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Comitati etici territoriali: funzioni e criticità

Perché ne stiamo parlando
A un anno dall’istituzione della nuova rete di comitati etici territoriali facciamo il punto con Carlo Maria Petrini, Presidente del Centro di coordinamento nazionale dei Comitati etici territoriali per le sperimentazioni cliniche sui medicinali per uso umano e sui dispositivi medici.

Comitati etici territoriali: funzioni e criticità

Sono 40 i comitati etici territoriali previsti dalla Legge 11/2018 e istituiti con decreto del Ministero della Salute nel 2023.
Entrato in vigore la scorsa estate, il decreto istituisce la nuova rete dei comitati etici territoriali, «ma ad oggi ne risultano operativi solo 36» precisa Carlo Maria Petrini, citando i dati del Rapporto del Centro di coordinamento nazionale dei Comitati etici territoriali (scarica il documento qui).
Carlo Maria Petrini è Direttore dell’Unità di Bioetica dell’Istituto Superiore di Sanità e Presidente del Centro di coordinamento nazionale dei Comitati etici territoriali per le sperimentazioni cliniche sui medicinali per uso umano e sui dispositivi medici.

Istituito presso l’AIFA, ma organismo indipendente, al Centro compete il coordinamento e il monitoraggio delle attività di valutazione degli aspetti etici relativi alle sperimentazioni cliniche sui medicinali per uso umano e sui dispositivi medici demandate ai comitati territoriali, a garanzia dell’omogeneità delle procedure e del rispetto dei termini temporali.

I comitati etici territoriali

I comitati etici territoriali hanno competenza esclusiva su tre tipologie di studi: le sperimentazioni cliniche su medicinali a uso umano, le indagini cliniche su dispositivi medici, e gli studi osservazionali farmacologici.

«I 40 comitati etici territoriali – precisa Petrini – sono le uniche strutture abilitate a valutare questo tipi di studi, ma hanno competenza anche su studi di altro tipo: per esempio osservazionali non farmacologici, diagnostici, epidemiologici…».

Da dove nasce il concetto di esclusività? Petrini ci aiuta a inquadrare la questione. «Fino allo scorso anno avevamo in Italia 90 comitati etici, ora la normativa ne prevede 40 che, di fatto, non sono la prosecuzione dei vecchi organismi di controllo. A differenza dei precedenti comitati etici territoriali, sono sradicati dalla struttura di riferimento: cioè, non esiste il comitato etico del singolo policlinico o della singola azienda universitaria. Hanno la sede presso una struttura ospedaliera, ma sono indipendenti e svolgono la loro funzione in rete». Se a questo punto vi steste chiedendo «cosa ne è dei restanti 50 comitati etici territoriali?», Petrini chiarisce in questo modo.
«La norma prevede che possano continuare a operare per le funzioni non delegate in via esclusiva alla nuova rete dei comitati etici territoriali e purché abbiano il nulla osta delle rispettive Regioni. Ma di fatto, solo Puglia e Sardegna ne hanno mantenuti rispettivamente 2 e 6».

I comitati etici territoriali sono dunque organismi indipendenti, che hanno la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere delle persone in sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di tale tutela.
Come lavorano? Parlando di ricerca e sperimentazione clinica dei farmaci, il sistema attuale, gestito a livello di Unione Europea, prevede una piattaforma unica per tutti gli Stati membri: il Clinical Trial Information System (CTIS). «Ai comitati etici compete il rilascio delle autorizzazioni per l’esecuzione degli studi nell’ambito della piattaforma europea. Di fatto, la nuova rete dei comitati etici territoriali nasce proprio in seguito all’applicazione del regolamento europeo 536/2014 che prevede che tutte le sperimentazioni debbano essere gestite attraverso il CTIS. È diventato quindi prioritario avere comitati attrezzati per gestire questo nuovo sistema. Lo stesso dicasi per le valutazioni dei dispositivi medici con la differenza, però, che la piattaforma per i dispositivi medici ancora non è operativa» chiarisce Petrini.

«Per i dispositivi medici, la cui norma in materia è il Regolamento 745 del 2017, siamo ancora in una fase di transizione». Ma sulla questione Petrini evidenzia anche il problema dell’enorme eterogeneità. «La categoria dei dispositivi medici va dalle app che installiamo sullo smartphone ai robot più avanzati. Sono necessarie quindi competenze specifiche che, spesso, i comitati non hanno e questo si aggiunge alle incertezze sotto il profilo dell’inquadramento regolatorio, essendo un settore che evolve così velocemente che la normativa fatica a tenere il passo».

