Mappare l’evoluzione delle terapie digitali in Europa, esaminare lo stato dell’arte delle DTx e della Connected Care in Italia e avanzare proposte operative per promuovere la crescita del settore nel nostro Paese. Con queste finalità martedì scorso è stato presentato a Roma il secondo DTx Monitoring Report, frutto del “Digital Health Policy Lab”, progetto di ricerca nato nel 2022 dalla collaborazione tra Indicon Società Benefit e Paola Minghetti dell’Università di Milano.
Al tavolo di confronto non poteva mancare chi sta lavorando per portare ai pazienti nuove terapie digitali. Alessandro Crevani, General Manager di Sanofi General Medicines, ha così illustrato l’impegno dell’azienda farmaceutica che, in Italia, ha tre stabilimenti produttivi: a Origgio (VA), Anagni (FR) e a Scoppito (AQ). E vede nelle terapie digitali la chiave di volta per alleggerire il Sistema sanitario dalla gestione della cronicità. All’incontro in Senato, Crevani ha portato la prospettiva dell’industria evidenziando l’importanza di supportare lo sviluppo della sanità digitale nel nostro Paese.
L’Italia è indietro rispetto ad altri Paesi in questo campo. Quanto è importante allora stimolare un dibattito pubblico per accelerare l’integrazione delle tecnologie digitali nel Servizio Sanitario nazionale?
«È fondamentale. Per accelerare la penetrazione delle terapie digitali in Italia, è importante sensibilizzare e accrescere la consapevolezza di istituzioni e decisori che hanno il compito di definire il framework regolatorio. Nel contesto europeo, siamo l’ultimo tra i grandi Paesi. La Germania traina. Francia e UK stanno accelerando l’integrazione delle DTx nei loro sistemi sanitari, con terapie digitali già rimborsate e a disposizione dei cittadini. E la Spagna sta facendo grossi passi verso la regolamentazione. L’Italia invece è ferma, quindi abbiamo bisogno di aumentare occasioni di confronto e di sviluppo di proposte su questo tema. Stiamo “perdendo un treno”, sia dal punto di vista della salute pubblica, sia sul piano industriale. D’altronde nel report di Mario Draghi sulla competitività, così come nel report di Enrico Letta, si sottolinea chiaramente come l’area digitale e l’investimento in innovazione tecnologica siano fondamentali per portare l’Europa al pari di USA e Cina e fare passi avanti verso il futuro».
Proprio per questo Sanofi è a fianco del progetto Digital Health Policy Lab fin dal suo esordio?
«Esattamente. Il DTx Monitoring Report è un’analisi fondamentale per avere un’immagine chiara del mercato: normative nazionali ed europee, sviluppo e diffusione delle terapie digitali… E anche per misurare quanto l’Italia deve correre per allinearsi agli altri Paesi. Abbiamo l’urgenza di procedere con la regolamentazione, di rendere chiaro il processo di valutazione e rimborso delle terapie digitali, abbiamo bisogno di chiarezza su come vanno condotti gli studi clinici affinché il processo di approvazione sia più rapido. Serve, insomma, un framework chiaro. E, al contempo, bisogna sviluppare competenze digitali nella classe medica, che è coinvolta nella prescrizione e nella diffusione delle DTx, ma anche nei fruitori finali. Anche se, diverse ricerche evidenziano la forte attenzione e il grande interesse da parte dei cittadini e delle cittadine nei confronti di queste terapie innovative, nella convinzione che la loro efficacia possa migliorare la qualità di vita».
Già, perché alcune terapie digitali possono fare la differenza anche nell’aderenza alle terapie farmacologiche. Ma non solo. Sanofi è impegnata su questo fronte: penso a Rita (Remote Intelligence for Therapeutic Adherence), un’app che può migliorare l’aderenza terapeutica e il monitoraggio del paziente in ambito oncoematologico, e a Tosca, un web tool che avete sviluppato per identificare il rischio di sviluppare il diabete.
