I progressi su oltre il 50% degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs, Sustainable Development Goals) sono deboli o insufficienti; sul 30% siamo in una fase di stallo oppure abbiamo addirittura fatto retromarcia. Dall’introduzione del Rapporto Speciale del 2023 sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, presentato il 5 luglio a New York, è evidente che il mondo è in netto ritardo rispetto alla scadenza dell’Agenda 2030 e agli accordi presi dai leader mondiali ormai otto anni fa, nel 2015. L’Italia, è pure più indietro di altri Paesi, al di sotto della media europea. Nonostante i miglioramenti sul tema della parità di genere (nel 2022 +1,7% di donne presenti nei CDA delle aziende quotate in borsa rispetto al 2021), il nostro Paese peggiora in termini di energia pulita (19% di consumo di energia da fonti rinnovabili, in flessione rispetto al 2020).
Numeri che non lasciano spazio a dubbi: un futuro più sostenibile è necessario, ma per raggiungere l’obiettivo serve un’inversione di tendenza concreta, che si può raggiungere solo grazie a una forte volontà politica a livello globale, a un migliore utilizzo delle risorse disponibili e ad un uso consapevole delle nuove tecnologie.
L’Agenda 2030 è un’utopia?
Quando nel 2015 l’allora Segretario generale delle Nazioni Unite Ban-Ki-Moon aveva presentato gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, l’impegno condiviso dai leader mondiali era chiaro: “Nell’intraprendere questo grande viaggio collettivo, promettiamo che nessuno verrà lasciato indietro”, si leggeva nel testo del documento. A distanza di otto anni, dunque a metà strada rispetto alla scadenza fissata, nel Rapporto Speciale pubblicato dall’ONU si afferma, invece, che “ci stiamo lasciando indietro più della metà del mondo”. Il percorso verso un futuro sostenibile appare quindi decisamente in salita.
Che cosa sono gli SDGs dell’Agenda 2030
Eppure, gli accordi presi dalle Nazioni Unite nel 2015 sembravano largamente condivisi. Per la prima volta nella storia i leader mondiali si impegnavano in uno sforzo comune attraverso una vasta agenda politica incentrata sullo sviluppo sostenibile, che aveva come riferimento cinque concetti chiave (le cinque P):
- Persone: eliminare fame e povertà in tutte le forme, garantire dignità e uguaglianza.
- Prosperità: garantire vite prospere e piene in armonia con la natura.
- Pace: promuovere società pacifiche, giuste e inclusive.
- Partnership: implementare l’Agenda attraverso solide partnership.
- Pianeta: proteggere le risorse naturali e il clima del pianeta per le generazioni future.
Questi cinque concetti hanno rappresentato il filo conduttore dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delineati dall’Agenda 2030: ognuno dedicato a un settore diverso della società, ma tutti con lo stesso obiettivo, quello di avanzare verso il futuro in modo equo, sostenibile e giusto. Secondo i propositi dell’Agenda 2030, infatti, lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente non deve compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni. Per raggiungere l’obiettivo è necessario armonizzare tre elementi fondamentali: la crescita economica, l’inclusione sociale e la tutela dell’ambiente.
I 17 SDGs hanno un respiro globale: dall’eliminazione della fame nel mondo allo sviluppo sostenibile, dall’uguaglianza di genere all’istruzione di qualità, dal rispetto per la vita sott’acqua e sulla terra alle azioni per affrontare l’emergenza climatica. Grandi propositi per rendere il mondo un posto migliore per tutti e tutte, attraverso azioni concrete e condivise a livello globale.
Salute e Benessere
Ad esempio, se si considera l’ambito della Salute, gli obiettivi sono molti e ambiziosi, riassumibili nell’intento di “assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età”. Le azioni si focalizzano nell’ambito della salute infantile e della salute materna, del contrasto alle malattie trasmissibili, della prevenzione nell’abuso di sostanze stupefacenti e – obiettivo primario – nel conseguire una copertura sanitaria universale.
