In Italia il settore dei dispostivi medici vale 11,6 miliardi di euro, il 78% dei quali sono rappresentati dagli acquisti fatti dalla sanità pubblica. Le start up rappresentano una minima ma significativa parte di questo settore, perché sono il traino dell’innovazione, innovazione però che sconta carenza di investimenti in ricerca e di strutturazione della stessa. Molte start up falliscono per mancanza di competenza e di visione strategica ed è per questo che Confindustria ha deciso di lanciare il progetto Primary Site al fine di selezionarne alcune e aiutarle ad arrivare in modo concreto al mercato.
Il settore dei dispostivi medici in Italia
Si tratta di un comparto molto eterogeneo: dalla siringa, alla protesi, dai test di laboratorio, ad alcuni tipi di medicinali. In Italia ci sono circa 4500 aziende che si occupano non solo di produzione, ma anche distribuzione e vari servizi legati al settore. Il mercato totale vale 17,3 miliardi di euro, di cui quello italiano copre 11,6 miliardi di euro, il 78% dei quali sono rappresentati dagli acquisti fatti dalla sanità pubblica.
Ancora troppo bassi gli investimenti in ricerca e sviluppo
Gli investimenti in Ricerca e Sviluppo sono fondamentali per la produzione di dispostivi medici e per fortuna nel 2021 hanno segnato una crescita del 22,4% rispetto all’anno precedente. Ma si tratta pur sempre di 1,4 miliardi di euro: “Troppo pochi per un settore così strategico per la sanità italiana – ha ribadito Valeria Glorioso, responsabile Centro Studi di Confindustria Dispostivi Medici – analizzando la serie storica dei dati degli ultimi cinque anni, emerge infatti un trend preoccupante: dal 2017 al 2020 si è registrata una decrescita degli investimenti in Ricerca e Sviluppo nel settore. Questo calo è stato accentuato nel 2020 a causa della pandemia, che ha comportato uno stop alle sperimentazioni cliniche e alle iniziative di ricerca. Tuttavia, nel 2021 si è registrata una ripresa, anche se l’incremento del 22% rispetto all’anno precedente potrebbe trarre in inganno. Nonostante questo dato positivo, gli investimenti sono ancora al livello simile a quello del 2017, poiché è stato necessario recuperare quanto perso durante la pandemia”.
Negli ultimi anni, gli investimenti in Ricerca e Sviluppo nel settore dei dispositivi medici sono diventati sempre più cruciali. La maggior parte degli investimenti è destinata alla ricerca di base, alla prototipazione e alla sperimentazione. “Si investe ancora troppo poco nelle indagini pre-market e post-market – ha ripreso Glorioso – nonostante l’introduzione dei nuovi regolamenti europei che richiedono un maggior rigore nella certificazione e una maggiore evidenza clinica attraverso pubblicazioni. Purtroppo, come comparto, ancora non siamo pronti per rispondere. Ci stiamo provando, ci stiamo attrezzando, ma non devono essere pronte solo le imprese. Gli investimenti devono esserci anche da parte di altri soggetti. Ed è questo quello che manca. È importante che si ritorni a investire in Italia, perché l’altro dato allarmante è che molte delle nostre grandi imprese vanno a fare le loro indagini cliniche e sperimentazioni cliniche all’estero. Perché il processo è meno burocratizzato, è più veloce, quindi hanno risultati in meno tempo e a costi molto più contenuti. Pertanto, dobbiamo trovare modi per poter agevolare gli investimenti anche da parte di altri soggetti e impegnarci in collaborazioni con il mondo della ricerca. Bisogna stimolare gli investimenti pubblici”.
Il ruolo di pmi e start up
Tra le oltre 4.400 imprese censite, quasi 300 di esse sono state classificate come start up PMI innovative.
