“L’Intelligenza artificiale non è una tecnologia, ma un ambiente informativo che modella, modifica e impone processi. Un ambiente sfidante per il nostro Paese e che in quanto tale deve essere governato. Introdurre l’AI nel sistema sanità significa creare una filiera che sia allineata sui contenuti e che abbia una visione. Per questo siamo qui, per avviare dei processi aventi un duplice obiettivo: da una parte proporre la costruzione di una rete di esperti AI, che possano ragionare sui pilastri su cui costruire una politica della prassi; dall’altra creare su questi pilastri delle azioni che diano ai decisori delle leve di intervento e di conoscenza”. Apre così il convegno ‘Intelligenza artificiale ed ecosistema umano. Quali scenari per la sanità” Massimo Caruso, Segretario generale AiSDeT – Associazione Italiana di Sanità Digitale e Telemedicina. Un evento organizzato in collaborazione con la Pontificia Accademia pro Vita, Ecosistema Telemedicina e Innovazione per l’Italia.
Costruire una buona prassi
L’Intelligenza Artificiale è presente nel nostro Sistema Sanitario Nazionale da alcuni anni. Essa supporta le attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; contribuisce a migliorare la programmazione e i processi gestionali e amministrativi. Insomma è una risorsa essenziale. Basti pensare che nel 2023 il mercato AI si è attestato su 208 miliardi di dollari, valore che nel 2030 sarà di 1848 miliardi.
Ma cosa serve fare davvero? “Abbiamo la necessità di conoscere questo scenario. Come decisori politici occorre mettere in campo un metodo basato sul dialogo tra tutti i soggetti che compongono l’ecosistema dell’AI, compresi utenti e pazienti. Se non attuiamo politiche di sistema perdiamo di vista i benefici dell’AI e l’opportunità di incamminarci verso una strada umanamente sostenibile. Siamo davanti a una rivoluzione tecnologica, ma non dobbiamo perdere di vista l’umanità” ha affermato la senatrice Annamaria Parente, già Presidente della Commissione Sanità del Senato della Repubblica. D’altronde, come ricordato da Fidelia Cascini, Docente di Igiene e Sanità Pubblica dell’Università Cattolica Sacro Cuore Roma: “Nell’ambito della salute sono tre gli elementi che possono creare valore: tecnologie, processi e persone. L’Europa è il primo continente che ha regolamentato l’Intelligenza Artificiale, ma come Italia siamo indietro rispetto alle competenze, alle risorse umane e alla comunicazione”.
La necessità di istituire una buona prassi è condivisa anche da Giuseppe Seghi Recli, Componente della Giunta di Farmindustria: “Per godere dei benefici dell’Intelligenza Artificiale occorre fare sistema, istituire un tavolo permanente e trasparente dove i temi siano definiti. Solo così potremmo puntare a una medicina predittiva e personalizzata e a un sistema sostenibile”. Di parere simile Francesco Saverio Mennini, Capo Dipartimento della Programmazione, dei Dispositivi Medici, del Farmaco e delle Politiche in favore del SSN: “Se utilizzata bene l’AI può permettere a tutti i sistemi sanitari di fare un grande salto di qualità. Occorre efficientare il sistema e le risorse, il tutto attraverso modelli gestionali virtuosi”.
L’importanza dei dati
Il presupposto dell’AI è il dato, l’asset principale del sistema salute. “I dati sono importanti come l’acqua e rappresentano il futuro. Essi non sono una convenzione, ma raccontano la verità, forniscono informazioni legate alla conoscenza. I dati sono parte della vita e la loro qualità dipende da diverse caratteristiche: accuratezza, coerenza, completezza, credibilità, riservatezza, tracciabilità, disponibilità e altre ancora” ha affermato Domenico Natale, Membro della Commissione CEN-CENELEC JTC 21 IA.
E gli italiani come si pongono? A dircelo Antonio Salvatore, Docente di Economia sanitaria Università Federico II di Napoli: “7 italiani su 10 sono pronti a rendere disponibili i propri dati per studi, ricerche e sperimentazioni. Secondo un recente studio CENSIS ‘Digital Life in Italia’, il 51% degli italiani ritiene che le nuove tecnologie dell’ecosistema digitale contribuiranno a rendere il sistema salute nazionale maggiormente efficiente e accessibile. Si tratta quindi di una questione di costi e benefici correlati alla gestione del dato. Questione che passa attraverso privacy e sicurezza, qualità e bias, interoperabilità, consenso ed etica, sfide normative e legali. Ma che non deve farci dimenticare che applicare l’Intelligenza Artificiale apporta benefici per il paziente, per il professionista, per la struttura sanitaria, per la sostenibilità del SSN, per l’economia e per l’ambiente”.
