“Le università formano gli studenti e non possono non tener conto della tecnologia. Per questo gli viene richiesto sempre più un maggiore impegno. Occorre creare una cultura digitale, infondere una conoscenza tra i futuri medici e operare affinché tutto venga fatto con trasparenza”. Apre così la Professoressa Donatella Padua, Delegata Terza Missione dell’UniCamillus, la conferenza “Medicina ed etica nell’era dell’Intelligenza Artificiale. La formazione dei professionisti sanitari tra tecnologia e cultura digitale” svoltasi all’UniCamillus.
Il medico resta medico
Non c’è dubbio che il medico debba restare un punto di riferimento. A ribadirlo Antonio Magi, Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Roma: “Guardiamo all’AI con interesse ma anche con preoccupazione. Uno strumento di AI non può sentire l’odore della pelle o vedere il colore dell’incarnato del paziente. Dettagli che molto spesso rivelano diagnosi. Ecco perché la dimensione umana resta importante: un medico deve tenere conto della propria formazione e non sminuire il ruolo che ha. L’AI deve supportare il professionista, non sostituirlo”.
Della stessa idea il Professore Giuseppe Ippolito: “È necessario stabilire i principi etici che non devono essere superati, come l’utilizzo inappropriato dell’AI. Nella prospettiva di innovazione il modello formativo degli studenti dovrà cambiare, essi dovranno saper utilizzare meglio questi sistemi”.
La nuova medicina
E allora, quali sono le caratteristiche di questa nuova medicina? Prima fra tutte l’integrazione: “Occorre cambiare la forma mentis e unire le scienze umane con la matematica, la fisica e la medicina. Solo così avremo la vera integrazione tra uomo e algoritmo e non dovremo sostituire il medico, quanto piuttosto metterlo nelle condizioni di usare strumenti che utilizzano AI” ha affermato Fabio Ferrari, fondatore e membro del CdA di Ammagamma.
Un nodo cruciale quello che caratterizza il passaggio dal pensiero umano – di natura deterministica, ovvero passaggio per passaggio si arriva a un risultato –- a quello stocastico dell’AI: dall’insieme dei dati estraggo un risultato, molto più accurato, predittivo, ma difficile da spiegare. Segue poi la ricerca, come ha ben spiegato Andrea Celli, Amministratore Delegato e Managing Director di Philips Italia, Israele e Grecia: “Per la nostra azienda un’innovazione per dirsi tale deve essere umana, digitale e sostenibile. Questo vuol dire che deve supportare l’uomo, migliorare il modo di fare le cose, essere accessibile alle comunità più svantaggiate e sostenibile dal punto di vista ambientale. Quando tutte e tre queste caratteristiche sono verificate allora lo strumento innovativo viene messo sul mercato”.
A chiudere l’elenco le soft skills enunciate da Daniele Di Ianni, Customer Innovation Manager di Roche Italia: “A fare la differenza nel processo di formazione saranno la curiosità e l’apertura mentale. Il medico e l’ingegnere dovranno essere visti come figure che governano due ingredienti della stessa ricetta e pertanto dovranno collaborare”.
Il buon uso dell’Intelligenza Artificiale
Integrazione, lavoro di squadra, interdisciplinarietà, rottura delle barriere e velocità nell’adottare gli strumenti innovativi sono alla base di una corretta formazione dei professionisti sanitari. In tutto questo l’AI gioca un ruolo determinante, come ha dichiarato Roberta Taurino, DPO UniCamillus: “Stiamo vivendo un momento storico senza precedenti. L’AI con le sue applicazioni sta cambiando la nostra vita e i Big Data sono la vera ricchezza. Dati vari che presi singolarmente non hanno nessun valore, ma che grazie all’AI diventano fondamentali, generano conoscenza e potranno rendere l’Unione Europea competitiva”.
Le applicazioni dell’AI sono infinite, basti pensare alle terapie digitali come spiegato da Giuseppe Recchia, Vice Presidente di Fondazione TESSA: “Le terapie digitali sono software che hanno un impatto diretto sulla salute. Il principio attivo è un algoritmo che agisce modificando i pensieri profondi e di conseguenza i comportamenti. L’innovazione tecnologica diventa un bene per un paziente quando diviene innovazione terapeutica”.
Un altro impiego è quello relativo alla somministrazione dei farmaci e al contrasto della resistenza antimicrobica, processo che vede lavorare in maniera sinergica medici, ingegneri e statistici, come dimostrato da Daniele Roberto Giacobbe, professore all’Università di Genova.
La dimensione umana
Nella formazione dei futuri medici un principio che deve valere sempre è quello della dimensione umana. Come ha affermato il Professore di Medicina Narrativa all’interno del corso di Filosofia Morale presso UniCamillus, Alessandro Boccanelli: “Il medico deve mantenere un rapporto umano con il paziente, il paziente va ascoltato, soprattutto oggi che ha a disposizione strumenti che gli permettono di avere notizie prima della visita. Non dimentichiamoci che le AI parlano, un esempio tra tutte Chat GPT. La medicina narrativa non deve essere una specialità, ma una forma mentis. Usare gli strumenti digitali permetterebbe al paziente di raccontare la propria storia senza filtri o di non avere tempi di attesa in ospedale. Così facendo però si perderebbe il rapporto umano, importante nel processo di diagnosi e cura”.