostituirli nei compiti più semplici. È questo il caso che desta più preoccupazione sia in termini di sicurezza, sia in termini di empatia e di disumanizzazione della medicina.

I sistemi che rientrano nella prima categoria diventano a tutti gli effetti “software come dispostivi medici” e, come tali, devono essere oggetto di certificazione secondo le normative europee (MDR), di norma nelle classi di rischio II o III che comportano la presenza di un ente terzo che sovrintende e rilascia il certificato. Questo processo è lungo – almeno 12 – 18 mesi – e costoso.

I secondi che spesso hanno le sembianze di chatbot, portali web, app, sono di norma considerati di rischio minore – classe I – e come tali soggetti a un processo di autocertificazione del produttore che è molto più veloce e semplice rispetto a quelli di classe superiore. Molto spesso, per la generazione dei contenuti, si impiegano modelli di AI generativa come, ad esempio, ChatGPT, Gemini e altri.

Ma torniamo al titolo di questo articolo, come può l’AI contribuire a rendere addirittura più umana la medicina? Non abbiamo detto che l’AI non possiede empatia – anche se, ad essere precisi, ci sono esempi che smentiscono questa affermazione?

Per rispondere alla curiosità che spero di aver suscitato bisogna introdurre una terza categoria di obiettivi che l’AI può aiutarci a perseguire:

  1. Utilizzare le tecnologie di AI per semplificare la modalità di utilizzo dei software e automatizzare alcuni compiti che oggi richiedono l’intervento degli utenti – medici e infermieri. L’obiettivo finale è di far risparmiare tempo agli utenti e richiedere loro meno attenzione nell’interazione con il sistema informativo.

La digitalizzazione della medicina, la sempre maggiore quantità di informazioni che sono disponibili, hanno provocato un aumento sensibile del tempo che medici e infermieri impiegano nella consultazione e la compilazione di dati, ossia del tempo che passano interagendo con il computer. Più spinta è la digitalizzazione, più tempo questa assorbe. Oggi la metà del tempo dei medici e degli infermieri che lavorano in strutture dove la digitalizzazione è avanzata è assorbita dall’interazione uomo – computer.

A chiunque di voi sarà capitata l’esperienza di stare di fronte al medico che ha la testa rivolta allo schermo e parlare con lui con la spiacevole e frustrante sensazione di non essere ascoltati, di non ricevere la dovuta attenzione. Malgrado i progressi della tecnologia, le interfacce dei sistemi clinici sono ancora basate su schermo, tastiera – fisica o virtuale – e sul mouse. A differenza delle automobili, nelle quali abbiamo oggi sistemi di proiezione delle immagini sul parabrezza anteriore – Head Up Display – e comandi vocali con cui possiamo attivare delle funzioni o ascoltare ad esempio messaggi e comunicazioni che arrivano sullo smartphone, l’informatica medica è rimasta a circa venti anni fa.

I software poi sono dei “contenitori passivi di informazioni”; sono i medici e gli infermieri che devono trovare ciò di cui hanno bisogno, senza alcun aiuto. Non c’è alcun supporto per dare priorità a ciò che è urgente o importante, né suggerimenti su come comportarsi. Tornando all’esempio delle auto (o degli smartphone), è come avere un navigatore che mostra soltanto la mappa, senza indicare il percorso, il traffico, i suggerimenti sui percorsi alternativi.

L’AI può invece contribuire a rendere i software “intelligenti” e “utili”, nonché a renderli più semplici da utilizzare, senza la necessità di avere lo sguardo sullo schermo e le mani impegnate sulla tastiera e sul mouse. In altre parole, a realizzare una cartella clinica elettronica in grado di ricevere comandi vocali e pronunciare le risposte alle domande. Qual è la pressione del sangue di Mario Rossi? L’ultimo valore della pressione di Mario Rossi, rilevato alle 9:54 di oggi, è di 90 / 140. Medici e infermieri che potrebbero indossare una cuffietta con microfono e dialogare con il software.

Ancora il software potrebbe registrare la conversazione medico – paziente ed estrarre i concetti più importanti, aggiornando di conseguenza la cartella clinica. Insomma, semplificare, far risparmiare tempo a medici e infermieri evitando loro di fare i dattilografi, restituendogli dignità professionale e possibilità di curare il rapporto con i loro pazienti.

Non è fantascienza, sono tutte cose possibili con le tecnologie di oggi. Il mio suggerimento a medici e infermieri, visto che i produttori di software non lo fanno da soli, è di spiegare voi a costoro che AI vi serve, per cosa. Perché siamo noi che dobbiamo, come si fa con ogni nuova tecnologia, comprendere come utilizzarla e con quale obiettivi.

L’AI non è, per voi, una minaccia ma, se correttamente indirizzata, un utile alleato per lavorare meglio, in condizioni più umane.

 

Massimo Mangia

Esperto di Sanità Digitale, editore di SaluteDigitale.blog

Keypoints

  • La medicina è uno dei possibili campi di applicazione dell’intelligenza artificiale
  • Gli obiettivi perseguibili con l’AI sono tre: la realizzazione di strumenti digitali per supportare la capacità diagnostica o terapeutica dei medici oppure per sostituire medici e infermieri nello svolgimento di alcuni compiti a bassa complessità
  • La terza consiste nell’utilizzo delle tecnologie di AI per automatizzare alcuni compiti che oggi richiedono l’intervento degli utenti
  • Questo porterebbe a un notevole risparmio di tempo per medici e infermieri
  • L’AI potrebbe semplificare l’utilizzo dei software

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