Telemedicina, Locatelli (Politecnico di Milano): «Il PNRR colmerà il gap con i Paesi competitor»

Telemedicina, Locatelli (Politecnico di Milano): «Il PNRR colmerà il gap con i Paesi competitor»

Picture of Mario Catalano

Mario Catalano

Perché ne stiamo parlando
Gli investimenti previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza potrebbero dare un importante contributo nello sviluppo e nella diffusione della telemedicina. Tra le sfide più importanti, la definizione di percorsi organizzativi di “connected care”. I Paesi competitor, nel frattempo, hanno già messo il piede sull’acceleratore, raggiungendo cifre di mercato da capogiro.

La telemedicina in Nord America è una macchina da guerra economica. La regione domina quasi la metà del giro d’affari mondiale del settore, raggiungendo il 47,1% nel 2022. I numeri sono emersi dal secondo Report Grand View Research. Due i fattori chiave che hanno spinto la crescita del mercato: l’elevata spesa informatica per l’assistenza sanitaria e la maggiore penetrazione degli utenti di internet e smartphone. In futuro si prevede che nell’Asia Pacifico si assisterà al tasso di crescita più rapido entro il 2030. L’aumento della popolazione geriatrica in Paesi come India e Giappone, insieme ai progressi innovativi nel digital health, saranno determinanti. In futuro, come si posizionerà l’Italia nello scacchiere internazionale? Ne abbiamo parlato con Paolo Locatelli, dal 2010 uno dei responsabili scientifici dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, responsabile dell’area Innovazione Digitale di Fondazione Politecnico di Milano e membro del comitato della HIMSS (Healthcare Information and Management Systems Society) Italian Community.

Locatelli, cosa aspettarsi nei prossimi anni?

«Alcuni dei fattori indicati per gli altri Paesi valgono anche, e forse ancor più, per l’Italia: il numero degli utenti per internet e smartphone e l’aumento della popolazione geriatrica. Nel nostro Paese la spesa informatica in sanità, circa 29 euro procapite secondo quanto riportato dall’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano 2022, è oggi inferiore a quella nei Paesi europei di riferimento (40 euro per la Francia, 60 euro per la Gran Bretagna e 70 per Svezia e Danimarca), ma con l’impatto degli investimenti in sanità digitale della missione 6 del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ci sarà una crescita significativa nel periodo 2023-2026 che permetterà di colmare il gap e dovrebbe, quindi, abilitare una reale trasformazione digitale della sanità nel nostro Paese. Dal mio punto di vista, i professionisti sanitari e i pazienti sono pronti, la sfida è l’attuazione nel sistema sanitario nazionale in modo efficace ed omogeneo sul territorio».

Secondo Trends Shaping the Health Economy Report 2023 sono state 76,6 milioni le televisite nel secondo trimestre 2020 (41,5 nel quarto trimestre 2022). Telemedicina sempre più di nicchia?

«Secondo i dati dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano, in Italia nel 2022 l’utilizzo delle televisite da parte di MMG (Medici di Medicina Generale) e medici specialisti è tornato ai livelli del periodo pandemico di picco, assorbendo la riduzione rilevata nel 2021. Nel nostro Paese questa ripresa per altro ancora non capitalizza gli investimenti in telemedicina previsti nel PNRR Missione 6 Salute, viste le gare per le piattaforme regionali di telemedicina ancora in corso e con completamento previsto per la fine del 2023. La televisita è l’ambito di telemedicina su cui si è lavorato di più dal punto normativo in Italia, è molto richiesta dai pazienti ed è richiesta come strumento sia dai MMG sia dai medici ospedalieri. La barriera per una compiuta diffusione di questo strumento è ora quella organizzativa».

I prossimi passi?

«Devono essere definiti percorsi organizzativi di “connected care” che affianchino la televisita ad accessi in persona, condivisione e valutazione di documentazione clinica per pareri clinici specialistici, oltre agli altri ambiti di telemedicina (teleconsulto MMG-medico specialista, teleassistenza e molto altro). L’elemento di attenzione, nel nostro Paese, è la definizione di questi elementi organizzativi nel singolo contesto regionale, con coerenza con un quadro di uniformità nazionale, che si declini poi all’interno delle singole strutture sanitarie pubbliche e nel privato accreditato (al momento non compiutamente coinvolto negli investimenti PNRR per la telemedicina)».

