Digital Health

La mission impossibile degli EDIH in Italia: digitalizzare un paese che affoga tra burocrazia e mancanza di competenze

Perché ne stiamo parlando
Agli EDIH, finanziati con 33,5 ml di ruro dal Governo italiano, si chiede di portare innovazione in un paese che ha poca cultura delle digitalizzazione. Il rischio di calare progetti senza gambe per camminare da soli è alto. Cerchiamo di capire insieme ai protagonisti come superare queste barriere.

Immagine generata utilizzando l'intelligenza artificiale

Paralisi regolatoria e burocratica, poche risorse e poco specializzate, mancanza di interoperabilità dei servizi, processi poco controllati, scarsa consapevolezza dell’impatto dell’innovazione nella PA e nella PMI: la sfida degli European Digital Innovation Hub in Italia parte da questi limiti per compiere la sfida della transizione digitale.

Da nord a sud, gli EDIH (European Digital Innovation hub), ossia i poli per l’innovazione digitale recentemente costituiti per accelerare e uniformare la trasformazione digitale nei paesi membri dell’Unione Europea, dovranno confrontarsi con lo stato attuale della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (PA) e della Piccola e Media Impresa (PMI). L’intento sarà di attuare una doppia trasformazione, culturale e tecnologica. In Italia, questi poli agiranno a livello soprattutto regionale, inserendosi quindi nel contesto locale, cercando di colmare le lacune riscontrate e di dare un forte impulso all’innovazione attraverso strumenti di tecnologia digitale.

Ogni EDIH, che riceverà in media 5,16 milion di Euro ed è costituito attorno ad un ente o società che coordina un gruppo di partner con competenze digitali molto sviluppate, in grado di fornire sostegno nelle aree individuate dalla UE:

  • promuovere l’importanza dell’innovazione digitale
  • aiutare ad elaborare una strategia;
  • supportare lo sviluppo e testare idee innovative;
  • aiutare nella raccolta dei fondi necessari per innovare;
  • formare il personale delle PA e delle PMI ad utilizzare i nuovi strumenti digitali avanzati.

 

Quale è la percezione che i coordinatori degli hub hanno avuto del livello di digitalizzazione di PA e PMI e quali sono le difficoltà ad innovare fino ad ora incontrate? Rispondono Ernesto Damiani dell’Università di Milano, coordinatore dell’Hub nella Regione Lombardia Catch@MIND; Edoardo Imperiale coordinatore di PRIDE, Polo Regionale per l’Innovazione Digitale Evoluta della Regione Campania; Luigi Barone, coordinatore dell’hub CETMA-DIHSME per le regioni Puglia e Basilicata.

Damiani: paralisi regolatoria, paura della firma, difficoltà a capire come usare le informazioni

Ernesto Damiani di Catch@MIND  l’hub che si occuperà in Lombardia di life science e sanità, non ha dubbi: “C’è un problema di paralisi regolatoria: la PA non coglie le opportunità anche perché detiene informazioni importanti; non sente di aver chiaro come attuare progetti o idee che riguardano la salute rispettando le normative europee; potremmo anche definirla una paralisi burocratica. Non solo”- prosegue Damiani- “la PA crede di non poter fare certi progetti perché è convinta che non sia possibile. Noi abbiamo una forte presenza legale all’interno dell’Hub che può aiutare in questo. La paura della firma è il grande problema della PA: vorremmo pertanto abilitare processi di innovazione qualificati e certificati dal punto di vista sia scientifico sia regolatorio, nel rispetto dei dati”. Per le PMI il problema che si evidenzia è che ci sono molte buone idee che rimangono in stato velleitario. “La soluzione Venture Capital o dell’accesso ai fondi non è l’unico ingrediente: l’altro ingrediente è la partnership tecnologica“. Un grande problema che secondo Damiani accomuna il settore privato e la pubblica amministrazione è la difficoltà nello sfruttare adeguatamente l’informazione – di cui pure dispongono – per ridurre i propri costi e migliorare i propri processi. In particolare, mettere in comune informazioni raccolte da entità diverse incontra grandi problemi sia normativi sia etici anche quando i benefici sarebbero chiari: “Si pensi alla programmazione, in collaborazione con il settore alberghiero, di strutture a prezzo controllato per l’ospitalità dei parenti dei pazienti, che potrebbe essere fatta facilmente da modelli di ottimizzazione, ma si scontra con i vincoli regolatori di privatezza e uso etico dell’informazione sanitaria”.