Benefici che ha ribadito anche Eugenio Santoro, Ricercatore Digital Health Istituto Mario Negri: “La necessità fondamentale dell’Intelligenza Artificiale nell’assistenza sanitaria è quella di avvantaggiare i pazienti e affrontare le attuali carenze dei sistemi sanitari, come gli errori medici e le disparità di accesso. Per farlo occorre basarsi sulla ricerca medica così da garantire appropriatezza, sicurezza ed efficacia clinica. Ecco perché occorrono linee guida, modelli di ricerca più solidi dal punto di vista metodologico e una normativa che medi la necessità di avere regole come quella di restare al passo con il progresso tecnologico e trovare un equilibrio tra l’efficienza offerta dall’AI e il bisogno di considerare l’individualità e il contesto clinico di ciascun paziente”.
Dati ed etica
Parlare di dati e di AI impone però una riflessione sull’etica o come enunciato da Mons. Renzo Pegoraro, Cancelliere Pontificia Accademia per la Vita, di Algoretica ovvero dell’etica fatta dall’uomo e applicata alle innovazioni digitali: “Dobbiamo interpretare e far diventare l’AI un patrimonio comune. Per questo sarà importante la conoscenza dei processi e degli algoritmi, la valutazione dei rischi e dei benefici, della sicurezza e della tutela dei soggetti deboli e vulnerabili. Da questa riflessione nel febbraio del 2020 è nata ‘Rome Call for AI ethics’, una carta basata sui principi etici di trasparenza, inclusione, responsabilità, imparzialità, affidabilità del sistema, sicurezza”.
E di etica ha parlato anche Carlo Maria Petrini, Direttore Unità di Bioetica ISS: “Il 26 gennaio 2023 sono stati individuati 40 Comitati Etici Territoriali e 3 a valenza nazionale. Nella regolamentazione e nella valutazione di studi con AI c’è un notevole scarto tra il profilo metodologico e quello regolatorio. A oggi, infatti, abbiamo una regolamentazione molto rigida sulle sperimentazioni cliniche su medicinali e indagini cliniche su dispositivi medici, mentre una soft law per gli studi osservazionali farmacologici che sono la maggioranza. Per questo sono necessarie linee di indirizzo operative”.
Applicazioni e best practice dell’Intelligenza Artificiale
Nonostante il lavoro da fare sia ancora tanto, l’AI ha già trovato diverse applicazioni. A mostrare la prima Roberto Bernabei, Presidente Italia Longeva: “Profility è il sistema che supporta i case manager e le équipe che progettano e seguono l’implementazione del piano di cura della persona. Il sistema si basa su quello che è accaduto a migliaia di persone nel mondo che hanno avuto le stesse condizioni di salute e gli stessi contesti. Restituisce agli operatori un quadro della probabile evoluzione dei problemi della persona nell’arco di tre mesi circa. Essere in grado di sapere in che modo i problemi evolveranno nel tempo rappresenta un grande passo avanti per redigere il piano di cura più efficiente possibile”.
Di applicazioni cliniche dell’Intelligenza Artificiale ha parlato anche Alberto Tozzi, Head of Predictive and Preventive Medicine Research Unit Ospedale Bambino Gesù Roma: “Il medico vuole fare il meglio per il proprio paziente. Negli anni abbiamo cavalcato la Evidence Based Medicine, che ci ha permesso di passare da qualcosa basato sulle opinioni a qualcosa basato sui fatti. Ora, dal nostro punto di vista, l’Intelligenza Artificiale può diventare un alleato dell’EBM. Per fare questo abbiamo bisogno di tanti dati. Quando costruiamo un algoritmo dobbiamo esprimere il massimo sforzo nell’inclusione dei pazienti, perseguire l’eterogeneità e la diversità dei dati, includere nei modelli AI i determinanti sociali della salute e usare nei modelli AI variabili oggettive”. Cosa sarà quindi l’evidenza del futuro? “Sarà mettere insieme azioni tecnologiche differenti che ci faranno accelerare lo sviluppo di nuove soluzioni. Sarà usare la tecnologia dove ci sono i gap. Lì dove non ci sarà uno specialista sarà l’algoritmo a fare il primo passo, quello verso l’accesso alle cure”.
Un ultimo esempio di applicazione arriva da Sonia Farah, Ingegnere biomedico Clinica Reumatologica AO “Carlo Urbani” – Jesi: “La medicina predittiva mira a prevedere l’insorgenza, la progressione e le riacutizzazioni delle malattie reumatiche, consentendo interventi precoci e personalizzati. Anticipare eventi clinici critici migliora la gestione delle malattie croniche, riducendo la mortalità e i costi sanitari. Occorre quindi passare da una medicina reattiva a una predittiva, prevedere un uso crescente dell’AI, promuovere la collaborazione tra medici, ingegneri e data scientist, investire nella ricerca per scoprire nuovi biomarcatori e sviluppare terapie sempre più efficaci e mirate. L’Intelligenza Artificiale non sostituirà mai il calore umano e la cura che i medici offrono ai pazienti, ma rappresenta un alleato potente nel migliorare la precisione diagnostica, personalizzare le terapie e prevedere il decorso delle malattie”.