Più privacy o più salute? Coniugare l’accesso e l’utilizzo del dato sanitario, raccolto dagli ospedali e sempre più anche dai pazienti attraverso i dispositivi personali, con il rispetto del diritto alla privacy: questa è una sfida cruciale per il settore dell’innovazione biomedica, in Italia e nel mondo. Un problema, però, che oggi può essere risolto con la tecnologia. Lo sostiene Davide Zaccagnini, Founder e CEO di Agora Labs, startup italiana, nata nel 2022, che ha sviluppato una piattaforma software che utilizza tecniche di criptografia e blockchain per assicurare la non identificabilità dei pazienti e, quindi, facilitare l’uso dei Real World Data da parte di tutti gli attori dell’ecosistema.
«La privacy è parte integrante dell’etica medica – dice Zaccagnini -. Ma con la tecnologia che abbiamo sviluppato grazie a finanziamenti dell’Unione Europea è possibile consentire l’uso dei dati clinici per alimentare la ricerca e l’innovazione garantendo la tutela della privacy».
All’uso e alla valorizzazione dei dati clinici, quali veicolo di innovazione biomedica e strumento di sostenibilità per il sistema sanitario, è dedicata la serie di webinar organizzati da INNLIFES in collaborazione con Agora labs: Artificial Intelligence in Healthcare (ARTIHS).
Si parte giovedì 11 luglio con Medical AI in the real world: Challenges and solutions.
«Questa iniziativa nasce proprio dalla consapevolezza di quanto sia trasversale e cruciale affrontare questo problema» puntualizza Zaccagnini. «Che si parli della scoperta di nuovi farmaci o dello sviluppo e della validazione di sistemi di AI, è fondamentale che le aziende del settore farmaceutico e tecnologico possano avere un accesso sicuro, compliant e a basso costo ai dati, garantendo al contempo non solo che il diritto alla privacy dei pazienti sia tutelata, ma che venga anche riconosciuto il giusto valore ai dati raccolti e custoditi dagli ospedali».
I primi due webinar sono dedicati ai Real World Data: l’anonimizzazione dei dati è fondamentale per facilitare l’uso dei dati di vita reale da parte tutti gli attori dell’ecosistema?
«Questo è il prerequisito necessario. Ma non si dovrebbe dover scegliere tra il rispetto di diritti fondamentali della persona, come quello alla riservatezza, e la possibilità che il proprio dato venga utilizzato per favorire l’innovazione. I pazienti devono essere certi che i propri dati rimangano personali, quindi non rivelati, in nessun modo, a chi li utilizza. Ma allo stesso tempo, per poter favorire l’innovazione farmaceutica e tecnologica, è importante consentirne l’uso a chi ne ha bisogno per sviluppare nuovi farmaci e, sempre di più, sistemi di Intelligenza Artificiale. Oggi, di fatto, è possibile andare oltre la dicotomia tra diritto alla privacy e maggiore efficienza dei sistemi sanitari grazie all’uso dei dati, perché esiste la tecnologia che consente di perseguire entrambi gli obiettivi e molti ospedali, in Italia e all’estero, la stanno utilizzando».
Si riferisce alla piattaforma di Agora labs?
«Sì, ci lavoriamo dal 2017, ancora prima di costituire Agora Labs come startup, e l’abbiamo sviluppata con finanziamenti e sotto la guida della Commissione europea. Di fatto abbiamo collaborato in modo efficace con la Commissione Europea per capire come tradurre i principi del GDPR in algoritmi. In particolare abbiamo applicato e tradotto 3 principi essenziali nel codice della nostra piattaforma, nel programma che la anima».
Quali?
«Il primo ha a che fare con il controllo esclusivo del dato. Il dato deve rimanere conservato localmente, sotto il pieno controllo degli ospedali: questo è essenziale per ridurre il rischio di non tutelare efficacemente la privacy, rischio che aumenta ogni qualvolta il dato viene trasferito. Per questo abbiamo creato un’architettura ‘private by design’ e distribuita (o federata).
Il secondo principio ha a che fare con la possibilità di esprimere il permesso all’utilizzo del dato, decidere quali risultati condividere, quali utenti autorizzare: permesso che deve essere riscontrato e applicato in maniera automatica, senza ulteriori processi di approvazione. Perché questo aumenta la trasparenza. Noi implementiamo tutto questo con il blockchian: un sistema che pubblica i permessi di accesso, scritti e stabiliti dal titolare, formalizzati e applicati nel sistema e a cui deve automaticamente attenersi chi vuole usare i dati.
