L’Industria della Salute è un settore economico interdisciplinare, complesso e dinamico che oggi, con l’avvento dell’intelligenza artificiale e delle terapie digitali, si trova di fronte a nuove sfide e nuove opportunità.
Se n’è discusso in occasione del 63° Simposio AFI che, dal 5 al 7 giugno, ha riunito al Palacongressi di Rimini tutti gli attori della filiera: dalle startup alle aziende farmaceutiche, dalle associazioni di categoria (Farmindustria, Assobiotec, Assointegratori, Assosalute, AICRO…) alle istituzioni (AIFA, Ministero della Salute).
Quello delle terapie digitali è un ambito in continua evoluzione e il gruppo di studio AFI “Salute Digitale – Digital Health” ne ha tracciato opportunità e criticità nel corso della sessione scientifica “Sinergie e innovazione nel mondo della salute”.
Gorini: 93 terapie digitali sul mercato globale
Come ha illustrato Marco Gorini (Astrazeneca), oggi «sul mercato ci sono 93 terapie digitali in commercio, 30 terapie in più rispetto allo scorso anno e il mercato continua a richiedere lo sviluppo di nuove terapie».
A farla da padrona l’area psichiatrica: «Parliamo di DTx che vanno ad agire su comportamenti disfunzionali dei pazienti». Ma anche l’ambito delle cronicità (diabete e obesità) è tra le aree di maggior test e sviluppo ed è in crescita; costanti invece le aree della reumatologia, dell’oncologia e del dolore.
«Le DTx stand alone, che svolgono la loro efficacia terapeutica sul paziente direttamente come soluzioni singole, rappresentano il 43% delle soluzioni oggi presenti sul mercato». Sono più numerose, dunque, e più note rispetto alle DTx che si associano a farmaci o device. Un esempio? Freespira, che troviamo nel mercato americano: kit per pazienti che soffrono di attacchi di panico.
A proposito delle funzionalità a corredo delle DTx, Gorini ha puntualizzato: «Tante volte abbiamo parlato di DTx in analogia al meccanismo dei farmaci: così come c’è un principio attivo e un eccipiente che aiuta l’assunzione del principio attivo, analogamente nelle terapie digitali il principio attivo è un algoritmo che favorisce la gestione del paziente e ci sono eccipienti digitali che favoriscono la ricezione dell’algoritmo». Ebbene, dalla mappatura del mercato globale, emerge che la Data Integration – la possibilità cioè di raccogliere dati nella vita quotidiana del paziente – è presente in tutte le DTx in commercio. «Sempre di più, poi, troviamo le funzionalità di Progress Tracking (il monitoraggio e la visualizzazione dei progressi) e di Health literacy and media library, che aumentano l’awareness del paziente fornendo informazioni sulla sua patologia. E ci si sta orientando verso un rapporto double way: per cui il paziente ha modo di dare feedback durante il percorso terapeutico».
Il coinvolgimento dell’utente, del resto, si sta rivelando sempre più importante e lo si persegue attraverso reminders, gamification, rewarding…
Parlando di costi e facendo riferimento soprattutto a dati americani e tedeschi, Gorini ha precisato che l’84% delle DTx è rimborsata dalle assicurazioni, il modello prevalente è il B2B e nella maggior parte dei casi prevede la necessità di prescrizione da parte del medico, che ne riconosce l’efficacia e l’opportunità terapeutica. «Il prezzo medio delle DTx in commercio è di circa 500 euro per un trattamento della durata di 90 giorni. Tuttavia, un recente studio pubblicato su Nature Digital Medicine, condotto su 20 DTx DIGA, evidenzia che dopo un anno il prezzo è rinegoziato e il prezzo applicato dal produttore scende a 200 euro».
Quello delle terapie digitali – ha concluso – è un mondo che sta sicuramente evolvendo, e «il fatto che più soluzioni siano sul mercato rappresenta la chiara indicazione, da un lato, di un bisogno e, dall’altro, dell’efficacia clinica dimostrata nei trial». Un fattore chiave su cui lavorare è la Digital Literacy, della classe medica e dei pazienti.
