Oltre 200 donne, tra medici, ricercatrici, biologhe e ingegneri (e una manciata di uomini) hanno partecipato alla presentazione “Dove sono tutte le donne nella leadership?”, nel corso del convegno Advanced Therapies che si è tenuto a Londra il 19 e 20 marzo scorsi. L’incontro era dedicato a loro, le donne nelle scienze della vita, il 77% delle quali, secondo i relatori intervenuti, ha subìto una qualche forma di discriminazione o aggressione da colleghi, in un settore in cui, per le donne, essere in posizioni di leadership costa ancora molta fatica.
A parlarne e discuterne con il pubblico donne con diversi storie di leadership nel settore: Nicola Ambler, Fondatrice del Network per donne nel biotech The CGT Circle; Amélie Quilichini, CEO e Fondatrice di un’azienda, Kolibri, che ha sviluppato un innovativo sistema di produzione di prodotti per le terapie cellulari; Katy Newton, Direttrice area Competenze Traslazionali dell’azienda biofarmaceutica Achilles Therapeutics; Anji Miller, Responsabile per le competenze dell’Hub di Innovazione per le Terapie Geniche di LifeArc, un ente di beneficenza britannico per la ricerca medica nel campo delle scienze biologiche; e un uomo, Jason Jones, Responsabile Sviluppo Commerciale Globale di Cellular Origins, un’azienda inglese che si occupa di automatizzare la produzione di terapie cellulari.
La domanda che il gruppo si è posto è stata: come possiamo cambiare insieme il contesto attuale? “La mia esperienza personale mi ha mostrato che rimanere in un ambiente che non ti valorizza può davvero toccare l’anima”, sostiene Amélie Quilichini. “La soluzione? Andare dove sei valorizzato. Questo può sembrare un grande passo, ma è essenziale per la nostra crescita e benessere. Non dobbiamo accettare passivamente gli ambienti tossici”. Aggiunge Anji Miller: “Possiamo e dobbiamo dichiarare le ingiustizie e lavorare attivamente per creare ambienti lavorativi inclusivi e supportivi. Questo include riconoscere e valorizzare le diverse competenze che tutti portano al tavolo”.
Caratteristiche di leadership e uso del linguaggio
“È fondamentale riconoscere che anche il linguaggio che usiamo per descrivere le persone ha un grande impatto”, afferma Katy Newton. “Parole come ‘assertivo’ vengono viste positivamente, ma spesso vengono applicate con un pregiudizio di genere. Dire di una donna che è ‘emotiva’ invece di riconoscere che ‘le importa’ un progetto perpetua stereotipi dannosi. Dobbiamo denunciare questi comportamenti quando li vediamo”.
“Impegniamoci anche a ridefinire cosa significa essere un leader e come possiamo supportare il successo di tutti, indipendentemente dal genere” sostiene Nicola Ambler.
Celebrare le competenze e l’ambiente nella biotecnologia
Le migliori aziende, sostengono i relatori, sono quelle che sfruttano quotidianamente un insieme diversificato di competenze. Queste abilità, spesso etichettate come “soft”, sono in realtà tratti indispensabili che contribuiscono significativamente al successo delle organizzazioni. “È imperativo che creiamo e coltiviamo ambienti dove queste competenze non sono solo riconosciute ma celebrate”, sostiene Anji Miller. “Questo approccio è fondamentale per prevenire dubbi e insicurezze che molti di noi potrebbero affrontare, specialmente in industrie ad alto rischio come quella della biotecnologia”. Il rischio è di rimanere vittime della cosiddetta sindrome dell’impostore.
Un appello per il rebranding della “sindrome dell’impostore”
Il termine “sindrome dell’impostore” è stato oggetto di molto dibattito. L’etichetta “sindrome” patologizza un comune sentimento di dubbio sulle proprie capacità in relazione ai risultati raggiunti, perpetuando involontariamente un ciclo di auto-interrogazione, in particolare tra le donne. “Un esame più attento delle discussioni sulla sindrome dell’impostore rivela un evidente pregiudizio di genere – con le donne come focus principale, nonostante anche gli uomini sperimentino sentimenti simili di inadeguatezza”, sostiene Amélie Quilichini. Dalle speaker arriva l’invito a cambiare punto di vista: anziché etichettare queste esperienze come una sindrome, si vedano invece come parte di un naturale processo di crescita e apprendimento: riconoscere i momenti di dubbio su di sé come indicatori del fatto di uscire dalle zone di comfort, intraprendere nuove sfide e, cosa più importante, di crescere.
Creare reti di supporto e networking
Le reti di supporto svolgono un ruolo fondamentale nel mitigare i sentimenti di inadeguatezza delle donne in ruoli lavorativi importanti. Condividere esperienze, sfide e successi all’interno di gruppi – come i circoli di leadership femminile nella biotecnologia – può favorire un senso di appartenenza e sostegno. “Queste reti sono inestimabili, fornendo una piattaforma per mentorship, guida e rassicurazione che non siamo soli nelle nostre esperienze. Inoltre, servono come promemoria che il percorso verso la leadership è un viaggio condiviso da molti, indipendentemente dal genere”, sostiene Nicola Ambler.
Mentre si parla di continuo di innovazione all’interno dell’industria biotecnologica, questo intervento nel convegno Advanced Therapies di Londra propone di aprire la strada per un ambiente professionale più inclusivo, solidale e prospero, favorendo ambienti dove le donne nella leadership biotecnologica, e tutti i membri della comunità, possano fiorire senza che l’ombra del dubbio e della micro-aggressività dei colleghi (anche donne) minacci i loro successi e quelli dell’organizzazione. Anche questo è innovazione.