Per innovative intendiamo le aziende che rientrano tra i requisiti per iscriversi al registro delle start up innovative: avere almeno un brevetto, personale qualificato, anche con titoli superiori alla laurea. Quindi, ad esempio, persone con un dottorato di ricerca che fanno investimenti in ricerca e sviluppo, diretti o indiretti. Nel settore dei dispositivi medici, ci sono comparti a maggior prevalenza di start up, come il biomedicale, la diagnostica in vitro, digital health.
“L’ecosistema delle start up è in costante crescita, con molte idee innovative che cercano di emergere e avere successo – ha evidenziato Glorioso – tuttavia, molte di queste start up si trovano ad affrontare sfide che possono mettere in pericolo il loro sviluppo e la loro sopravvivenza. Molte falliscono nei primi anni di attività a causa di una serie di fattori, tra cui la mancanza di una visione di business solida, la mancanza di accesso a risorse finanziarie e la mancanza di competenze imprenditoriali specifiche. Spesso si parla di trasferimento tecnologico, focalizzandosi molto sulla ricerca che avviene nelle università e come portare la ricerca universitaria alla fase, per esempio, di prototipazione. Ma non basta, bisogna lavorare per far sì che poi una start up continui ad esistere, rimanga sul mercato e si sviluppi. Quindi non serve solo capire il valore della tecnologia da un punto di vista scientifico, ma il suo valore sul mercato, quindi tutto il percorso industriale che quell’idea deve fare per poter continuare a svilupparsi”.
È essenziale avere una visione di business solida e competenze imprenditoriali per tradurre le scoperte scientifiche in soluzioni commerciali.
Il progetto Primary Site
Per affrontare queste problematiche, Confindustria Dispositivi Medici ha avviato il progetto “Primary Site”. Lanciato a maggio 2023, si propone di fornire consulenze specializzate e servizi di alta qualità alle PMI e alle start up selezionate. Un comitato tecnico-scientifico composto da accademici e imprenditori valuterà i candidati, ne selezionerà cinque che avranno accesso ai servizi offerti, che includono formazione, assistenza nella gestione del credito e della finanza agevolata, e supporto nella gestione delle sperimentazioni cliniche.
Come ha ribadito Massimiliano Boggetti, Presidente Confindustria DM: “La nuova frontiera dei dispositivi medici avanza ogni giorno: innovazioni e tecnologie che impattano sulla vita dei pazienti sono sempre più sofisticate, miniaturizzate, portatili e in grado di migliorare tempistiche ed efficacia della prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione della persona. Ma per arrivare sul mercato i prodotti devono superare una serie rigorosa di controlli, validazioni e verifiche cliniche, oggi più che mai con i nuovi Regolamenti europei. Abbiamo per questo costruito con il progetto Primary site un modello di integrazione e di cooperazione tra industria e ricerca clinica senza uguali in Europa, capace di rendere accessibile l’innovazione per la salute in tempi rapidi. Il PNRR con i suoi progetti sarà, inoltre, un’importante occasione per intensificare i rapporti fra pubblico e privato, accelerando i percorsi di open innovation e valorizzando le sinergie presenti sul territorio nel campo delle scienze della vita. E Primary site va a rafforzare questa opportunità nelle fasi conclusive del processo di innovazione”.
Il processo di selezione delle start up partecipanti al programma avverrà tramite un comitato tecnico-scientifico e un algoritmo di valutazione. Il 15 giugno era il termine ultimo per le candidature, ora il comitato tecnico-scientifico inizierà a lavorare fino alla fine di luglio per selezionarne dieci. Il programma si articolerà in diverse fasi: a ottobre di quest’anno parte la formazione, a gennaio 2024 l’assessment.
Il programma del Primary Site è stato infatti progettato per aiutare le start up in tre fasi chiave: formazione, valutazione e esecuzione.