Sgarbossa: IA, DTx e salute
Il punto di vista di medici e pazienti lo ha illustrato Chiara Sgarbossa (Politecnico Milano) condividendo con la platea del Simposio AFI i risultati delle ricerche dell’Osservato Sanità Digitale e dell’Osservatorio Life Science Innovation, condotte in collaborazione con i vari attori del sistema sanitario: dagli infermieri (Fnopi) ai medici di famiglia (Fimmg), dalle Società scientifiche a Doxa Pharma, dalle associazioni dei pazienti ad Agenas e Ministero della Salute.
«Il 22% degli italiani usa ChatGPT (dato raddoppiato rispetto allo scorso anno). E in merito alla salute, lo utilizzano per cercare informazioni su prevenzione e corretti stili di vita, ma anche su farmaci e terapie. Solo una piccolissima percentuale, fortunatamente, lo usa anche per formulare una diagnosi sulla base dei sintomi».
Dato che comunque evidenzia, secondo Sgarbossa, l’importanza di una buona educazione per usarlo correttamente: «attenzione all’autodiagnosi e all’uso senza supporto del medico».
In generale, emerge una percezione positiva dell’utilizzo dell’IA in ambito medico: «se usata con prudenza, secondo il nostro campione di pazienti (cronici, con malattie oncologiche o rare) può portare più benefici che rischi e può aiutare il medico a prendere decisioni più precise e rapide».
Per quanto riguarda invece le terapie digitali, «non sono ancora presenti sul mercato italiano, ma il 62% dei pazienti si dichiara interessato e disposto a usarle, percentuale che si riduce tra gli over 65 che hanno in generale una minore propensione all’innovazione. Tra i principali driver che porterebbe i pazienti a usare le DTx c’è l’auspicio di poter stare meglio e di essere maggiormente consapevoli della propria patologia. Ma assume una certa rilevanza la modalità di gestione dei dati raccolti».
Tra i medici, invece, i dati evidenziano che già c’è chi ricorre all’IA generativa per cercare informazioni scientifiche e articoli scientifici relativi a una certa area di patologia, per avere un supporto nella diagnosi, nella scelta del trattamento e nelle decisioni per la prevenzione, ma anche per la produzione di referti e documentazioni, per automatizzare quindi certi processi amministrativi.
In generale, «i medici vedono molti più benefici che rischi dall’utilizzo dell’IA, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di personalizzare la cura e monitorare in modo più sostenibile tanti pazienti cronici».
Per quanto riguarda le terapie digitali, invece, 7 medici su 10 non hanno esattamente ben chiara la differenza tra DTx e app per la salute; metà sarebbe disposta a prescrivere una terapia digitale se avesse la possibilità di farlo. E anche in questo caso la percentuale si riduce tra gli over 65.
«Driver all’utilizzo da parte dei medici delle DTx è il poter avere dati che, se raccolti correttamente, possono supportare la loro attività di ricerca clinica e le loro decisioni».
In attesa di una Legge che regolamenti in Italia l’uso delle terapie digitali, ha concluso Sgarbossa, è importante far sì che i pazienti e la classe medica acquisiscano conoscenze e competenze adeguate sulle terapie digitali.
Patrucco: verso il digital caregiver
Anche Laura Patrucco (Alfasigma e Presidente Associazione Scientifica Sanità Digitale) ha dato voce ai pazienti facendo una panoramica sulla filiera della digital healthcare e sulla digital experience di pazienti e caregiver.
«È importante comprendere per innovare, perché se comprendiamo il bisogno è più semplice creare nuovi servizi digitali; ed è fondamentale parlare di innovazione in termini di inclusione, per garantire equità di accesso ed evitare il digital divide, che può essere perimetrato con l’alfabetizzazione».
