Malattie non trasmissibili: investendo in digitale si guadagnerebbero 4,9 milioni di anni di vita

Malattie non trasmissibili: investendo in digitale si guadagnerebbero 4,9 milioni di anni di vita

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Mario Catalano

Perché ne stiamo parlando
Tutto ciò sarebbe possibile assicurando finanziamenti e supporto governativo. Pillon (AiSDeT): «In Italia il PNRR finanzia solo le infrastrutture, non c’è un centesimo per il monitoraggio».

Salvare due milioni di vite nelle malattie non trasmissibili nei prossimi dieci anni, con un beneficio economico di 199 miliardi di dollari. Tutto ciò sarebbe possibile investendo in digitale. Non solo. Si guadagnerebbero 4,9 milioni di anni di vita. A dirlo è il report “Going digital for noncommunicable diseases: the case for action” (scaricalo qui), realizzato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) insieme all’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU). Cifre sbalorditive ma anche prudenti, in quanto tengono conto dell’impatto di solo tre gruppi di malattie: le cardiovascolari, la broncopneumopatia cronica ostruttiva e il diabete. Per realizzare ciò, i governi dovrebbero investire in media 1,6 dollari per paziente nell’arco di un decennio, che rappresenta meno dello 0,03% della spesa sanitaria per le malattie non trasmissibili e lo 0,012% della spesa sanitaria globale totale. I benefici previsti superano di gran lunga i costi e producono guadagni economici considerevoli, con un Ritorno sull’investimento (ROI) stimato estremamente favorevole, fino a 24 dollari per ogni dollaro aggiuntivo investito.

Pillon: «In un mondo ideale, in un ospedale più efficiente vengono ricoverati i pazienti più gravi»

Nonostante la rilevanza degli interventi, l’utilizzo di strumenti digitali pone diverse sfide, tra cui infrastrutture e connettività per garantire un accesso diffuso, sostenere iniziative oltre le fasi pilota, assicurando finanziamenti e supporto governativo, e mantenendo l’adattabilità al contesto in continua evoluzione. «Sono numeri interessanti, ma ricordiamo un aspetto importante: serve sviluppare e implementare nuovi strumenti e infrastrutture – dice Sergio Pillon, specialista in angiologia medica e vicepresidente AiSDeT (Associazione italiana Sanità Digitale e Telemedicina) – A Roma si dice: “A dotto’, je servirebbe uno pratico”. Tra la teoria e la pratica c’è molta differenza. Spesso quando parliamo di risparmi, si parla di “soldi del Monopoli”». Secondo Pillon, guardando il sistema sanitario italiano, gli ospedali del Belpaese hanno due grandi tipologie di costo: il principale è quello del personale. «In questo caso potrebbero licenziare qualcuno, ma ciò non è possibile», spiega Pillon. «Si potrebbero ridurre i costi dei farmaci ma, soprattutto, si potrebbero utilizzare i posti letto per i pazienti più gravi. In un mondo ideale, in un ospedale più efficiente vengono ricoverati i pazienti più gravi. I pronto soccorso di oggi, invece, sono sommersi da codici verdi e bianchi e si trascorrono ore per una frattura al braccio».

India: 65 cittadini su 100 vivono in zone rurali, ma 6 strutture sanitarie su 10 si trovano in aree urbane

Nel Paese guidato dal primo ministro Narendra Modi, mentre oltre il 65% della popolazione vive in aree rurali, più del 75% degli operatori sanitari e più del 60% delle strutture sanitarie hanno sede in aree urbane. Tutto ciò mette a dura prova un’adeguata ed equa distribuzione dei servizi sanitari. Nelle aree rurali, spesso le persone devono percorrere centinaia chilometri e spendere un mese del loro stipendio per incontrare un medico. Questi fattori inducono i cittadini e le cittadine a ignorare le condizioni della propria salute. Per attenuare questa disparità nell’assistenza sanitaria tra aree urbane e rurali, nel 2019 il governo indiano ha lanciato il sistema di telemedicina e-Sanjeevani. Una scelta che si è rivelata un’alternativa sicura ed efficace quando non è possibile fornire assistenza di persona senza compromettere gli standard accettabili di cura. Dall’Asia meridionale all’Africa occidentale. Il Senegal è un pioniere nell’integrazione di soluzioni mHealth nella risposta alle malattie non trasmissibili. Nel 2012, il Ministero della Salute e dell’azione sociale, con l’OMS e l’ITU, ha progettato una campagna di messaggistica mobile per la prevenzione e il controllo del diabete basata sul modello di servizio mHealth.