«Noi stiamo lavorando a diversi progetti digitali, a livello globale: applicazioni per monitorare vari parametri di salute, per supportare il paziente ad assumere correttamente i farmaci, a comunicare con i medici e accedere a risorse educative personalizzate. Di fatto si sta riducendo sempre più il tempo del medico a disposizione del paziente, e si sta dilatando il tempo in cui il paziente è solo nella gestione della propria terapia. Per questo stiamo lavorando allo sviluppo di soluzioni che possano far sentire il paziente vicino al medico, alla cura e curato. Rita, per esempio, è un tool remote intelligence che abbiamo sviluppato in collaborazione con altre aziende per migliorare l’aderenza terapeutica dei pazienti oncoematologici. È stato progettato sia per supportare i clinici nella gestione del paziente, raccogliere e gestire i dati clinici, che il paziente nella gestione dei problemi più comuni: perché in fondo è anche un mezzo di comunicazione “non invasivo” con il medico stesso. La collaborazione con altre aziende può essere proficua per migliorare la vita dei pazienti».
Con Tosca, invece, entriamo nel campo della diabetologia.
«Sì, Tosca è un tool grazie al quale si riesce a predire il rischio di sviluppare il diabete di tipo 1 a uno, tre e cinque anni, e questo è molto importante. Si tenga presente che l’Italia è l’unico paese al mondo che, da poco, si è dotato di una legge per lo screening del diabete di tipo 1 nella popolazione in età infantile e adolescenziale. Predire la possibilità di sviluppare la malattia, che esordisce con accesso al pronto soccorso nel 40% dei casi, è importante per mettere in campo tutta una serie di misure preventive e assicurare la gestione ottimale della malattia, fino a poterla ritardare grazie a soluzioni terapeutiche farmacologiche, a cui stiamo lavorando».
Lei in Senato ha illustrato la prospettiva dell’industria farmaceutica sottolineando l’importanza di supportare la digitalizzazione: ha parlato di terapie digitali, ma non solo.
«Attorno al tavolo c’erano tecnici, decisori, rappresentanti delle associazioni. Io come rappresentante dell’industria delle Life sciences. Sanofi è un player impegnato attivamente nel cercare di spingere il contesto italiano verso la digitalizzazione. Perché la digitalizzazione è fondamentale per lo sviluppo futuro di tutto il comparto salute. Oggi, per esempio, la digitalizzazione e l’applicazione dell’AI giocano un ruolo chiave negli studi clinici e nello sviluppo di nuovi farmaci.
Per questo abbiamo siglato una collaborazione importante con OpenAI – per primi nel comparto pharma – per sviluppare software per disegnare studi clinici più rapidamente. Oggi mediamente lo sviluppo di un farmaco è un processo lungo e complesso che richiede almeno 10 anni. Con l’implementazione dell’Intelligenza Artificiale è possibile dimezzare i tempi di Ricerca&Sviluppo e di approvazione, velocizzando i tempi di individuazione del target ottimale tra milioni di candidati farmaci, processo che richiede anni, ma anche riducendo drasticamente il tempo necessario a produrre la documentazione per il deposito dei dossier all’FDA e all’EMA. Si prevede che entro il 2030 saremo in grado di ridurre del 50% il tempo per lo sviluppo di nuovi farmaci innovativi.
Ma in Senato ho ribadito anche quanto l’Italia non possa permettersi di perdere la grande opportunità rappresentata dalle terapie digitali perché la popolazione italiana è fra le più longeve al mondo: dal 2003 al 2043 la percentuale di over 65 passerà dal 20 al 35%. E con l’aumentare dell’età media aumenterà anche il numero delle patologie, in particolare delle patologie croniche. Quindi il supporto delle DTx è imprescindibile, anche per la sostenibilità del Sistema sanitario nazionale, che fa sempre più fatica a essere universalistico. Ebbene, le terapie digitali possono contribuire a modificare comportamenti e stili di vita, migliorare la prevenzione e garantire un miglior trattamento e una maggiore aderenza ai farmaci. Perché è bene ricordare che un farmaco per essere efficace deve essere assunto e con regolarità».
A proposito di sostenibilità del Sistema sanitario, le risorse latitano. Quanto è importante su questo fronte la sinergia tra pubblico e privato?
«La sinergia pubblico-privato è assolutamente importante. Ma ancor più importante è capire che la salute è un investimento e non un costo. Focalizzando l’attenzione sulle DTx, per esempio, è importante dedicare un fondo ad hoc alle terapie digitali che non vada a erodere il fondo per i farmaci, classici o innovativi che siano. Perché l’implementazione graduale delle DTx consentirà al SSN di affrontare meglio le sfide poste dalla cronicità, modificando, come dicevo, i comportamenti e, in associazione o meno alle terapie farmacologiche, migliorando la salute e la qualità di vita dei cittadini. Quindi, potranno ridurre il carico economico di gestione di milioni di pazienti».