Cosa è emerso dal Rapporto

Ciascun comitato etico territoriale è dotato di un ufficio di segreteria tecnico-scientifica deputata all’attività di istruttoria, validazione, gestione e archiviazione della documentazione relativa alle sperimentazioni cliniche.
Dall’attività di monitoraggio della prima fase di operatività sono emerse alcune criticità, come riferisce Petrini, relative all’organizzazione delle segreterie tecnico-scientifiche, alla sostenibilità economica del personale e, in generale, alle risorse disponibili. Nel periodo in esame 13 CET registrano un bilancio negativo, nel caso più estremo di quasi 200.000 euro. E questo si riscontra anche in due comitati che nel periodo hanno valutato più di 20 sperimentazioni. «Si registra in particolare un notevole ritardo nel trasferimento dei fondi dall’Aifa ai comitati etici».

Altra criticità ha a che fare con la composizione dei comitati. «La composizione dei comitati etici territoriali è normata dal decreto ministeriale, che prevede 16 figure professionali obbligatorie (3 clinici, 1 genetista, 1 farmacologo, 1 pediatra, ecc…), ma non risolve alcune questioni. Per esempio, tra i componenti previsti dal decreto c’è la figura del biostatitstico e l’esperto in bioetica, ma quali sono i corsi di laurea di provenienza per un biostatistico e quali sono i requisiti necessari per essere esperto di bioetica? Il decreto non lo chiarisce».

Protezione dei dati personali

Inoltre, sempre sul fronte della composizione, Petrini evidenzia l’importanza che ciascun comitato possa contare sulla presenza di un membro competente in tema di protezione dei dati personali, ma in molti casi questa competenza non c’è e tale lacuna non è di poco conto. «Può succedere infatti che il comitato etico approvi uno studio, ma il responsabile della privacy del Centro sperimentale presso cui lo studio viene condotto sollevi delle criticità e lo studio quindi non può essere avviato fino a quando non vengono chiarite le riserve. Con il rischio di compromettere la partecipazione allo studio stesso, perché il regolamento europeo ha tempi stretti e vincolanti e se non vengono rispettati si resta fuori dalle attività sperimentali».

Per poter esercitare pienamente il loro ruolo in difesa dei diritti del paziente, incluso il diritto alla protezione dei dati personali, i comitati etici territoriali dovrebbero quindi avere al proprio interno specifiche competenze sulla privacy, che consentano loro di svolgere in modo adeguato tale funzione. «È invece stato rilevato che problemi relativi all’informativa privacy sono fra le cause più frequenti di blocco presso i Centri dell’iter di avvio di sperimentazioni (pur) autorizzate». Petrini evidenzia dunque l’opportunità di promuovere a livello europeo un più compiuto coordinamento tra il Regolamento UE 536/2014 e GDPR, al fine di garantire una effettiva protezione delle persone fisiche riguardo al trattamento dei loro dati personali nell’ambito di procedure più semplificate e uniformi di sperimentazione clinica. E a tal riguardo specifica: «La protezione dei dati è una questione delicata e controversa: da anni assistiamo a numerosi tentativi di aggiornare la norma per consentire con più facilità l’uso dei dati per gli studi osservazionali retrospettivi. Recentemente con la conversione del decreto PNRR in legge 56/2024, sono state introdotte delle modifiche importanti al 110 bis del Codice della Privacy ma è necessario un intervento normativo di livello più generale perché ancora rimangono irrisolte diverse criticità».

Un’altra criticità emersa dal monitoraggio del Centro di coordinamento nazionale dei Comitati etici territoriali riguarda i rimborsi da riconoscere ai partecipanti allo studio: vanno rimborsate le spese che i pazienti sostengono per recarsi al centro sperimentale? I rimborsi sono previsti solo per i volontari sani? «Di fatto non è previsto l’obbligo da parte dello sponsor di rimborso spese e i Centri sperimentali hanno difficoltà organizzative a erogare i rimborsi spese, nonostante la possibilità di contrattualizzare fornitori esterni che siano in grado di erogarli celermente. Insomma, nell’attuale quadro regolatorio ci sono criticità che vanno affrontate».
E per quanto riguarda l’attività dei Comitati etici territoriali, Petrini conclude sottolineando quanto sia importante «definire un quadro, sia di norme che di linee di indirizzo, complessivo sulla ricerca sanitaria, che tenga conto di come si stia modificando nello scenario globale».

Keypoints

  • Sono 40 i comitati etici territoriali previsti dalla Legge 11/2018 e istituiti con decreto del ministero della Salute nel 2023
  • Carlo Maria Petrini illustra dati del Rapporto del Centro di coordinamento nazionale dei comitati etici territoriali sui 40 comitati etici territoriali
  • Carlo Maria Petrini è il Presidente del Centro di coordinamento nazionale dei Comitati etici territoriali per le sperimentazioni cliniche sui medicinali per uso umano e sui dispositivi medici
  • I comitati etici territoriali sono organismi indipendenti, che hanno la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere delle persone in sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di tale tutela
  • Criticità emerse: sostenibilità economica del personale e disponibilità delle risorse e composizione dei comitati per poter svolgere adeguatamente le funzioni previste

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