Non tutte le terapie digitali (DTx) sono uguali nel principio di funzionamento, e soprattutto non tutte vengono sviluppate secondo uno stesso modello di business. Ci sono startup di digital health che nascono appositamente, ci sono grandi aziende che scelgono di investire anche nelle DTx, poi ci sono realtà che seguono altre vie. Un esempio peculiare – e italiano – è il progetto NyxDigital, avviato grazie al finanziamento della Brain Research Foundation Verona Onlus e sostanziato (almeno dal punto di vista scientifico) attraverso la ricerca condotta dall’Università di Verona. Alla guida dell’iniziativa è Elena Antlemi, docente universitaria di neurologia nel dipartimento di ingegneria per la medicina di innovazione (diretto da Michele Milella) nonché responsabile del Centro sonno della Neurologia B Aouivr diretto da Michele Tinazzi, insieme a Giuseppe Recchia, che è anche il co-fondatore della startup innovativa DaVi DigitalMedicine
L’obiettivo specifico è fornire ai pazienti con problemi di insonnia cronica una terapia digitale ad hoc, che sarebbe anche la prima del genere nel nostro paese, migliorando le abitudini quotidiane e favorendo l’educazione al riposo di qualità. Ma quel che più incuriosisce è senz’altro la via poco convenzionale che è stata scelta per il percorso di sviluppo. Al momento, per NyxDigital, è prevista per il 2024 l’inizio della sperimentazione clinica, poi occorrerà attendere (almeno) fino al 2027 per completare il processo di sviluppo e mettere la nuova tecnologia a disposizione dei pazienti. Per approfondire il tema ne abbiamo parlato con Giacomo Carollo, psicologo e project manager di NyxDigital.
Giacomo Carollo, anzitutto chi sono i principali partener del progetto?
«L’iniziativa per la realizzazione del progetto NyxDigital è nata tra il 2021 e il 2022; da circa un anno abbiamo avviato la parte operativa e adesso siamo nella fase pre-clinica, nell’attesa di iniziare lo sviluppo clinico pilota con un primo campione di pochi partecipanti per analizzare usabilità, adesione alla terapia e dati preliminari di efficacia. Fin da subito l’Università di Verona è stato il nostro punto di riferimento per la ricerca e l’ideazione di sistemi tecnologici specifici per la medicina avanzata. Proprio grazie alla collaborazione con l’ambiente accademico è stato possibile riconoscere le potenzialità di una terapia digitale basata su un approccio di stampo cognitivo-comportamentale».
E oltre all’Università, con chi collaborate?
«Per la produzione del software ci avvaliamo del supporto di una società torinese (con una sede a milano) specializzata nella progettazione di soluzioni high tech nell’ambito dei servizi digitali, Reply, e in particolare la divisione che si occupa di life science Laife Reply. È interessata alla realizzazione della terapia digitale anche Polifarma, una società attiva nel settore farmaceutico che si dedica anche allo sviluppo di nuovi dispositivi medici basati su applicazioni digitali. Della compliance alle normative privacy, quindi guidando il design del software in modo che le normative siano rispettate, si occupa Qstep, impresa specializzata in consulenza per Computer Sytem Validation, Data Integrity e IT Compliance. Ci avvaliamo anche della consulenza di tre membri dell’Associazione italiana di medicina del sonno: Laura Palagini, Vincenza Castronovo e Christian Franceschini. Con i vari partner del progetto, sia scientifici sia tecnologici, è stata fatta una divisione preliminare, che sarà rivalutata a mano a mano che verranno superate le varie fasi di ricerca, sviluppo e certificazione».
Dal punto di vista della sostenibilità economica, è già possibile avere una stima dei costi?
«Al momento non possiamo ancora fare un’analisi dettagliata dei costi della realizzazione completa del prodotto finito, perché le variabili in gioco sono davvero tante. La nostra stima migliore per le prossime fasi di lavoro è nell’ordine delle decine di migliaia di euro: ci sono costi ben definiti, come la domanda al Ministero della Salute per avviare l’indagine come dispositivi medici, che si aggira sui 2.500 euro, ci sono poi tutte le spese di sviluppo e gestione dei dati, che risultano ovviamente molto incerte. Anche la classe di appartenenza del dispositivo medico, che oggi ancora non sappiamo quale sarà, determina costi differenti per le autorizzazioni e le certificazioni. Una volta completato l’iter di approvazione preliminare, ci saranno poi ulteriori costi importanti per la sperimentazione multicentrica e per le spese per la messa in commercio della terapia. Di sicuro si tratta di un progetto costoso, perché richiede la mobilitazione di organismi che hanno bisogno di somme importanti: per questo motivo siamo ancora alla ricerca di finanziatori per cercare di coprire i costi del progetto».
Come si inserisce questa terapia digitale nell’ambito normativo-regolatorio italiano?
«Il panorama normativo sta evolvendo proprio in quest’ultimo periodo, con sviluppi molto rapidi e incerti. A giugno 2023 è stata avanzata alla Camera dei Deputati una legge per definire in maniera chiare le terapie digitali, in particolare tramite l’Intergruppo Parlamentare sanità digitale e terapie digitali costituito poco prima. Del resto, le DTx sono tecnologie terapeutiche all’avanguardia ben diverse da qualsiasi strumento di cura finora utilizzato: sebbene queste tecnologie terapeutiche siano riconosciute a livello europeo come dispositivi medici, attualmente in Italia non è ancora disponibile nessuna terapia digitale rimborsata.
A livello concreto e operativo, siamo in attesa di conoscere gli sviluppi della proposta di legge, e cercheremo di adattare il processo di sviluppo in base anche alle variazioni dell’iter di approvazione che dovessero arrivare nel frattempo. In ogni caso stiamo dando grande importanza al rispetto di tutte le normative sulla privacy, in quanto terapie digitali come NyxDigital prevedono il passaggio di enormi quantità di dati attraverso il cloud».
Facciamo un passo indietro, agli aspetti scientifici: da dove nasce l’idea di una terapia digitale per trattare i disturbi del sonno?
«Oltre il 30% degli italiani ha problemi di insonnia o disturbi del sonno più o meno gravi, con conseguenze a livello di benessere individuale e un impatto significativo sulla sostenibilità economica del sistema sanitario. Di fatto, molte persone hanno problemi nella gestione del sonno e hanno una scarsa educazione sui comportamenti positivi (e negativi) per un riposo di qualità. Nei casi di insonnia cronica, le opzioni terapeutiche più comuni prevedono l’utilizzo di farmaci che danno sollievo sul breve termine ma non sono risolutivi sul lungo periodo. A livello europeo è utilizzata anche la terapia Cognitivo-Comportamentale per l’Insonnia (CBT-i), un approccio di trattamento psicologico che mira a modificare i comportamenti e i pensieri disfunzionale per migliorare le abitudini quotidiane: in particolare, prevede dei programmi di educazione sul sonno e l’insegnamento di tecniche e strategie per diventare più consapevoli. Oltre a essere poco conosciute, queste metodologie di intervento spesso risultano poco accessibili, anzitutto per carenza di terapeuti specializzati. Riuscire a trasferire sul digitale questa tipologia di approccio terapeutico, come accade con NyxDigital, potrebbe fornire al Sistema Sanitario Nazionale un’alternativa, scalabile e basata su evidenze scientifiche, utile a migliorare la salute pubblica».