Open privacy, una privacy aperta. È esattamente questo quello che serve per garantire il rispetto dei diritti e delle scelte dei cittadini e per promuovere la salute e l’innovazione nel segno della sostenibilità. Almeno secondo il documento promosso dalla Società italiana di Leadership e Management in Medicina (SIMM) e sottoscritto da numerose società scientifiche italiane: AIOM, ANMDO, CIPOMO, Cittadinanzattiva, FIASO, Fondazione PERIPLO, Associazione PERIPLO, Fondazione ReS, SIIAM, SIBioC, SIN. L’obiettivo del documento, presentato ieri a Roma e indirizzato al ministero della Salute e al Garante della Privacy, è quello di rivedere in chiave di accountability la normativa che regola il consenso del cittadino/paziente, indispensabile per il trattamento e condivisione dei dati e la collaborazione tra i ricercatori. “La disciplina privacy italiana va migliorata e allineata al resto dell’UE: va superata l’autorizzazione preventiva del Garante per l’uso secondario di dati sulla salute per la ricerca osservazionale retrospettiva”, sottolinea Luca Bolognini dell’Istituto Italiano per la Privacy. “Si può passare a un regime più snello e responsabilizzato: è una questione di sostenibilità, serve un bilanciamento tra protezione e valorizzazione dei dati per il bene comune”, aggiunge.
Altini (SIMM): “Rivedere l’approccio alla normativa privacy per il bene comune”
“Non possiamo parlare di attuazione del DM77 se non abbattiamo le barriere che vi sono fra i vari comparti della sanità italiana, entità non comunicanti la cui struttura ermetica blocca l’ammodernamento del SSN, la territorializzazione e l’introduzione della tanto auspicata innovazione tecnologica”, evidenzia Mattia Altini, Direttore Assistenza Ospedaliera Regione Emilia-Romagna e Presidente SIMM. “Lo scambio di dati sanitari è il vero elemento connettivo che può garantire al paziente un’aspettativa di cura elevata, la riduzione di costi dovuti alla duplicazione dei dati stessi e l’avvio di progetti di ricerca finalmente liberi dai vincoli in campo di privacy che pongono l’Italia in controtendenza rispetto alla direzione UE. La SIMM – continua – attua la propria visione di entità trasversale, mettendosi al servizio del SSN e riunendo le voci autorevoli della sanità in una richiesta comune alle istituzioni: rivedere l’approccio alla normativa privacy e permettere finalmente al nostro SSN di decollare in una vera ottica di bene comune”.
Mori (Cittadinanzattiva): “Sensibilizzare per una cittadinanza attiva consapevole e informata”
“È indispensabile intercettare la trasformazione, le nuove forme di sensibilità del dato personale e comprendere ciò che le determina, cercando così di individuare nuove misure di tutela dell’individuo e della sua dignità che si rivelino efficaci rispetto all’evolversi degli strumenti di analisi dei dati sanitari, senza ostacolarne la diffusione”, commenta Isabella Mori, Responsabile tutela e politiche per la trasparenza di Cittadinanzattiva. E prosegue: “Per un’associazione come Cittadinanzattiva che da anni si occupa di diritti dei cittadini in ambito sanitario e ne segue l’evoluzione, una consapevolezza attiva e informata del cittadino è fondamentale. Il rapporto tra sanità e privacy oggi è un tema cardine perché coinvolge due tra i diritti fondamentali maggiormente esposti all’evoluzione della tecnologia. Diviene indispensabile lavorare da un lato sull’informazione dei cittadini e far sì che siano loro e nessun altro, a decidere in modo consapevole sui propri dati, conoscendo a pieno tutte le opportunità e i rischi che possono derivare dall’uso di questi ultimi. Al contempo a livello istituzionale occorre un grande sforzo di omogeneizzazione delle procedure e di superamento delle differenze nella gestione dei dati”.
Semplificare le norme sulla privacy per il valore clinico e sociale dei dati
“La medicina basata sull’evidenza derivante dagli studi clinici randomizzati, è insufficiente per garantire una corretta valutazione del rapporto che vi è tra rischio e beneficio dei farmaci innovativi”, osserva Pierfranco Conte, Presidente Fondazione PERIPLO. “Questo per una serie di motivi: gli studi condotti a livello internazionale spesso sono poco rappresentativi delle singole realtà nazionali, in quanto condotti su popolazione di etnie diverse in condizioni sanitarie differenti da quelle occidentali e poiché questi studi spesso escludono pazienti anziani con comorbidità o che assumono altri farmaci e sono, inoltre, studi con follow-up molto brevi. L’unica soluzione – continua – è integrare le informazioni ottenute tramite gli studi clinici, con le migliaia di dati ottenibili dalla pratica clinica. Uno dei principali ostacoli ad accedere a questi dati, anche quando disponibili, sono i limiti dettati dalle norme sulla privacy. È fondamentale che il valore clinico e sociale di questi dati venga riconosciuto semplificando le norme sulla privacy”. Anche Luigi De Angelis, Presidente SIIAM, è intervenuto in favore dell’utilizzo dei dati sanitari a beneficio della sanità pubblica: “SIIAM intende promuovere l’iniziativa della SIMM per riuscire a coniugare la tutela dei diritti dei cittadini con la necessità di utilizzare i dati sanitari a beneficio della sanità pubblica. Le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale possono essere colte soltanto se viene garantito l’uso secondario dei dati sanitari su larga scala”.
L’Italia è ancorata a una interpretazione rigida del nuovo GDPR
L’utilizzo dei dati sanitari è un aspetto cruciale per la realizzazione sia di un’efficace programmazione sanitaria, sia di tutti i progetti di ricerca medica e biomedica che di medicina d’iniziativa finalizzati a rispondere alle esigenze del paziente. “Mentre l’UE sta compiendo sforzi innegabili in materia di regolamentazione dei dati sanitari, che convergono verso la volontà di sfruttare il loro potenziale in linea con il Regolamento sullo Spazio Europeo dei Dati Sanitari (EHDS) e la promozione dell’uso di nuove tecnologie, tra le quali l’Intelligenza Artificiale, l’Italia rimane ancorata a una interpretazione rigida del nuovo GDPR e a un quadro normativo di non facile ricostruzione”, dichiara Raffaella Gaggeri, Coordinatrice della segreteria tecnico-scientifica comitato etico Romagna (CEROM), IRST IRCCS ‘DINO AMADORI’ – MELDOLA. “Sul territorio nazionale la circolazione dei dati sanitari per finalità di prevenzione e programmazione sanitaria risulta ancora difficoltosa. Per superare queste barriere, abbiamo accolto la proposta di SIMM che, insieme alle principali società scientifiche in ambito sanitario, ha avanzato per un’innovazione della gestione della privacy in sanità – continua – incentrata sull’accountability e in linea con i principi ispiratori del GDPR e del DGA”. Infine, conclude Nello Martini, Presidente ReS: “Occorre individuare una strategia adeguata per superare quanto prima le barriere poste dalla normativa sulla privacy che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di quanto previsto da PNRR Missione 6 C1 e dal conseguente DM 77 per la riforma dell’assistenza di prossimità. Ad esempio, le attuali normative rendono impraticabile l’integrazione tra dati sanitari e dati non sanitari, come quelli socioeconomici, indispensabile per attuare una reale presa in carico sociosanitaria dell’assistito e per la programmazione sanitaria che tenga conto dei bisogni socioassistenziali”, aggiunge.