Barone: mancano risorse specializzate e non si ha idea dell’impatto delle nuove tecnologie sui business

Luigi Barone, coordinatore dell’EDIH che seguirà Puglia e Basilicata riscontra nelle PMI, così come nelle amministrazioni pubbliche più piccole, una carenza di personale che possa affrontare un’attività così complessa come l’innovazione digitale, che richiede capacità di analisi e definizione strategica, business planning, capacità di scegliere risorse tecnologiche, di ottenere finanziamenti e di fare networking. “Piccole aziende e amministrazioni pubbliche non hanno al loro interno risorse per affrontare la complessità di tali processi proprio a causa del loro organico ridotto e completamente assorbito nelle funzioni essenziali”, sostiene Barone. “Questo genera un circolo vizioso: le PMI non percepiscono i vantaggi dell’innovazione e non investono, non si sviluppano e non crescono. Per rompere questo circolo vizioso è necessario avere soggetti specializzati in grado di accompagnare le PMI nell’intraprendere il loro viaggio nell’innovazione. La Transizione digitale, oltre a generare benefici per le singole imprese, ha enormi ricadute anche per la società e i territori perché agevola lo sviluppo di processi ecosostenibili, facilita i processi di coesione territoriale, potenzia lo sfruttamento dei risultati della Ricerca”.

Barone sottolinea, inoltre, che la maggior parte delle politiche di incentivazione dell’innovazione tende generalmente a finanziare solo gli aspetti tecnologici come le attività di sviluppo sperimentale o di acquisto di macchinari, trascurando il sostegno alle necessarie attività di valutazione dell’impatto dell’innovazione sul business. “Questa impostazione tipica delle politiche di incentivazione può andar bene per le grandi imprese, ma non va bene per le micro e piccole imprese”. Le PMI, in assenza di analisi strategiche, di analisi di impatto, di analisi finanziarie e di business, non riescono a percepire i vantaggi derivanti dalle nuove tecnologie e quindi non investono e non riescono a sperimentarne i benefici.

Imperiale:  manca interoperabilità tra i servizi e alcune aziende non applicano tecnologie digitali ai loro processi

Edoardo Imperiale di PRIDE  sostiene come il panorama osservato in Campania nella PA sia piuttosto diversificato e dipenda dal tipo e dalla complessità dell’amministrazione. “Ci sono PA complesse e altre meno complesse”, sostiene. “I piccoli comuni hanno complessità di carattere organizzativo; devono progettare i servizi digitali e devono dotarsi di competenze che lo sappiano fare. Alcune ASL devono ripensare i propri servizi; in altri casi devono semplicemente aggiustarli.” Tuttavia, il coordinatore di PRIDE ammette che nell’ultimo decennio è stato fatto ben poco sulla digitalizzazione dei servizi pubblici rivolti a cittadini ed aziende: “Basti pensare che non c’è interoperabilità tra i servizi, quindi il cittadino o il rappresentante di un’azienda deve passare da PA a PA continuamente, senza che le due amministrazioni dialoghino tra loro”. Altro esempio riguarda il fascicolo sanitario elettronico per il quale “c’è proprio bisogno di un’innovazione digitale dirompente”.

Sulle PMI, Imperiale è più ottimista: “Le imprese si basano sul mercato, quindi hanno molto interesse ad adottare processi e tecnologie digitali, in tutte le aree: dalla progettazione alla produzione, dalla qualità, alla manutenzione logistica, dalla catena dei fornitori, al marketing”. Alcune aziende hanno processi poco controllati o non gestiti con tecnologie digitali; per ognuna di queste aziende”, conclude Imperiale, “è necessario un percorso personalizzato. E poi si affianca l’imprenditore per aiutarlo anche al cambiamento culturale”.

Nelle varie regioni italiane l’attività degli Hub comincia dunque da situazioni e percezioni eterogenee: il loro compito sarà di avvicinare il più possibile le PA e le PMI in cui operano agli obiettivi di transizione digitale previsti dall’Unione Europea entro il 2030. Il dialogo tra i diversi EDIH italiani e con quelli di altri paesi europei sarà senz’altro utile per superare sfide e problemi comuni.

Keypoints

  • Gli European Digital Innovation Hub (EDIH) sono stati istituiti per accelerare e uniformare la trasformazione digitale.
  •  In Italia, opereranno a livello regionale per colmare le lacune nella digitalizzazione di PA e PMI.
  • La PA spesso perde l’opportunità di sfruttare le informazioni disponibili
  • Le PMI scontano la mancanza di personale qualificato e di risorse
  • La digitalizzazione dei servizi pubblici rivolti ai cittadini e alle aziende in alcune regioni italiane è ancora insufficiente
  • Il dialogo tra gli EDIH italiani e quelli di altri paesi europei sarà cruciale per superare le sfide comuni e condividere soluzioni.

Ti è piaciuto questo articolo?

Share

Registrati per commentare l’articolo

News

Raccolte

Articoli correlati