Terapie digitali. Cosa sono? Quali sono già a disposizione dei pazienti? In questo mercato, che ruolo gioca l’Italia? E qual è il ruolo del farmacologo, dato che parliamo di terapie che vengono somministrate attraverso tecnologie digitali e il cui “principio attivo” è costituito da un software o da un algoritmo?
Di tutto questo si è discusso oggi pomeriggio al 42° Congresso nazionale della Società Italiana di Farmacologia nell’ambito della sessione Digital Therapeutics: next generation pharmacology.
Formazione, informazione e alfabetizzazione
Questo simposio dedicato alle terapie digitali nasce dalla consapevolezza dell’importanza e della necessità di fare formazione, informazione e alfabetizzazione. Lo ha sottolineato Fabrizio Gardoni, Professore ordinario di farmacologia all’Università Statale di Milano e membro del direttivo SIF.
«Ci siamo resi conto che per quanto riguarda le terapie digitali c’è ancora poca conoscenza e c’è bisogno di fare alfabetizzazione, non solo dei pazienti e dei medici, ma di tutti gli operatori coinvolti ai diversi livelli». Un’occasione di formazione, allora, per i giovani farmacologi e le giovani farmacologhe.
Gardoni ha dunque chiarito che «le terapie digitali sono una delle tante tecnologie digitali per la salute, ma non tutte le tecnologie digitali per la salute sono terapie digitali. Per terapia digitale si intende una terapia rivolta al paziente, con studi clinici a supporto, mirata a dare un effetto terapeutico mediato da un software, un’app online…». Parliamo di dispositivi medici che svolgono un’attività terapeutica e che per ottenere la marcatura CE ed essere messi in commercio devono avere alle spalle studi clinici che ne dimostrino efficacia, sicurezza e rapporto rischio-benefici.
«Se alcuni paesi europei, prima fra tutti la Germania, hanno decine di DTx approvate, commercializzate e rimborsate dal servizio sanitario, purtroppo – ha puntualizzato Gardoni – in Italia non abbiamo ancora terapie digitali rimborsate dal SSN e la proposta di legge sulle terapie digitali è ferma in Parlamento da giugno 2023. Speriamo ci sia un’evoluzione nei prossimi mesi. Nel frattempo si cerca di preparare i vari operatori alla successiva immissione e, si spera, rimborsabilità delle DTx».
Nel sottolineare il divario rispetto alla Germania e, al contempo, nell’offrire una panoramica sulle terapie digitali già a disposizione dei pazienti per una vasta gamma di disturbi, Gardoni ha illustrato due esempi pratici di DTx approvate oltralpe. «Elevida è destinata ai pazienti con sclerosi multipla: li supporta nel gestire la fatica. È una terapia digitale che si basa sulla terapia cognitivo comportamentale e propone corsi online che permettono al paziente di alleviare l’affaticamento legato alla SM, fare test di autovalutazione, monitorare i progressi».
Altra terapia digitale che si basa sulla terapia cognitivo-comportamentale è HelloBetter, progettata e sviluppata per pazienti che soffrono di attacchi di panico e disturbi d’ansia. «L’app propone diversi moduli online che aiutano di settimana in settimana a gestire la condizione patologica».
Ma qual è il ruolo del farmacologo in tutto questo? Gardoni ha concluso il suo intervento rispondendo a questo quesito. «Ci sono tante sovrapposizioni tra terapie digitali e terapie classiche: anche le DTx devono dimostrare un’efficacia, e anche le DTx potrebbero avere effetti collaterali, come tutte le altre terapie. In questo contesto dunque anche il farmacologo clinico può svolgere un’azione fondamentale. E non è da sottovalutare il ruolo che può giocare a livello didattico, di formazione dei vari operatori, e nei vari tavoli di discussione dove si lavora per mettere a punto i protocolli regolatori per l’utilizzo delle terapie digitali».
