Premiata nell’ambito di Women Value Company, riconoscimento nato dalla collaborazione tra la Fondazione Marisa Bellisario e Intesa Sanpaolo, giunto quest’anno alla sua VIII edizione il cui tema era “Donne che fanno la differenza”, Anna Grassellino parla a INNLIFES da Chicago, dove vive da diversi anni.
Giunta negli Stati Uniti nel 2004 da studentessa per il dottorato in Fisica presso la University of Pennsylvania, ora Grassellino, oltre a essere professore associato presso la Northwestern University, ricopre il ruolo di Direttore del Centro SQMS (Superconducting Quantum Materials and Systems) del Fermilab di Chicago. Un ruolo assegnatole dal governo americano, ma per ottenere il quale è stata incoraggiata dal suo gruppo.
La nascita del centro SQMS è certamente il frutto del lavoro di tante persone, ma soprattutto della forte volontà di Grassellino di cogliere un’opportunità offerta dal governo americano.
Come sei riuscita a ricoprire un ruolo apicale?
«Alcune direzioni di ricerca divenute poi di punta le ho cominciate io, in maniera formale, quando ero una ricercatrice postdoc. Poi il successo non è dipeso soltanto da me, ma dal gruppo. Questo nuovo centro di ricerca nazionale l’ho voluto io in prima persona. Le condizioni si sono create a poco a poco, grazie al lavoro di gruppo, però mi sono intestardita: si doveva fare e sono stata la persona che più ha spinto per creare questa nuova collaborazione. C’è voluto molto per avere il consenso del management, spesso restio a iniziative del genere. Ma noi abbiamo insistito per un’idea importante in cui credevamo. La creazione di centri come l’SQMS rientra in un’iniziativa governativa nazionale divenuta legge nel 2018. È la National Quantum Initiative. Quando ne siamo venuti a conoscenza ci siamo messi in moto. Durante il Covid c’è stata una call competitiva, con 68 proposte di progetti provenienti da tutto il Paese. Ne sono stati selezionati 5, fra cui noi. Hanno voluto me a capo del centro perché ero quella che più si era impuntata».
L’SQMS: per un avanzamento delle tecnologie quantistiche
«Significa che ci sono tecnologie che si avvantaggiano di leggi della meccanica quantistica invece della fisica classica. La maggior parte delle cose che ci circondano, in termini tecnologici, come computer e cellulari, funzionano su principi della fisica classica. Questa iniziativa di tecnologie quantistiche vuole trarre vantaggio da alcune proprietà particolari della fisica quantistica. Si parla infatti di entanglement, o sovrapposizioni. È un elemento nuovo: si tratta di una proprietà controintuitiva per il nostro cervello. Noi tendiamo a pensare in maniera deterministica, ma in realtà tutto funziona in maniera più probabilistica». La meccanica classica descrive le proprietà e il comportamento della materia a grande scala. La meccanica quantistica, invece, descrive il comportamento microscopico di singole particelle che si muovono in modo controintuitivo, diversamente da come ci verrebbe spontaneo pensare. L’aggettivo “quantistico” deriva dal latino “quantum”, riferito alla quantità che identifica il più piccolo pacchetto indivisibile di una certa grandezza.
Entanglement è un termine coniato nel 1935 e in meccanica quantistica a indicare un legame fra particelle. «La cosa bella di questa iniziativa è che prendiamo queste leggi della fisica controintuitiva e le sfruttiamo per avanzare nell’ambito della tecnologia in direzioni nuove che possono portare dei grandi vantaggi in diversi campi, per esempio computazionale. Il computer quantistico non affronta tutti i problemi del computer classico. Serve se invece vogliamo risolvere quesiti come l’algoritmo di Shor, cioè la fattorizzazione dei numeri primi, i grandi numeri primi, con conseguenze dal punto di vista della crittografia o della simulazione di sistemi microscopici, come molecole, proteine, particelle».
«20% donne: un ottimo risultato»
«Su 500 persone che lavorano al centro, circa il 20% sono donne. Abbiamo programmi internship che si rivolgono a underrepresented minorities, e quindi anche alle donne, così da creare la pipeline per portarle a fare un dottorato. E comunque è buono perché alle conferenze di quantum forse vedi che le donne sono meno del 5%».
«Materie STEM? Tante ragazze le studiano»
«Moltissime le giovani che si iscrivono a fisica, chimica o a biologia. Ingegneria all’epoca era ancora maschile: quando feci Ingegneria elettronica a Pisa nel 2000, eravamo una decina di donne su 180 iscritti. Nell’immaginario collettivo vigeva ancora l’idea che l’ingegnere fosse una figura maschile. Oggi forse il modello è cambiato. Ma c’è ancora da fare».