Editoriale

La sfida del giornalismo di oggi: saper raccontare la complessità
Immagine generata utilizzando l'intelligenza artificiale

Negli ultimi anni mi sono spesso domandata, come giornalista professionista che fa questo lavoro da quasi due decadi, che cosa significhi il mio lavoro.

In questo mondo iperconnesso, dove chiunque sappia scrivere e usare un telefonino può riportare notizie, e dove l’Intelligenza Artificiale generativa può scrivere articoli giornalistici di buona qualità in pochi secondi, mi chiedo se abbia ancora senso fare giornalismo.

La risposta, dopo qualche tentennamento, non può che essere positiva.

Anzi oggi, in un mondo dove chiunque può scrivere di chiunque e far arrivare in pochi secondi un messaggio dall’altra parte del pianeta, in un mondo in cui le fake news corrono più veloci della verità e attecchiscono di più nella mente delle persone, fare giornalismo è un dovere prioritario. Non è più solo un pilastro della democrazia, oggi il giornalismo deve essere il faro che guida le persone verso la verità, che aiuta gli individui a comprendere la complessità, evitando banalizzazioni e ipersemplificazioni.

Perché la pandemia non si può spiegare con un video su Tik Tok di dieci secondi, una patologia non la spieghi con un reel su Instagram, un nuovo trattamento non lo puoi descrivere in modo accurato con un post sui social.

Bisogna saper narrare e spiegare la complessità, usando un linguaggio semplice. Vi sembra poca cosa?

Non solo. Il giornalismo non si deve limitare a spiegare, ma anche a favorire la discussione, a unire i puntini laddove gli altri non li vedono, a tirare fuori temi che nessuno vuole tirare fuori, a smorzare i toni troppo celebrativi o troppo allarmistici. Deve aiutare a contestualizzare, deve disegnare ponti tra le varie posizioni e non alzare muri.

Il giornalismo deve costruire, non distruggere.

Un giornalismo competente

E tutto questo non può non passare dalla competenza.

Oggi ci vogliono competenze verticali per chi fa questa professione. L’epoca dei giornalisti tuttologi, per quanto mi riguarda, si è conclusa. Se fino a poco tempo fa il giornalista era colui che poteva scrivere di tutto, la pandemia a mio avviso ci ha fatto capire che, come il mondo sta cambiando, anche il modo di fornire informazione deve cambiare. Soprattutto per chi scrive di scienza, di innovazione e di medicina. Ma non credo di esagerare se affermo che in tutti i settori ci vuole una competenza il più possibile verticale.

Specializzarsi sembra essere l’unica strada per spiegare questi settori.

Come giornalista io devo essere in grado di spiegare un trattamento nuovo, ma anche di capire quanto è sostenibile, che costo ha per la comunità, che sforzi richiede in termini di risorse umane ed economiche, che impatto reale può avere sulla vita dei pazienti. Devo saper leggere un articolo scientifico e allo stesso tempo saper interpretare una legge che modifica l’assistenza sanitaria.

Il buon giornalismo deve saper unire tutti questi punti che insieme ci raccontano un settore.

Ecco perché, quando Paola Lanati, Ceo INDICON ed editrice di questa testata, mi ha chiesto di dirigere questa nuova rivista, ho accettato con determinazione. E un pizzico di timore.

Un giornalismo che costruisce ponti, non li distrugge

Perché INNLIFES non vuole raccontare solo le scienze della vita o le ultime novità del settore. Quando parliamo di innovazione, ci riferiamo a tutto ciò che può essere impattato da un approccio innovativo: un trattamento, ma anche un percorso terapeutico, una tecnologia, ma anche una formazione utile per saperla utilizzare, un nuovo farmaco, ma anche i percorsi che lo rendono accessibile. L’innovazione permea tutti i settori che concorrono alle scienze della vita: quello scientifico e tecnologico, quello medico, quello sanitario, quello regolatorio, quello istituzionale e quello finanziario e imprenditoriale.

Eccoli lì, i ponti che dobbiamo provare a collegare. E per farlo abbiamo bisogno di essere competenti nel settore delle scienze della vita e in tutti questi micro settori che concorrono alla realizzazione delle life science nel nostro paese.

Vogliamo far parlare tutti gli attori di questo ecosistema. E con Paola Lanati ci siamo accorte che questi attori tra di loro non parlano. E per questo l’innovazione, nel nostro paese, non decolla.

Lei mi ha chiesto di far parlare questi attori, di unire questi ponti. E io ho colto la sfida.

E ho sentito la sua stessa urgenza.

Perché l’Università ha bisogno di sapere che può contare sul mondo imprenditoriale per trasferire la sua ricerca e farla arrivare al letto del paziente, le istituzioni hanno bisogno di conoscere meglio il mondo scientifico, le piccole start up devono sapere che ci sono organismi e realtà pubbliche e private pronti a supportarli, i medici devono sapere quali tecnologie e trattamenti hanno un potenziale di cura concreto per i loro pazienti. Questi soggetti si devono poter parlare tra di loro. Altrimenti le scienze della vita nel nostro paese continueranno ad andare avanti come canne d’organo, ognuno che suona una sinfonia diversa e solo per caso alle volte si accordano.

Un giornalismo innovativo

In tutto questo, il giornalismo che offre INNLIFES non può che essere innovativo.

Su questa rivista non troverete mai comunicati stampa copiati e incollati come succede altrove, perché sia mai che si buca la notizia. Non è più una notizia nel momento in cui viene rilanciata dalle principali agenzie.

Diventa una notizia per noi nel momento in cui approfondiamo e ci prendiamo il giusto tempo per contestualizzare e offrire un’informazione accurata, che preferisce la sostanza alla velocità, la precisione al pressapochismo, la concretezza al sensazionalismo.

Offriremo contenuti e approfondimenti inediti, intervistando non solo italiani ma, potendo contare su una redazione di giornalisti e giornaliste che parla fluentemente inglese, anche esperti esteri che possono fornire un prezioso contributo alla discussione generale.

Ogni articolo, come spiegato nell’apposita sezione che vi racconta come si legge questa rivista, sarà preceduto dal motivo per cui ne vogliamo parlare. Un’assunzione di responsabilità che non si vede altrove: oggi i giornali pubblicano notizie secondo logiche che spesso sfuggono ai lettori. Noi invece vi vogliamo dire perché ne vogliamo scrivere, perché troviamo sensato parlarne adesso.

E visto che i nostri pezzi raccontano la complessità, alla fine di ogni articolo ci saranno i keypoint che riassumeranno i punti principali del pezzo, una sorta di take home message che siamo sicuri potrà fare la differenza nel modo con cui si fruiscono le notizie oggi.

Ci vogliamo assumere la responsabilità del giornalismo che offriamo e per questo abbiamo scritto un patto con i lettori e le lettrici che ci farà piacere condividere con voi.

Sarà una sfida quotidiana poter raccontare l’innovazione nelle scienze della vita e per questo contiamo su di voi: scriveteci suggerimenti, considerazioni, opinioni su quanto leggete o su ciò che vorreste leggere qui. Vogliamo sollecitare la condivisione della conoscenza, ma anche stimolare la comunità di lettori e lettrici in modo continuativo: abbiamo bisogno del vostro supporto.

Perché il giornalismo non è un processo che si cala dall’alto, ma un percorso che si costruisce dalla base.

Non è al servizio di nessuno, se non della comunità dei lettori e delle lettrici.

Altrimenti non funziona.

Buona lettura!

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