I “super utilizzatori” tendenzialmente sono i più giovani e di sesso femminile, i “singular users” sono leggermente più anziani e in maggioranza femminile. Ci vorrà ancora qualche anno per assistere a un’impennata del telehealth?

«In termini di dati italiani abbiamo una conferma di utilizzo maggiore dei servizi di sanità digitale tra i più giovani, ma l’altro elemento interessante, che è emerso ad esempio per l’utilizzo dei servizi di FSE (Fascicolo Sanitario Elettronico), è l’utilizzo da parte dei familiari più giovani (valorizzando le reti di supporto informali): secondo il nostro Osservatorio Sanità Digitale, il 27% degli utilizzatori ha usato il FSE anche o solo per altre persone, con un valore di questa tipologia di caso d’uso che sale al 50% per i 25-34enni. Questo aspetto di “rete informale” di famigliari e di caregiver nel supporto all’accesso ai servizi di telemedicina sono un fattore importante nel nostro Paese. Qualche anno fa ho guidato un progetto europeo sulla sanità digitale a domicilio per i pazienti con forme lievi di degrado cognitivo e per i loro caregiver, e le reti informali di sostegno nell’accesso ai servizi digitali erano risultate fondamentali in Italia e in Spagna rispetto a Stati dove il riferimento unico di sistema sanitario istituzionale era molto più rilevante (nello specifico in Svezia e in Israele). Un altro mito da sfatare è che l’età sia l’unico fattore da considerare per l’accesso ai servizi di sanità digitale, l’approccio corretto dovrebbe valutare l’eleggibilità del singolo paziente all’accesso ai servizi di telemedicina in base sicuramente all’età, ma anche al suo livello di digital literacy, alle condizioni sociali (comprendenti anche la presenza di caregiver e reti formali e informali di sostegno), alle condizioni cliniche, ecc… L’obiettivo che dobbiamo avere, più che la crescita isolata del telehealth, è raggiungere un utilizzo appropriato e diffuso delle diverse tipologie di telemedicina».

Come mai la telemedicina non decolla in tutti gli ambiti, come la radiologia?

«I piani per la telemedicina definiti dalle singole regioni italiane a metà del 2023 confermano la rilevanza delle patologie croniche (a partire da malattie cardiovascolari e respiratorie, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva) e la volontà di indirizzare queste patologie con le iniziative di telemedicina. Per indirizzare la diagnostica per immagini con la telemedicina, immagino però più in un contesto di teleconsulto o di televisita, deve essere presente un fattore tecnico abilitante: la possibilità di condividere immagini diagnostiche mediante sistemi sovra-aziendali (in primis regionali nel nostro assetto del sistema sanitario) facendo evolvere la logica dei PACS (Picture Archiving and Communication System), una tecnologia di imaging medico utilizzata per archiviare, recuperare, gestire, distribuire e presentare in modo sicuro immagini digitali e referti clinicamente rilevanti, oltre la radiologia e verso una gestione unitaria delle diverse immagini diagnostiche. Senza questi sistemi, ora presenti solo in alcune regioni italiane (cito il caso della Toscana come caso di successo prima con i 3 PACS di area vasta e poi con il sovra PACS regionale), la telemedicina nell’ambito della diagnostica per immagini ha forti limiti alla diffusione. Altro ambito che deve ancora trovare una modalità organizzativa di riferimento (e anche normativa, ad esempio sul fronte tariffario) è quello del tele-monitoraggio».

Con la Piattaforma Nazionale per i servizi di Telemedicina, l’Italia può cambiare passo e rialzare un Servizio sanitario nazionale al collasso?

