Dai sensori neurali al cloud: così le tecnologie emergenti aiuteranno la ricerca-mets

Dai sensori neurali al cloud: così le tecnologie emergenti aiuteranno la ricerca

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Tiziana Tripepi

Perché ne stiamo parlando
Nel corso della prima edizione di METS – Milano Emerging Technologies Summit il 12 novembre a Milano si è parlato del rapporto tra tecnologie emergenti e scienze della vita. L’evento è stato organizzato da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano.

Avere un Elon Musk italiano e non saperlo. Si chiama Luca Berdondini, ha 50 anni e dal 2007 dirige all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova la linea di ricerca “microtecnologia per la neuroelettronica”. Con il team della sua startup, Corticale, ha ideato un dispositivo impiantabile, sottile quanto un capello, dotato di migliaia di sensori neurali in grado di individuare segnali anomali che possono derivare da patologie come l’epilessia o da malattie neurodegenerative come Alzheimer, Parkinson e sclerosi multipla.

Segnali presenti nelle aree corticali legate al controllo motorio. Come si differenzia da Neuralink? «Noi con un singolo dispositivo possiamo introdurre 1.024 sensori. Musk con Neuralink per ottenere stesso numero di sensori deve fare 64 impianti. Questo è un campo di sviluppo che esiste da decenni, non è nato né con noi né con Neuralink». 

Questo è solo un esempio dell’enorme contributo che le tecnologie emergenti possono dare al campo delle scienze della vita, argomento di cui si è parlato nel corso della prima edizione di METS – Milano Emerging Technologies Summit, evento organizzato da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, di cui INNLIFES è stata media partner. 

Il caso Bayer – Google

Bayer (multinazionale con 100mila dipendenti in più di 100 Paesi con competenze chiave nelle Life Science – salute e agricoltura-, ndr) l’anno scorso ha stipulato un accordo con Google Cloud per portare il calcolo quantistico nella ricerca e favorire così la scoperta precoce di farmaci» ha raccontato la CEO di Bayer Italia, Monica Poggio. «Il calcolo quantistico funge da acceleratore. Nella ricerca classica occorrevano tra i dieci e i 12 anni per trovare una molecola, pensate invece alla velocità con la quale è stato trovato il vaccino per il Covid».  

Invenzione non coincide con innovazione

Ma dal dire al fare c’è di mezzo il mare. «Se ambito sperimentale queste tecnologie promettono meraviglie, la loro reale applicazione, dove “applicare” significa farle diventare una realtà alla portata di tutti, incontra molti ostacoli e richiede passaggi non banali», spiega Patrizio Armeni, Director of Operations di Lift Lab, centro di ricerca della SDA Bocconi School of Management che si occupa di innovazione digitale in campo life Science, con particolare attenzione alle implicazioni sul business.

«Invenzione non coincide con innovazione, e per arrivare dal laboratorio alla pratica clinica c’è un lungo percorso che passa per gli step regolatori, le insidie tecnologiche (la tecnologia funziona se sono attive tutte le complementarietà), la resistenza culturale e i problemi etici. Occorre creare dei ponti». 

Parola chiave collaborazione: l’esempio Ab medica e Bracco Imaging

In una tavola rotonda è stata raccontata l’esperienza di Ab medica e di Bracco Imaging. Giovanni Valbusa, project manager per l’innovazione digitale di Bracco Imaging, ha raccontato come possa essere complesso il processo successivo all’ideazione e al brevetto. Processo in cui è importante la collaborazione di diverse figure.

«In ambito ospedaliero ci sono persone con esperienza ventennale o trentennale che non sono abituate a innovare ma sanno dove si può innovare, perché dalla pratica quotidiana percepiscono i bisogni» spiega Luca Cappellini, Diagnostic and Interventional Radiology Resident e PhD Student alla Humanitas University. «Individuato il bisogno, il percorso è lungo: occorrono ingegneri e data scientist esposti alle necessità cliniche, figure junior per le analisi delle immagini, figure tecniche per lo sviluppo, e poi per la commercializzazione…». 

Occhio all’evoluzione del mercato

Le aziende però non devono farsi prendere dall’hype collegato alla tecnologia del momento. «Siamo passati attraverso l’hype della blockchain, poi del metaverso, oggi dell’intelligenza artificiale. Se ogni volta l’azienda investe del budget in un trend diverso per la Fomo (Fear of Missing Out), il rischio di perdere dei soldi è elevato» hanno spiegato Leonardo De Rossi e Lorenzo Diaferia di Lift Lab.

«Per questo motivo Lift Lab ha sviluppato una metodologia, Lift radar, che aiuta le imprese a identificare di volta in volta quali sono gli elementi tecnologici emergenti che avranno impatto sul loro business. Il fine è quello di creare un processo continuativo che allinea le necessità dell’azienda con l’evoluzione del mercato».

Keypoints

  • Il 12 novembre a Milano si è parlato del rapporto tra tecnologie emergenti e scienze della vita in occasione del METS – Milano Emerging Technologies Summit. Sul palco si sono alternati imprenditori, manager ed esperti
  • Luca Berdondini, cofondatore della startup Corticale, ha ideato un dispositivo impiantabile, sottile quanto un capello, dotato di migliaia di sensori neurali in grado di individuare segnali anomali che possono derivare da patologie come l’epilessia o da malattie neurodegenerative come Alzheimer, Parkinson e sclerosi multipla
  •  La multinazionale farmaceutica Bayer l’anno scorso ha stipulato un accordo con Google Cloud per portare il calcolo quantistico nella ricerca e favorire la scoperta precoce di farmaci
  • Blockchain, metaverso, intelligenza artificiale: in ambito sperimentale le tecnologie promettono meraviglie, ma la loro reale applicazione incontra molti ostacoli e richiede passaggi successivi
  • Le aziende non devono farsi prendere dall’hype collegato alla tecnologia del momento ma creare un processo continuativo che allinei le loro necessità con l’evoluzione del mercato

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