Europa: manca un quadro normativo unico
«Se in Italia manca un quadro regolatorio normativo, sia per il processo di approvazione sia per l’eventuale rimborsabilità delle terapie digitali, e si sta cercando di colmare questo gap con la proposta di legge presentata dall’Intergruppo parlamentare sulla sanità digitale guidato da Simona Loizzo; in Europa la situazione è molto frammentata», ha aggiunto Angela Ianaro, ordinaria di farmacologia del Dipartimento di farmacia dell’Università Federico II di Napoli, che ha raccontato il quadro normativo e regolatorio in Italia e in Europa. Nel Vecchio Continente, nel campo delle terapie digitali, la leadership è della Germania, «che già dal 2019 si è dotata del Digital Act, il famoso DIGA, la legge sulla sanità digitale che delinea procedure e requisiti per la valutazione e il rimborso delle terapie digitali». Tra le prime della classe in Eu, «la Francia, che nel 2023 ha introdotto formalmente percorsi di valutazione specifici per i dispositivi medici digitali, differenziando i confini terapeutici dalle soluzioni di monitoraggio, e ha adottato modelli di accesso precoci sull’esempio della Germania. E il Belgio, che segue come paese leader nell’ambito dei processi di valutazione e di rimborso».
Il punto chiave, ha sottolineato Ianaro, è la disomogeneità: mentre ci sono paesi leader, come la Germania seguita a ruota da Francia e Belgio, altri paesi, come l’Italia, non hanno ancora definito un percorso normativo sia di sviluppo che di rimborsabilità delle terapie digitali. E in generale non esiste ancora a livello europeo un percorso armonizzato e un unico quadro normativo di riferimento.
Puntando l’attenzione sulla situazione italiana, Ianaro ha altresì indicato come, «da un’analisi del livello di digitalizzazione e della propensione della classe medica a prescrivere le terapie digitali, emerge una certa fiducia, siamo attorno al 50%, nei Digital Therapeutics, ma nel contempo si evidenzia una certa preoccupazione per i livelli di competenza digitale. C’è dunque la necessità di modificare i percorsi formativi universitari e di creare processi di educazione digitale continua, per accrescere le competenze sia del medico sia del paziente e del caregiver, che al momento appaiono frammentate e non adeguate a gestire, comprendere e quindi ben utilizzare questi strumenti di innovazione tecnologica».
DTx Monitoring Report e connected care
Elena Paola Lanati, Ceo e Founder di Indicon Società Benefit (che edita questa rivista), ha condiviso i dati emersi dal secondo DTx Monitoring Report, frutto del lavoro del Digital Health Policy Lab, progetto di ricerca nato nel 2022 in collaborazione tra Indicon e il Dipartimento dell’Università degli Studi di Milano guidato da Paola Minghetti, con l’obiettivo di fotografare lo stato di sviluppo in Italia e in Europa e fare proposte concrete perché possano diventare velocemente una realtà anche nel nostro paese.
La seconda edizione del report ha mappato l’evoluzione delle DTx in Europa ed esteso la ricerca alla cosiddetta connected care, alle tecnologie sanitarie digitali (DHT) con finalità clinica diversa da quella terapeutica, e sviluppato un budget impact della spesa per DTx prevista per aiutare a dimensionare il fenomeno.
«La digital health e in particolare le digital therapeutics sono uno dei trend importanti di innovazione. In Europa – ha sottolineato Lanati – le DTx e in generale le tecnologie sanitarie digitali continuano a diffondersi e dopo la Germania, che è il paese guida (55 le DTx rimborsate nel terzo trimestre 2024), anche il Regno Unito vede una forte crescita (32 le DTx approvate)».
Focalizzandosi sullo stato dell’arte in Italia, Lanati ha evidenziato come nel nostro paese le DTx in sviluppo siano raddoppiate rispetto al 2023 (41, rispetto alle 28 riportate nell’anno precedente), così come il numero di aziende italiane che sviluppano terapie digitali (24 nel 2024 – di cui 16 startup innovative – rispetto alle 13 del 2023); i dispositivi medici digitali usati dal paziente (pDMD) registrati al Ministero sono 17 e potenzialmente possono riguardare 1-2 milioni di pazienti target in Italia per una spesa potenziale di 50 milioni nei primi 3 anni.
Sul fronte normativo, il gruppo di lavoro del Digital Health Policy Lab propone un modello operativo di gestione della rimborsabilità a livello nazionale strutturato in 5 step: richiesta di valutazione, presentazione della documentazione, valutazione da parte della Commissione Innovazione, emissione della decisione finale (in caso positivo, la tecnologia sarà approvata a livello nazionale con un budget specifico e dedicato), rivalutazione ogni due anni.