Tuttavia, durante la 76° Assemblea dell’OMS – svoltasi a Ginevra nell’ultima settimana di maggio – il Direttore Generale Tedros Adhanom Ghebreyesus ha presentato un rapporto sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, dichiarando che “il target 2030 non è alla nostra portata”. Nel rapporto si legge inoltre che: “Per quanto riguarda la copertura sanitaria universale, meno della metà della popolazione mondiale sarà coperta entro la fine dell’era degli SDG nel 2030, il che significa che dobbiamo almeno raddoppiare il ritmo”.
Lavoro dignitoso e crescita economica
Anche per quanto riguarda l’Obiettivo 8, dedicato alla necessità di “Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti”, in questi anni sono stati fatti senza dubbio dei passi in avanti, ma raggiungere tutti gli obiettivi entro la scadenza del 2030 sembra decisamente utopistico. Si pensi ad esempio all’obiettivo di “Scollegare la crescita economica dalla degradazione ambientale”, o quello che riguarda il progresso tecnologico e l’innovazione in funzione di standard elevati di produttività economica. Processi di questo tipo richiedono da un lato un cambiamento dal punto di vista culturale, dall’altro azioni concrete da parte degli Stati, che devono “accompagnare” le aziende verso un cambiamento radicale del modello produttivo. Come detto, però, già inizia a vedersi un primo miglioramento in termini di economia sostenibile: si pensi ad esempio all’attenzione e all’interesse sempre maggiori che gli investitori riservano ai criteri ESG (ne abbiamo parlato in questo articolo).
Il Rapporto Speciale dell’ONU 2023
“Se non agiamo ora, l’Agenda 2030 diventerà un epitaffio per un mondo che avrebbe potuto essere”.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres non ha usato mezzi termini per introdurre il Rapporto Speciale del 2023 sui Sustainable Development Goals (SDGs) dell’Agenda 2030. Al netto dei notevoli ostacoli posti sul percorso dalla pandemia, dalla crisi climatica e dal mutato contesto internazionale, “per affrontare le cause di questa terribile situazione abbiamo bisogno di una profonda riforma della nostra architettura finanziaria internazionale, che ad oggi è obsoleta, disfunzionale e ingiusta”, prosegue Guterres nell’introduzione al Rapporto.
La promessa degli SDGs è in pericolo: solo il 15% degli obiettivi risulta essere ben avviato, a fronte di un 48% moderatamente o severamente indietro e, soprattutto, di un 37% degli obiettivi in fase di stallo o rispetto ai quali addirittura c’è stata una regressione.

Ad esempio, il numero di persone che soffrono la fame e l’insicurezza alimentare è in aumento dal 2015: nel 2022, circa il 9,2% della popolazione mondiale soffriva la fame cronica, pari a circa 735 milioni di persone (122 milioni in più rispetto al 2019). Anche sul piano della povertà, il Rapporto stima che, se il trend dovesse continuare, 575 milioni di persone vivranno in condizioni di estrema povertà e solo un terzo dei Paesi avrà dimezzato il proprio livello di povertà entro il 2030.
Salute: ancora troppe disuguaglianze a livello globale
Per quanto riguarda la sanità, ci sono stati alcuni progressi negli ultimi anni relativamente alla mortalità infantile (146 Paesi su 200 hanno raggiunto l’obiettivo di riferimento) e al trattamento dell’HIV, che ha ridotto i decessi correlati all’AIDS del 52% a livello globale dal 2010 ad oggi. Molte sfide però restano da affrontare, soprattutto riguardo all’obiettivo di aumentare la copertura sanitaria universale: si stima che, nel 2019, 381 milioni di persone si sono avvicinate a condizioni di estrema povertà a causa delle spese necessarie per la propria salute.
