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Chemio sì, chemio no? L’AI può aiutare nella scelta della terapia per il tumore al seno

Perché ne stiamo parlando
Utilizzare l’intelligenza artificiale per “leggere” le immagini diagnostiche e, senza bisogno di esami invasivi e costosi, indirizzare il professionista nella scelta della terapia più adatta. Questa la sfida del progetto Peerad, assegnato dal ministero della Salute all’Istituto Tumori di Bari.

Chemio sì, chemio no? L'AI può aiutare nella scelta della terapia per il tumore al seno
Annarita Fanizzi, prima ricercatrice progetto Peerad

L’intelligenza artificiale strumento di supporto per la scelta della terapia più adatta per le donne con tumore alla mammella. Un sistema innovativo in grado di non compromettere il percorso di cura del paziente. Non solo. Permette di abbattere la spesa sanitaria. È l’obiettivo del progetto Peerad – PrEdicting Endopredict score with RADiomics, assegnato dal ministero della Salute all’Istituto Tumori di Bari: su 403 progetti di ricerca presentati nella tipologia progettuale “Giovani ricercatori under 40”, 123 sono stati ammessi al finanziamento e solo quattro nel sud Italia. Ne abbiamo parlato con Annarita Fanizzi, prima ricercatrice del progetto.

Non tutti i malati oncologici hanno bisogno di chemioterapia. In che senso?

«Per alcuni tipi di tumore alla mammella, ad esempio, le pazienti non traggono benefici da questo tipo di terapia e quindi è possibile evitare loro gli effetti collaterali di queste cure. Non è sempre semplice per l’oncologo scegliere la terapia più efficace e meno aggressiva, un aiuto fondamentale può essere dato quindi dall’intelligenza artificiale. L’algoritmo messo a punto interpreta le immagini diagnostiche e di digital pathology, senza la necessità di esami invasivi e costosi, aiuta il medico nella scelta della terapia.

Su quale tipologia di tumore alla mammella vi state concentrando?

«Su un gruppo di pazienti con tumore early stage della mammella ormono-responsive HER2 negativo, con un rischio clinico intermedio di ricaduta della malattia. È un tumore che risponde bene a terapie ormonali e che tende a essere poco aggressivo e a non sviluppare nel tempo recidive. In questi casi per scegliere se prescrivere o meno i cicli di chemioterapia da aggiungere all’ormonoterapia, l’oncologo utilizza un test genomico per avere indicazioni più specifiche sulla prognosi e sulle possibili risposte terapeutiche alla chemio. I test genomici sono costosi e vengono eseguiti su tessuto tumorale asportato. L’idea di base dello studio è che, prima di indirizzare le pazienti verso il test genomico, il medico possa usufruire dell’intelligenza artificiale per orientare le sue scelte terapeutiche. Questo sistema di supporto alle decisioni terapeutiche è uno strumento innovativo in grado di abbattere la spesa sanitaria senza compromettere il percorso di cura del paziente».

Quanto è stato finanziato per il progetto e come si sviluppa?

«In totale è stato finanziato con 396mila euro. E durerà tre anni. Il progetto nasce in senso al laboratorio di biostatistica e bioinformatica dell’IRCCS “Giovanni Paolo II” di Bari, coordinato dall’attuale vicedirettore scientifico, Raffaella Massafra. Oltre alla sottoscritta, hanno partecipato alla definizione dell’idea progettuale l’oncologo Alessandro Rizzo e Davide Quaresmini, afferenti all’Istituto Tumori e al radiologo Michele Telegrafo, afferente all’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Bari».

In termini di abbattimento di spesa sanitaria, quanto può incidere questo sistema innovativo?

