«La carenza di personale qualificato in sanità non può essere superata dalle piattaforme digitali. Bisogna riorganizzare i servizi. Per esempio, si sta pensando a figure professionali di collegamento o scavalco: penso agli infermieri o agli OSS, che possono avere molte competenze da mettere in campo».
A parlare è Lisa Leonardini, dal 2010 coordinatrice tecnica del ProMIS (Programma mattone internazionale salute), intervenuta nelle scorse settimane al convegno “L’internazionalizzazione del SSR: nuove sfide per una sanità dinamica”, svolto a Palermo. «Secondo alcuni dati recenti oggi mancano medici ma tra qualche anno ce ne saranno anche troppi», aggiunge la Coordinatrice del ProMIS per la Regione del Veneto.
Se non c’è un problema legato alla mancanza di medici, dove bisogna ricercare la causa?
«È più un problema di infermieri e di OSS. Si sta lavorando molto sulle figure professionali che possano operare in quei limbi tra gli ospedali e gli ambulatori, ad esempio a casa. E i servizi di telemedicina vanno proprio in questa direzione. L’obiettivo non è sostituire il personale qualificato, bensì migliorare i processi di presa in carico ed efficientarli. L’aspetto fondamentale è avere professionisti che non solo siano preparati dal punto di vista tecnologico, ma che siano anche culturalmente pronti alle nuove sfide tecnologiche. Per quanto riguarda i medici, cambia poco».
In che senso?
«I medici già lavorano in contesti multidisciplinari, in cui si applicano le nuove tecnologie. Penso ai nuovi percorsi diagnostici, o agli strumenti o alle prese in carico. Parliamo di ambiti multidisciplinari».
Dal 2010 è coordinatrice tecnica del ProMIS: quanto sono importanti oggi le piattaforme nel divulgare sul territorio nazionale le politiche comunitarie e le possibilità di accesso ai programmi europei e internazionali per la salute, la ricerca e l’innovazione?
«Rappresentano un luogo fondamentale nel quale si possono trovare informazioni sui framework internazionali rispetto alla digital health, quali sono le tendenze, le necessità e lo stato dell’arte di alcuni stati membri rispetto ad altri. Questo significa bandi e opportunità finanziarie per gli Stati membri. Quindi, a cascata per le organizzazioni pubbliche e private. Grazie a un progetto europeo, per esempio, è stata definita una strategia nazionale per il digital upskilling del personale sanitario e sociosanitario.
Il professionista avrà l’opportunità di autovalutare le proprie competenze in base al ruolo che ricopre nella propria organizzazione e all’età anagrafica. In questo modo potrà definire i gap da colmare. A breve, inoltre, sarà pubblicata, a cura del ministero della Salute, una piattaforma in Italia che ha come focus l’informazione e la formazione nell’ambito della telemedicina rivolta a utenti e professionisti. Ho già visto una preview e penso sia uno strumento molto importante».
In cosa consiste nello specifico?
«È un portale che racconta, in modo semplice, cos’è la telemedicina e quali sono i servizi associati a essa, in collegamento con la piattaforma nazionale sulla telemedicina che in questi mesi sta realizzando Agenas. Quindi, uno strumento interoperabile».
Quanto è importante offrire una piattaforma informativa istituzionale sia per i professionisti che per gli utenti?
«Il concetto istituzionale è fondamentale quando si parla di salute. Quotidianamente vediamo di tutto sui social. Quindi, avere una piattaforma in cui le istituzioni si assumono la responsabilità di dare determinate comunicazioni è importante. Questo faciliterà anche un approccio diverso ai servizi. Chiaramente ci saranno differenze tra una regione e l’altra».
In che modo le piattaforme italiane ed europee stanno accelerando le innovazioni per quanto riguarda l’ambito terapeutico e della diagnosi precoce?
«Per quanto riguarda, per esempio, l’aspetto dei fondi, attualmente ci sono in piedi molte iniziative, ma con poco impatto a livello territoriale. A volte, però, c’è una sovrapposizione di iniziative. Ci sono cose già fatte ma non si sa nulla perché c’è poca comunicazione. Inoltre, c’è poca implementazione dei risultati dei progetti sui territori. Passando alle iniziative verticali, se parliamo di iniziative di sistema che riguardano la policy, c’è un grande orientamento sul tema dei dati sanitari, in particolare sull’uso dei dati sanitari primari. Un fattore che riguarda anche il fascicolo sanitario elettronico, ma non solo».
Uso secondario dei dati: a che punto siamo?
«Anche qui i cittadini e le cittadine sono disinformati. I dati ci aiutano a fare ricerca, quindi a programmare interventi futuri e migliorare i sistemi sanitari. C’è un regolamento sull’uso secondario dei dati. L’Italia sta lavorando pienamente attraverso anche iniziative finanziate dalla Commissione, proprio quelle congiunte, quelle negoziate direttamente con la Commissione. Quello che scontiamo è il tema della privacy».