Il terzo principio ha a che fare con l’anonimia dei pazienti: deve essere garantita matematicamente. Per questo noi abbiamo sviluppato una criptografia proprietaria che impedisce ogni possibile tentativo di reidentificazione.
In altre parole, grazie al controllo esclusivo del dato, all’applicazione automatica del permesso e grazie alla garanzia matematica dell’anonimia, noi permettiamo che il dato sia disponibile a costi bassissimi e in tempo reale e che si possano effettuare degli scambi di valore fra chi che cerca il dato e chi lo può fornire, quindi ospedali e sistemi sanitari.
Si tenga presente che l’80% del costo di sviluppo di un sistema di Intelligenza Artificiale non è legato agli algoritmi ma all’accesso e all’uso dei dati che servono per addestrarli e validarli. E, se vediamo l’Intelligenza Artificiale come il più promettente alleato dei sistemi sanitari per risolvere molti problemi della pratica clinica (problemi che vanno dal costo dei sistemi sanitari alla qualità delle cure e alla capacità di gestione domiciliare dei paziente), allora tecnologie che consentono di attivare i dati sanitari garantendo la loro riservatezza e la sistematica tracciabilità di ogni accesso sono essenziali per far fare alla medicina il salto di qualità».
Di fatto, per un utilizzo consapevole ed efficace dell’AI in ambito medico, è essenziale però la collaborazione tra operatori sanitari, ricercatori e sviluppatori. Il dialogo interdisciplinare è dunque sempre più un fattore abilitante per riuscire a mettere a terra l’innovazione in questo settore. In fondo, la sua storia professionale ne è un esempio paradigmatico: Chirurgo vascolare, al MIT di Boston si è specializzato in Informatica e Intelligenza Artificiale.
«L’intersezione tra medicina, tecnologia e dati oggi è fondamentale. Per questo l’interdisciplinarietà rappresenta un altissimo valore, ma è ancora molto rara e questo costituisce un problema. C’è ancora molta difficoltà di comprensione fra il mondo della cura del paziente, quello della gestione degli ospedali e il mondo dell’ingegneria informatica. A questo si aggiunge un gap di comprensione con il mondo della giurisprudenza: altro attore importante dell’ecosistema.
Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali, ha mostrato una grande capacità di visione e lungimiranza evidenziando che le tecnologie che possono proteggere la privacy dovrebbero essere usate di più dai sistemi sanitari. Ma di fatto molti data protection officer, in Italia e nel resto del mondo, ancora non conoscono queste tecnologie e non sono addestrati a gestirle. La serie di webinar ‘Artificial Intelligence in Healthcare’ allora ha anche questo scopo: far comprendere che il conflitto tra utilizzo del dato e protezione della riservatezza non è più tale, perché oggi abbiamo a disposizione tecnologie mature e utili per risolverlo».
Zaccagnini, per concludere, quali nuove possibilità queste tecnologie offrono all’antica scienza di Ippocrate?
«Risolvono uno dei problemi centrali. La medicina è un lavoro che vive di informazione. Più di altre pratiche, la medicina richiede enormi quantitativi di informazione per essere svolta e applicata in maniera efficace e sicura. Se in una transazione bancaria, l’informazione scambiata tra le parti è di circa una dozzina di dati (la data, il numero di conto corrente, l’ammontare che deve essere scambiato, ecc.); in una transazione medica, nel confronto cioè tra due medici che discutono di un paziente o tra medico e paziente, in cui si fa il punto sulla malattia, la terapia da attuare e la possibile prognosi, la quantità di informazione è enormemente più ampia. Basti pensare che una cartella clinica, anche quella di un paziente sano, contiene centinaia di dati la cui gestione è enormemente complessa. Ebbene, le tecnologie consentono di risolvere questo problema: se il dato può circolare, perché le garanzie di riservatezza sono applicate, i medici hanno accesso a più informazione, gli strumenti che aiutano i medici a processarla e li supportano nel processo diagnostico e di gestione del paziente possono funzionare, perché hanno abbastanza dati a disposizione, e quella stessa informazione dà all’innovatore dati che servono per sviluppare nuovi sistemi di Intelligenza Artificiale. Ecco perché la tecnologia che garantisce la completa anonimia dei dati mentre vengono analizzati è fondante rispetto al lavoro dei medici: non è una cosa, come dicono in America, ‘nice to have’, ma è un ‘must have’. Insomma, non dobbiamo scegliere tra più privacy o più salute».