Una piattaforma per la salute mentale e il benessere dedicata a soddisfare le esigenze uniche della comunità di colore, partendo da un focus sulla popolazione asiatico-americana. Si chiama “Anice” e rende omaggio all’anice stellato, un frutto secco originario dell’Asia, noto per i suoi sapori unici e le sue proprietà curative. Un’idea nata nel 2021 da due ex-alunne di minoranza della Harvard Business School.
Oggi, il programma clinico è diretto da Janie Hong, Psicologa e Professoressa Clinica Associata alla Stanford University School of Medicine. Il progetto parte dalla storia personale delle fondatrici, che hanno sperimentato in prima persona l’inefficacia dell’attuale sistema di assistenza sanitaria mentale per individui provenienti da comunità svantaggiate che detengono identità intersezionali. «Siamo un’organizzazione sanitaria orientata alla missione, fondata sul principio di servire comunità diverse e svantaggiate», commentano le fondatrici.
Il 100% della squadra di Anise Health a tempo pieno appartiene a una minoranza razziale. I servizi offerti dalla società hanno l’obiettivo di eliminare le disparità sanitarie in termini di salute mentale negli individui BIPOC (black, indigenous and people of color). Gli interventi che vengono affrontati riguardano una vasta gamma di fattori di stress di tipo culturale: colpa e vergogna, stress di minoranza, bassa autostima, sindrome dell’impostore, transizioni e obiettivi della vita, preoccupazione e ansia croniche, emozioni negative, tensioni familiari e relazioni. I professionisti aiutano a far capire al paziente come rispondere in modo efficace.
Nisha Desai (Anise Health): «14 compagni di classe morti suicidi, molti di loro erano persone di colore e asiatici americani»
Alice Zhang, Co-Fondatrice e CEO di Anise Health, come immigrata di prima generazione, ha sperimentato in prima persona il sentimento di non appartenenza, la pressione di aspettative esigenti e la lotta per essere intrappolata tra culture polari opposte. Ma quando alla fine ha cercato una terapia per superare quelle sfide, indissolubilmente legate ai suoi valori asiatici e alla sua educazione da immigrata: «Ho finito per passare attraverso più terapisti, sentendomi ogni volta più sconfitta – dice – Sapevo che, se trovare cure efficaci era così difficile anche per qualcuno come me che ha una buona conoscenza della salute mentale, avendo studiato psicologia e formata come allenatrice del benessere, sarebbe stato quasi impossibile per molti altri là fuori che condividono la mia formazione», ha spiegato Zhang.
Nisha Desai, anche lei Co-Fondatrice e COO della società, come molti figli di immigrati, è cresciuta in una famiglia tradizionale dell’Asia meridionale dove non si parlava mai di salute mentale. La sua personalità emotiva era vista come “di cuore debole”. Sfortunatamente, la sua scuola aveva un sistema di salute mentale carente. Come lei, molti dei suoi compagni di classe non erano in grado di ottenere il sostegno di cui avevano bisogno. «C’è stata una tragica perdita di vite umane, quattordici suicidi – ricorda – e ho notato che molti di loro erano persone di colore e asiatici americani, in particolare». Tutto ciò ha fatto suonare in lei un campanello d’allarme e si è chiesta: «Se le persone di colore in questo Paese avessero opzioni terapeutiche migliori per aiutare a elaborare le nostre emozioni, il risultato potrebbe essere diverso?».
Nel mondo livelli allarmanti per salute mentale legata al lavoro
La salute mentale preoccupa a livello globale. Nel 2023 il 32% della popolazione ha riportato una forma di disturbo (+5% rispetto al 2022). A rivelare i dati l’edizione 2024 del Mind Health Report, realizzato da Axa e Ipsos. Il gruppo assicurativo con sede a Parigi e la società multinazionale di ricerche di mercato hanno condotto un’indagine su un campione di sedicimila interviste di età compresa tra i 18 e i 75 anni in 16 Paesi (Italia, Francia, Regno Unito, Germania, Spagna, Irlanda, Belgio, Svizzera, Stati Uniti, Messico, Turchia, Cina, Hong Kong, Giappone, Thailandia, Filippine). In Italia la percentuale è scesa al 28%, ma il dato risulta in crescita di sei punti rispetto al 2022.
Tra i principali campanelli d’allarme, la scarsa consapevolezza sull’argomento e un crescente ricorso all’autodiagnosi e all’autogestione. I problemi che stanno raggiungendo livelli allarmanti sono quelli che riguardano il benessere mentale legato al lavoro. Bisogna aggiungere che le persone, in generale, non sembrano considerare il lavoro la causa principale delle loro difficoltà. Sul ruolo delle aziende, per gli italiani c’è ancora molto da fare in termini di supporto e soluzioni per il benessere mentale; per un lavoratore su due le risposte offerte in tema di salute mentale impattano positivamente sulla decisione di rimanere in azienda.
Italia: +8% le diagnosi fatte in autonomia o su internet
Rimanendo in Italia, negli ultimi dodici mesi il 28% della popolazione ha sofferto di una qualche forma di malessere o disturbo mentale (percentuale in aumento di sei punti rispetto allo scorso anno). Sul gradino più alto del podio per disturbi più comuni, l’ansia (14%), seguita dalla depressione (12%). Nel 2023, il 60% degli italiani ha dichiarato di aver affrontato almeno una difficoltà personale, in particolare le donne e i giovani. Un problema di consapevolezza che incide sulle scelte sia in termini di diagnosi che di cura.
Ciò che emerge dall’indagine è la scarsa consapevolezza sul tema del benessere mentale e sull’importanza di un supporto professionale, nonché la crescita della tendenza relativa all’autodiagnosi e alla gestione autonoma dei disturbi. L’88% degli italiani valuta la propria condizione mentale come buona o media, mentre un quarto della popolazione italiana (il 26%), ad esempio, manifesta sintomi riconducibili a depressione, ansia o stress in forma grave o molto grave. Rispetto al 2022, il numero di diagnosi effettuate da professionisti è in calo, mentre salgono significativamente le diagnosi fatte in autonomia/su Internet (+8%).
Sul fronte della gestione e della cura, il 44% degli italiani ha scelto di auto-gestire disturbi relativi al benessere mentale, una tendenza in aumento di 7 punti rispetto al 2022 e più diffuso rispetto al resto del mondo (40%). Un terzo degli italiani sospettati di soffrire di depressione, ansia o stress (33%), inoltre, non ha visto un medico quest’anno.
Costo e accessibilità sono due fattori comuni per interrompere il trattamento. Ma c’è un’altra ragione, meno discussa: la mancanza di comprensione culturale da parte dei professionisti della Mental Health. Grazie alla piattaforma, i clienti possono ricevere piani di trattamento ad hoc da operatori del settore che rispettano e comprendono le esperienze razziali e culturali di ogni individuo.