Pillon: «Il PNRR finanzia solo le infrastrutture, non c’è un centesimo per il monitoraggio»

Il digitale rappresenta un’opportunità irripetibile per accelerare il percorso verso il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile entro il 2030. L’uso di soluzioni digital per integrare i servizi sanitari convenzionali può migliorare significativamente l’efficacia, la qualità e l’accesso all’assistenza sanitaria e dare agli individui un maggiore controllo sulla propria salute e sul proprio benessere. Ogni Paese deve creare sinergie per sviluppare un solido ecosistema digitale per la salute. I governi, i donatori e gli altri stakeholder possono non solo affrontare le malattie non trasmissibili in modo efficace, ma anche gettare le basi per un sistema sanitario resiliente. L’uso e l’ampliamento degli interventi di digital health possono portare a partnership, maggiore capacità istituzionale, fornitura di servizi aggiuntivi, emancipazione delle comunità vulnerabili e competenze e mercati locali per lavoro e innovazioni. «Nel rapporto si sottolinea l’importanza di un rapporto collaborativo tra tutti gli attori di un Paese, spingendo su partnership con finanziamenti dedicati. Tutti, in Italia, pensano al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), ma questo finanzia solo le infrastrutture – sottolinea Pillon – non c’è un centesimo per i costi clinici e operativi del monitoraggio. E chi lo rimborserà? Oggi è rimborsata solo la televisita». Il rapporto evidenzia che questi strumenti devono essere aumentati ma, soprattutto, bisogna promuovere la digital literacy. «A oggi, però, non c’è finanziato un corso di formazione – aggiunge – Ai tanti colleghi che conosco non è stato ancora finanziato un master. In Italia siamo carenti di gente pratica. Ci sono pochi competenti».

Focus AI for Health: sfruttare l’AI per affrontare l’assistenza sanitaria

La collaborazione multi-stakeholder garantisce un’applicazione efficace e sicura della tecnologia digitale in ambito sanitario. Collaborazione e dialogo sono necessari per sviluppare e utilizzare standard trasparenti, promuovere un approccio coordinato e sfruttare competenze e risorse. In questo contesto, negli anni si è assistito all’esplosione dell’Intelligenza Artificiale. Nel 2018 l’OMS e l’ITU hanno istituito il Focus Group AI for Health (FG-AI4H). In semplici parole: collaborare e sfruttare il potenziale dell’AI per affrontare l’assistenza sanitaria in tutto il mondo, promuovendo al contempo un’adozione responsabile ed etica dell’Intelligenza Artificiale. Il gruppo è impegnato con vari partner, tra cui ricercatori, decisori politici, operatori sanitari, sviluppatori di software e gruppi di pazienti. Circa 540 esperti in 32 Paesi hanno lavorato con il gruppo, 96 dei quali sono membri.

La tecnologia digitale offre un futuro in cui l’assistenza sanitaria non è solo curativa ma preventiva. Per superare le barriere e le disuguaglianze nell’accesso alla salute digitale, gli Stati membri devono adottare un approccio collaborativo, tenendo conto del contesto culturale. È necessario un lavoro collettivo incentrato sulle persone per ottimizzare il valore di questi interventi per il benessere della comunità e il controllo efficace delle malattie non trasmissibili.

Keypoints

  • Salvare 2 milioni di vite nelle malattie non trasmissibili nei prossimi 10 anni, con un beneficio economico di 199 miliardi di dollari
  • Tutto ciò sarebbe possibile investendo in digitale
  • A dirlo è il report “Going digital for noncommunicable diseases: the case for action”
  • Il documento è stato realizzato dall’OMS insieme all’ITU
  • Per realizzare ciò, i governi dovrebbero investire in media 1,6 dollari per paziente nell’arco di un decennio
  • In India 65 cittadini su 100 vivono in zone rurali, ma 6 strutture sanitarie su 10 si trovano in aree urbane
  • Nel 2018 l’Oms e l’Itu hanno istituito il Focus Group AI for Health (FG-AI4H)
  • L’obiettivo è collaborare e sfruttare il potenziale dell’AI per affrontare l’assistenza sanitaria in tutto il mondo

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