Nelle scorse settimane è stato pubblicato dal Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e AGID (Agenzia per l’Italia Digitale) l’Executive Summary della strategia italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-26. Tra le azioni da mettere in campo, trattenere e attrarre talenti. Ma se oggi l’Italia fatica a trattenere talenti, come possiamo essere attrattivi? «Posso rispondere? Io non avrei scritto in questo modo». Sono le parole di Antonio Magi, Presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, commentando il documento reso pubblico nelle scorse settimane. «Il problema è che cambiano le professioni e i talenti per l’Intelligenza Artificiale. Sarà diverso il meccanismo di quello che abbiamo come organizzazione della società, anche a livello professionale. Nasceranno nuove professioni e ne spariranno altre. Mi sembra più un’enunciazione».
In che senso?
«La parte in cui si parla di attrarre e trattenere per me non ha un valore. Ciò che vedo, in realtà, è che molte branche specialistiche non avranno una grossa riduzione per quanto riguarda sia l’attrattività ma, soprattutto, l’esistenza in quanto tale e nasceranno nuove specializzazioni».
C’è il rischio che l’AI possa sostituire il medico?
«Purtroppo, l’obiettivo del mondo ingegneristico è quello di implementare l’AI per sostituire il professionista, piuttosto che dare un supporto. Vorrei sottolineare un aspetto fondamentale».
Quale?
«In medicina esiste il paziente ed esiste la malattia. Il primo ha una sua individualità e specificità, come gli aspetti psicosomatici. Questi difficilmente possono essere analizzati dall’AI».
Un esempio?
«Il colore della cute o l’odore che il paziente ha, spesso sono aspetti indicativi per impostare un certo tipo di diagnostica e l’Intelligenza Artificiale non riesce a risolverlo. Personalmente, mi farei curare da un medico che usa l’AI piuttosto che farmi curare direttamente dall’AI. Quest’ultima sbaglia, anche in maniera veloce. A noi possono sorgere i dubbi, all’AI no. È un aspetto che riguarda l’implicazione di utilità».
Quali possono essere i risvolti?
«Faccio un esempio. Nel caso in cui utilizzo l’Intelligenza Artificiale, questa mi darà una risposta. Io prendo atto di quanto detto, lo riferisco al paziente, do un’ipotesi diagnostica e una terapia specifica».
Chi è il responsabile di quell’atto?
«È fondamentale che l’AI sia progettata in modo da rispondere a determinati principi etici, che definiscano i contorni del rapporto tra paziente e tecnologia e tra paziente e medico».
Qual è stato l’impatto dell’AI nel campo medico?
«L’Intelligenza Artificiale è utilizzata da svariati decenni nel settore. Mi riferisco, ad esempio, nella radiologia. È già disponibile da molto tempo e migliora sempre di più. Ma le nuove tecnologie possono essere e sono utilizzate anche in altri comparti della sanità: la medicina di precisione per quanto riguarda la scoperta delle interazioni tra farmaci. Sono strumenti che, sicuramente, aiutano in maniera sostanziale. L’approccio, quindi, è positivo se vengono utilizzati dal professionista per migliorare le proprie performance».
Il 13 marzo scorso, in votazione plenaria, è stato approvato dal Parlamento Europeo l’AI Act. Quali sono, secondo lei, limiti e benefici?
«Ho tenuto due conferenze a Bruxelles subito dopo il Covid su quello che può essere la sanità post pandemia. Abbiamo notato, negli ultimi due anni, una forte accelerazione sul digitale. In Belgio ho incontrato avvocati già pronti e informati su come funziona il nuovo regolamento e quali sono i suoi limiti. Il tema della responsabilità è fondamentale. In questo contesto è necessario sottolineare un aspetto fondamentale: bisogna ricordarsi sempre che esiste il malato e non la malattia. Posso curare la malattia, ma il malato può anche morire».
Quanto e come sta incidendo la GenAI nell’ambito sanitario?
«In questo momento la generativa vale molto di più per quanto riguarda l’attività grafica. Sono sicuro che, prima o poi, entrerà anche nel nostro ambito».
A che punto siamo su AI e formazione dei medici e in che modo si struttureranno i corsi di laurea dei futuri medici?
«Questa è una bella domanda. Partiamo dal presupposto che l’Intelligenza Artificiale sarà di grande aiuto. Ma gli algoritmi sapranno sempre di più, avranno più conoscenza».
Quindi?
«Il rischio sa qual è? Che lo stesso professionista si appoggi totalmente sull’AI. Se le chiedessi i numeri di telefono di un suo amico lei non me lo saprebbe dire perché sta usando e ha applicato completamente il suo cellulare. Io, quando ero ragazzo, sapevo i numeri di tutti i miei amici. Molte persone ormai sono automi su alcune situazioni».
L’Intelligenza Artificiale applicata alla medicina ha un ruolo fondamentale nel processo che trasforma la sanità in formato digitale. Uno dei rischi più importanti, legato all’uso dell’AI nel settore, riguarda il fatto che sistemi utilizzati non siano stati sufficientemente testati e supportati da prove scientifiche. Antonio Magi, come tutti i professionisti del settore, condividono l’applicazione delle nuove tecnologie, ma le decisioni finali devono essere prese dallo specialista per fattori etici e deontologici e di responsabilità.