«La Piattaforma Nazionale per i servizi di Telemedicina è sicuramente un tassello importante per cambiare passo in Italia, è però molto importante anche la realizzazione delle infrastrutture regionali di telemedicina con l’iniziativa coordinata dalla Regione Lombardia su delega Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), che prevede la conclusione della procedura di gara nel giro di qualche mese (indicativamente per la fine del 2023). Queste due azioni metteranno a disposizione le soluzioni applicative, a cui si affianca l’iniziativa coordinata dalla Regione Puglia su delega Agenas per l’acquisizione delle postazioni informatiche per accedere alle soluzioni di telemedicina. Poi devono essere indirizzati i dispositivi di tele monitoraggio a domicilio (saturimetri, rilevatori pulsazioni, ECG, ecc…) che sono previsti in un’altra azione del PNRR Missione 6 salute e su cui alcune Regioni stanno mettendo in campo gare specifiche in questo periodo (ad esempio l’Emilia Romagna). Tutti questi elementi devono essere in campo per attuare i servizi di telemedicina, insieme ad azioni organizzative per far sì che il sistema sanitario nazionale italiano possa far leva sulle opportunità di recupero di efficienza ed efficacia offerte dalla sanità digitale (di cui la telemedicina è un tassello)».

Per far decollare la telemedicina è necessario “far parlare a tutti la stessa lingua”. Come si sta muovendo il Paese sulla formazione personale medico/infermieristico, divulgazione delle linee guida e informazione dei medici di famiglia?

«L’azione di informazione e formazione è fondamentale, e qui va utilizzata bene, secondo me, quella prevista nella missione 6 salute del PNRR per il Fascicolo Sanitario Elettronico. Solo un utilizzo di quegli investimenti a tutto tondo sulla sanità digitale, anche oltre il FSE 2.0 e includendo la telemedicina, può far sì che tecnologie (piattaforme e infrastrutture di telemedicina) e organizzazione ed evoluzione delle competenze (fino ad arrivare ad approcci di empowerment del personale sanitario) portino a una reale evoluzione di servizio e di sistema. Per altro, le famiglie professionali coinvolte non sono solo quelle del personale medico ed infermieristico, pensiamo ai ruoli amministrativi e di front-end (ad esempio per le prenotazioni e il corretto accesso ai servizi di televisita), e devono coinvolgere anche i cittadini (pazienti e caregiver). Si tratta di un progetto ampio di trasformazione digitale e, quindi, l’evoluzione delle competenze è assolutamente centrale. Entrando nello specifico delle competenze necessarie per il personale sanitario, i gap che emergono al momento, in base alle analisi dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano, sono significativi per MMG, medici specialisti e infermieri con particolare rilevanza per l’analisi e interpretazione dei dati clinici e per la comunicazione digitale con pazienti e caregiver».

Negli ultimi anni, i bisogni di salute della popolazione sono cambiati ed è aumentata la quota di anziani e patologie croniche. Due fattori che rendono necessario un ridisegno strutturale e organizzativo della rete dei servizi, in particolare il rafforzamento dell’ambito territoriale e di assistenza. In questo contesto, l’innovazione tecnologica, come la telemedicina, può dare un importante contributo, attraverso modelli assistenziali innovativi incentrati sul cittadino e facilitando l’accesso alle prestazioni sul territorio nazionale.

Keypoints

  • La telemedicina è in forte crescita negli Stati Uniti e si prevede un aumento anche in Asia per fattori demografici e progressi tecnologici
  • In Italia la spesa per la sanità digitale è inferiore ad altri Paesi europei, ma gli investimenti del PNRR dovrebbero colmare il divario
  • L’utilizzo delle televisite in Italia è tornato ai livelli del picco pandemico, ma servono percorsi organizzativi di connected care
  • Le reti informali di familiari e caregiver sono fondamentali per supportare l’accesso ai servizi di telemedicina in Italia
  • Lo sviluppo di sistemi di condivisione delle immagini diagnostiche è necessario per far decollare la telemedicina nell’ambito della diagnostica
  • Gli investimenti in piattaforme, dispositivi e formazione del personale sanitario sono cruciali per integrare la telemedicina nel SSN e migliorare l’assistenza territoriale

Altri articoli