«L’abbattimento dei costi è principalmente legato al sistema sanitario. Il decreto 18 maggio 2021 del ministero della Salute, pubblicato in Gazzetta Ufficiale a luglio 2021, ha reso i test genomici rimborsabili in tutta Italia per le pazienti con tumore del seno in fase iniziale responsivo alle terapie ormonali e negativo per HER2. Nonostante ciò, al sistema sanitario rimangono dei costi vivi. Dipende dalla tipologia del test genomico, il costo di un test genomico è dell’ordine delle migliaia di euro. Se viene effettuato in loco ha un costo, se viene inviato alla casa madre ha un costo più elevato. Solo nel 2021, nel nostro istituto ne abbiamo effettuati circa cinquanta».

Oltre all’aspetto economico, c’è anche quello che riguarda la cura del paziente. Quali sono i benefici?

«Prima di tutto, avere un responso in tempi più ristretti rispetto a un test genomico. Questo modello può essere implementato in istituti che non dispongono di un laboratorio attrezzato: un fattore importante per amplificare il bacino di utenza dei pazienti che possono essere soggetti a questo tipo di valutazione. Peraltro, il decreto ministeriale impone che siano le Breast Unit deputate all’esecuzione ed alla valutazione dei test genomici. Di conseguenza, non tutti i centri di cura dispongono di un team dedicato e multidisciplinare. Quindi, si può garantire uno standard di cura di più ampio respiro».

A quali altri tipi di tumore, in futuro, si potrebbe applicare il sistema innovativo?

«Il sistema innovativo oggetto del finanziamento del ministero, può essere applicato solo a questa tipologia di tumore perché strettamente legato a dei criteri di eleggibilità. Tuttavia, il workflow di analisi che si andrà a sviluppare potrebbe essere spesso in futuro anche per predire il risultato di altri test multigenici per altre patologie oncologiche».

A proposito di nuove tecnologie, quanto saranno determinanti i Big data per la ricerca scientifica del futuro?

«Molto. Sono già in corso diversi progetti di ricerca nazionali e internazionali con l’obiettivo di definire delle piattaforme di raccolta di dati che permettono di raccogliere in maniera multicentrica le informazioni essenziali per alimentare questi sistemi. Ormai è noto che rappresenta un’esigenza per tutta la comunità scientifica. Il flusso di dati generato dalla pratica clinica genera una mole di dati non indifferente anche grazie all’emergente digital patology che ha il potenziale per offrire un prezioso contributo alla definizione di accurati modelli predittivi».

I prossimi step?

«Stiamo procedendo alla raccolta di dati e all’ampliamento della rete dei partecipanti al progetto con lo scopo di avere maggiori dati e più variabilità del fenomeno. Quindi, procederemo all’analisi dei dati e alla validazione del sistema di supporto. Peraltro, in fase progettuale era stata valutata anche la possibilità di ampliare il progetto ad altri test genomici».

I dati clinici e i dati delle immagini ecografiche, lette e “interpretate” da sofisticati software possono “predire” le risposte terapeutiche e, in particolare, possono fornire una stima del beneficio associato alla chemioterapia. Grazie all’AI il medico aiutato e guidato nelle scelte terapeutiche, con molti benefici: abbattimento dei costi della spesa sanitaria e cure verso percorsi sempre più personalizzati e, quindi, sempre più efficaci, meno aggressivi e con meno effetti collaterali.

Keypoints

  • L’idea alla base del progetto Peerad è che intelligenza artificiale e digital pathology possono aiutare il medico oncologo a scegliere la terapia giusta per ogni singolo paziente
  • È stato finanziato dal ministero della Salute all’Istituto Tumori di Bari
  • Su 403 progetti di ricerca presentati nella tipologia progettuale “Giovani ricercatori under 40”, 123 sono stati ammessi al finanziamento e solo quattro nel sud Italia
  • I dati clinici e i dati delle immagini ecografiche, lette e ‘interpretate’ da sofisticati software possono ‘predire’ le risposte terapeutiche e, in particolare, possono fornire una stima del beneficio associato alla chemioterapia
  • Il progetto di ricerca aiuta e guida il medico nelle scelte terapeutiche, abbatte i costi della spesa sanitaria e orienta le cure verso percorsi sempre più personalizzati e quindi sempre più efficaci, meno aggressivi, con meno effetti collaterali

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