E a proposito di tecnologie sanitarie assistive, Patrucco ha ribadito l’importanza di prestare attenzione a fruibilità, usabilità, accesso – «Nel caso di un servizio digitale, se non è fruibile è come non averlo» – e di promuovere l’empowerment tecnologico dell’operatore sanitario, del paziente e del caregiver. «Lo sviluppo di tecnologie sempre più avanzate e la necessità di adattare gli strumenti alle esigenze della persona assistita fanno emergere la necessità di una adeguata formazione digitale, anche per il personale sanitario che è interlocutore del paziente, delineando la figura del caregiver digitale, per poter migliorare la qualità di vita».
Informare per formare, dunque. E in quest’ottica, ha concluso, «il terzo settore – rappresentato dalle società scientifiche come AFI e dalle associazioni come ASSD – sta lavorando nel fare formazione, informazione e alfabetizzazione. È necessaria una digital patient advocacy e come gruppo AFI Digital Health la stiamo supportando».
Cazzaniga: AI a supporto delle scelte cliniche
Spiegare per far capire ai pazienti le enormi potenzialità delle innovazioni tecnologiche è fondamentale anche secondo Sara Cazzaniga (IQVIA) che, dopo la panoramica sulla percezione di pazienti e medici di rischi e benefici derivanti dall’uso di DTx e AI in ambito medico, ha presentato alcune applicazioni reali che esemplificano come l’IA sia di supporto alle decisioni cliniche.
«L’IA può aiutare nell’identificazione di una malattia, grazie all’analisi di fattori di rischio, quindi può permettere una diagnosi precoce, ma consente anche di identificare pazienti a rischio di eventi avversi e i principali fattori che determinano la non aderenza alla terapia, consente di migliorare la gestione del paziente e la qualità di cura, quindi di ridurre le re-ospedalizzazioni e ottimizzare la risposta al trattamento».
Ha dunque condiviso alcuni casi di studio che hanno dimostrato il valore clinico dell’IA, ma anche il valore economico: perché «anche la sostenibilità è importante». L’impiego di un algoritmo di Intelligenza Artificiale ha consentito per esempio di identificare pazienti con fibrillazione atriale ad alto rischio di stroke e di rivedere la terapia: «con l’effetto di ridurre del 22% i pazienti con stroke e risparmiare 2 milioni di sterline, considerando solo le spese sanitarie, 7 milioni considerando anche i fattori socio economici».
Dalla fibrillazione atriale al diabete: gli esempi illustrati evidenziano come grazie ad algoritmi di IA sia stato possibile identificare fattori di rischio, ottimizzare il percorso di diagnosi e cura e cambiare anche le linee guida che supportano i clinici nella gestione dei pazienti.
«Anche in Italia si potrà fare tutto questo. Lo si deve fare all’interno di un frame regolatorio molto strutturato» ha concluso.
Loizzo: verso la Legge sulle terapie digitali
«A luglio la Legge dovrebbe andare in discussione» ha riferito la Deputata Simona Loizzo che ha aggiornato i presenti sui lavori in corso. «Abbiamo impegnato il Governo a elaborare entro un anno l’Osservatorio delle terapie digitali presso il Ministero della Salute, all’interno del Dipartimento Device, e insieme ad Agenas. E stiamo facendo un grande lavoro per creare un grosso Centro di elaborazione dei dati sanitari presso l’Unical, in collaborazione con Agenas e il Politecnico di Milano, con cui stiamo organizzando, per settembre, gli Stati Generali della Sanità Digitale».
Stefanelli: il trattamento dei dati sanitari
Di natura tecnica l’intervento dell’avvocata Silvia Stefanelli, che ha fatto il punto proprio sulla necessità e la complessità di normare tutto: terapie digitali, Intelligenza Artificiale.
«Sono strumenti – ha detto – che possono modificare l’organizzazione della nostra sanità, le modalità di erogazione delle prestazioni. E la gestione dei dati gioca un ruolo chiave affinché questi strumenti possano essere efficaci e sicuri. In altre parole, la possibilità di usare i dati per sviluppare nuovi prodotti e immaginare nuovi servizi nell’ambito del nostro sistema sanitario nazionale è un tema cardine che è oggetto di un amplissimo dibattito, legato in particolar modo alle scelte del nostro legislatore sulla disciplina della protezione dei dati nella ricerca scientifica».