In medicina, per poter analizzare un fenomeno ed esercitare quella che viene definita “medicina d’iniziativa” è necessario poter profilare i cittadini e le loro storie cliniche, e questo dovrebbe essere il punto di partenza del SSN e i diversi SSR. È un ambito strategico perché i dati rappresentano una risorsa di valore inestimabile per la ricerca e per la migliore cura dei pazienti. Pertanto occorre necessariamente trovare un bilanciamento tra la circolazione delle informazioni per lo sviluppo scientifico nel contesto della salute e il diritto delle persone alla protezione dei loro dati personali. La normativa italiana, però, per via del suo carattere piuttosto stringente, pone degli ostacoli all’accesso di questi dati da parte dei professionisti sanitari sia per il secondary use, sia per la interconnessione dei flussi sanitari, anche se alcuni spazi di miglioramento si incominciano ad intravedere.
Ma la condivisione delle informazioni sanitarie garantisce coordinamento delle professioni generando sviluppo ed evoluzione, evita duplicazione ed errori contribuendo a diminuire costi inutili, diffonde cultura e professionalità generando crescita, tutela ed accompagna il cittadino generando consenso, accelera l’ammodernamento del SSN generando credibilità. Sembra banale ma sono le informazioni sanitarie, i dati, che garantiscono il tessuto connettivo tra i comparti del SSN, cioè la prevenzione, le cure primarie, le aziende ospedaliere, la aziende sanitarie territoriali, la cronicità, il socio sanitario, nell’interesse dell’unico vero soggetto il cittadino/il paziente.
Indubbiamente i Big Data sanitari, rappresentano oggi una attualità con strabilianti sviluppi potenziali, correlati a quattro principali dimensioni che sono: il volume illimitato di questi dati, la loro eccezionale velocità di generazione, elaborazione e possibilità di trasferimento, la grande varietà di forme e fonti informative originarie, la veridicità e il valore intrinseci. Gli scenari che l’accelerazione tecnologica imporrà sono impressionanti, come: il numero di dispositivi connessi Internet of Things (IoT) che nel 2021 nel mondo superavano i 10 miliardi e secondo le previsioni del IDC (società mondiale innovazione digitale) nel 2025 (prima della messa a terra del PNRR) saranno oltre i 30 miliardi; il volume dei dati generati a livello globale nel 2010 era di 2 miliardi di terabyte, nel 2025 circa 181 con una crescita di 90 volte; il tempo impiegato da ogni piattaforma per raggiugere 100 milioni di utenti mensili globali vedeva Google Translate 78 mesi; TikTok 9 mesi; ChatGPT 2 mesi; la potenza di calcolo è cresciuta di oltre 500 volte passando da 2 dello Smartphone ad oltre 1,1 milione della tecnologia HPC (High Performace Computing) dei super computer o dei cluster di computer diventando fattore abilitante per tecnologie come IoT, IA, 3-D imaging, digital patient.
Da qui la sempre maggior possibilità di avere a disposizione strumenti in grado di “catturare” i dati sanitari nel momento della loro produzione, mettendoli quindi a disposizione per tutte le ricerche necessarie, anche se è indubbio che il vincolo tecnologico, rappresentato dalla molteplicità di piattaforme di ospedali e Regioni, con talora una reciproca incompatibilità o l’assenza di interconnessione, possa già di per sé costituire una barriera, ma il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è un evento ed opportunità nuova che non possiamo sprecare.
In una agenda di trasformazione digitale emergono quindi come prioritari alcuni temi che possiamo riassumere in tre categorie:
a) la prima categoria è afferente alla dimensione organizzativa che vede coinvolti:
- da una parte la revisione complessiva dei modelli organizzativi e dei percorsi/processi di cura sia in ospedale ma soprattutto sul territorio con un coinvolgimento, inevitabile, dei MMG;
- dall’altra la mancanza di personale formato e competente sul tema, con quindi la necessità di percorsi di formazione per favorire un cambiamento culturale, elemento essenziale per qualsiasi percorso di change management;
- da ultimo, ma non ultimo, nella dimensione organizzativa, si aggiunge anche il livello di competenza digitale dei pazienti e dei caregiver;
b) la seconda categoria, che si colloca immediatamente dopo quella organizzativa, è afferente alla dimensione tecnica con il tema:
- l’interoperabilità dei sistemi, altra condizione sine qua non, e mi verrebbe da dire il Sacro Graal della sanità digitale. Esistono quattro livelli dell’interoperabilità sanitaria:
- interoperabilità tecnologica: capacità dei sistemi di collegarsi tra di loro e scambiarsi informazioni;
- interoperabilità sintattica (forma): riguarda la struttura con cui sono state compilate le informazioni con un importante coinvolgimento delle aziende sanitarie;
- interoperabilità semantica (classificazioni): necessita di sistemi di codifica unanimemente riconosciuti;
- interoperabilità organizzativa: le informazioni vanno contestualizzate all’interno del processo che le ha prodotte (dati da processi clinici dei diversi setting assistenziali, dati da apparecchiature di monitoraggio, dati raccolti dalla ricerca, dati raccolti dal paziente);
- sempre nella dimensione tecnica si aggiunge la valorizzazione e l’utilizzo dei dati (stratificazione della popolazione ed all’analisi dei bisogni) con il conseguente uso dei Big Data e l’utilizzo di Intelligenza Artificiale;
c) la terza categoria è afferente alla dimensione di sistema con il tema della regolamentazione e standard di riferimento e la gestione dei problemi legati alla privacy e al GDPR.
Questi temi prioritari hanno un collegamento biunivoco con le aspettative degli addetti sanitari che vedono come principale opportunità quella di raccogliere dati strutturati (di percorso paziente) nella rilevazione di dati real world, a supporto decisionale (far meglio il proprio lavoro), a supporto di attività di ricerca, al fine di poter attivare quella collaborazione multidisciplinare alla base della medicina moderna.
Carlo Nicora
Direttore Generale, IRCCS Istituto Nazionale Tumori Milano
Vicepresidente, FIASO