Inoltre, sul tema del personale sanitario, nonostante un aumento significativo della dimensione complessiva della forza lavoro sanitaria globale, regioni con il più alto carico di malattie continuano ad avere la percentuale più bassa di operatori sanitari. Tra il 2014 e il 2021 l’Africa subsahariana aveva la più bassa densità di operatori sanitari, con solo 2,3 medici e 12,6 unità di personale infermieristico e ostetrico ogni 10.000 abitanti. Al contrario, l’Europa ha avuto la più alta densità di medici: 39,4 ogni 10.000 abitanti.

L’Italia è indietro sugli obiettivi dell’Agenda 2030
Anche il nostro Paese non si può dire soddisfatto rispetto al raggiungimento dei Sustainable Goals dell’Agenda 2030. Secondo il sesto Rapporto Istat sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, pubblicato a giugno 2023, l’Italia è peggiorata in termini di consumi di energia da fonti rinnovabili e, per la prima volta dal 2012, è salita lievemente la percentuale di popolazione che incontra difficoltà a riscaldare adeguatamente l’abitazione (8,8%).
Nel complesso, i dati italiani sono in linea con quelli globali del rapporto ONU: il 42,6% delle misure segnala dei miglioramenti rispetto ai target, il 32,8% segnala un peggioramento, il 24,6% è stazionario. Nell’ultimo anno i miglioramenti più significativi riguardano gli obiettivi 17 (partnership per gli obiettivi) e 5 (parità di genere). Le performance peggiori invece sono state registrate negli obiettivi 16 (pace, giustizia e istituzioni solide), 7 (energia pulita e accessibile) e 13 (lotta contro il cambiamento climatico).

Per quanto riguarda la sanità, i dati più rilevanti riguardano la lenta ma costante diminuzione della mortalità per le cause di morte più diffuse (tumori maligni, diabete mellito, malattie cardiovascolari e malattie respiratorie croniche): dal 10,2% all’8,6%, per le persone di 30-69 anni. Aumenta anche l’abuso di alcol e l’abitudine al fumo nei maschi, ma soprattutto diminuisce la copertura vaccinale antinfluenzale nella stagione invernale 2021/2022: 58,1% di anziani vaccinati, una percentuale ancora distante dal valore soglia raccomandato dall’OMS (75%).

Prospettive future: la responsabilità delle grandi potenze
Sono stati presi ad esempio solo alcuni dei 17 Sustainable Goals di Agenda 2030, ma risulta chiaro come sia complesso raggiungere tutti gli obiettivi entro la scadenza fissata, soprattutto considerando la necessità di intraprendere azioni comuni in un contesto internazionale la cui stabilità è stata messa a dura prova dalla pandemia, dalla guerra in Ucraina e da un’economia indebolita.
Certo è che per rendere il mondo un posto migliore per tutti e tutte – obiettivo principale dell’Agenda 2030 – è necessaria un’inversione di rotta, in termini di modelli produttivi, riduzione delle disuguaglianze, contrasto alla povertà, tutela dell’ambiente. L’allarme lanciato dal Segretario generale Guterres è reale: senza azioni comuni e tempestive, assisteremo sempre più ad un progressivo peggioramento delle condizioni di vita sul nostro pianeta, che interesseranno sempre più persone e sempre maggiori aree ed ecosistemi.
Ci sono però aspetti positivi, che ci fanno guardare al futuro con ottimismo: se la scadenza del 2030 sembra utopistica, gli accordi tra gli Stati e la rinnovata visione della società sono invece già reali, ed è importante che si tenda a questi obiettivi anche se non sono raggiungibili nell’immediato. Immaginare diversi modelli produttivi, più sostenibili e inclusivi, significa cercare di raggiungere risultati che conseguentemente impattano anche sulla salute delle persone, sull’ambiente, sul benessere della società. È fondamentale, però, che tutti gli Stati tendano ad obiettivi comuni, altrimenti gli sforzi dei Paesi più virtuosi rischiano di essere vani; sono proprio le grandi potenze, quelle che dispongono di maggiori risorse, a dover imprimere una vera svolta per tutto il pianeta.