Le tre fasi del progetto
La prima fase del programma è dedicata alla formazione. Le dieci start up che verranno selezionate saranno suddivise in due gruppi e accederanno a un corso intensivo di 12 ore sulle tematiche di credito, finanza agevolata, investitori, aspetti regolatori, tematiche utili per fornire le competenze e le conoscenze necessarie per sviluppare una solida base imprenditoriale. Si tratta di un corso tenuto da professionisti esperti nel settore delle start up e dei dispositivi medici. In seguito, solo le cinque start up con i punteggi più alti andranno avanti nel percorso.
La fase successiva è la fase di valutazione, in cui le start up saranno valutate su tre aspetti principali: regolatorio, clinico e finanziario. Gli esperti verificheranno la conformità alle normative, la necessità di studi clinici e il fabbisogno finanziario complessivo dell’azienda. Questa fase permetterà alle start up di identificare le aree in cui devono concentrarsi e di definire una strategia di sviluppo mirata.
Nella fase di esecuzione, le aziende riceveranno un’offerta di servizi personalizzati da parte di Confindustria Dispositivi Medici, che si impegna a trovare i finanziamenti necessari per coprire tali servizi entro 90 giorni. Se non fosse possibile ottenere i finanziamenti, le start up saranno libere di continuare autonomamente o di abbandonare il programma.
Il progetto è supportato da una serie di partner strategici:
- Plus Value, un’azienda del gruppo Mind, si occupa della ristrutturazione e dello sviluppo dell’area dedicata alle scienze della vita e offre supporto nella fase pilota del progetto.
- L’ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio, affiliato al Gruppo San Donato, e il professor Giuseppe Banfi, direttore scientifico del Galeazzi, apportano una valutazione clinica e l’accesso a una vasta rete di IRCCS.
- Bio4Dreams è un incubatore a totale capitale privato che aiuterà a fare l’assessment finanziario.
- Infinite Vision è lo spin off dell’Università degli Studi di Chieti D’Annunzio che ha ideato l’algoritmo di valutazione delle start up.
- Pink, il portale dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, si occupa della proprietà intellettuale e del trasferimento tecnologico.
- Confindustria Dispositivi Medici Servizi, la società di consulenza e aggiornamento professionale che propone soluzioni e percorsi di formazione personalizzati, indirizzati alle necessità delle aziende e dei professionisti che operano nel settore dei Dispositivi Medici.
Un algoritmo per sviluppare la possibilità di successo di una start up
Nella fase di valutazione, il comitato scientifico sarà affiancato da un algoritmo, realizzato da Infinte Vision, per calcolare le possibilità di successo delle società.
Come lo hanno costruito? “Hanno considerato diverse variabili – ha spiegato Glorioso – alcune relative proprio alla tecnologia, altre relative, per esempio al tipo di mercato che loro eventualmente dovranno affrontare, su cui si dovranno inserire. L’intelligenza artificiale raccoglie informazioni da varie fonti, le elabora in 18 indicatori. Questi indicatori, sempre attraverso un algoritmo, sono combinati a loro volta per restituire una percentuale, una stima naturalmente, delle possibilità di successo che quella società avrà sul mercato”.
L’ambizione del progetto Primary Site è dare vita a un modello di integrazione e di cooperazione tra industria e ricerca clinica, capace di rendere accessibile l’innovazione per la salute in tempi rapidi. Offrire un coordinamento efficiente, in cui alti standard qualitativi nell’implementazione dei test clinici e nella preparazione del fascicolo tecnico si traduca in costi già inferiori in partenza, con un valore aggiunto di competitività determinato dalla qualifica dei partner interni ed esterni del progetto. E soprattutto creare un gruppo di aziende altamente innovative e fortemente impegnate in ricerca e sviluppo che fungano da traino per l’intero settore nell’approcciare le fonti di finanziamento con servizi e ricerca di altissima qualità. Monitoreremo i risultati di questo progetto, da cui siamo sicure emergeranno spunti interessanti per tutti coloro che sono interessati all’ecosistema delle scienze della vita, di cui le start up sono gli embrioni.