L’imprenditrice innanzitutto. Poi l’azienda. Al centro dell’attenzione è la donna capitana d’impresa, con la sua capacità di innovare all’insegna della sostenibilità per il bene dell’ambiente nel quale vive e per il proprio. Un’imprenditoria non solo innovativa ma anche rigenerativa, che guarda non solo alle esigenze umane ma anche all’ecosistema. Un concetto di fare impresa che GammaDonna sostiene e valorizza indicendo ogni anno un concorso con un premio finale. L’edizione 2024 prevede un roadshow, che toccherà tre città per tre appuntamenti di business networking a sostegno delle imprenditrici, e tre premi per riconoscerne e celebrarne i risultati.
La prima tappa sarà il 6 giugno a Roma. Con la partnership di Rocco Forte Hotel de la Ville e in collaborazione con Angels4Women e GBS Group, il tema della giornata sarà “Focalizza, racconta, ottieni: come catturare l’attenzione di investor e stakeholder”. Il 10 settembre sarà la volta di Milano e del workshop “Data Strategy: metodi e tecnologie utili per estrarre valore dai dati che ci circondano”, in partnership con EY. Si chiude con Torino il 4 novembre, presso la Nuvola Lavazza che ospiterà la finale del Premio, portando sul palco le storie di innovazione delle 6 finaliste e e celebrazioni per il ventennale GammaDonna. L’evento, inserito nel calendario di Confindustria “Torino Capitale della Cultura d’Impresa 2024”, è patrocinato da Women7, il gruppo ufficiale del G7 per le sfide legate alla parità di genere e alla tutela dei diritti delle donne.
Innlifes ha intervistato Valentina Parenti, Presidente e Co-Founder di GammaDonna, nonché dell’azienda familiare attiva nel campo della comunicazione.
In che modo l’imprenditoria femminile è innovativa e rigenerativa?
«Il contributo che l’imprenditrice può apportare al nostro modello di sviluppo è importante», spiega Parenti. «Soprattutto attraverso l’innovazione, ovvero la lente attraverso la quale si analizza l’imprenditoria. Questo perché la donna ha uno sguardo particolare derivante dalla sua predisposizione naturale a prendersi cura delle persone e di ciò che le sta intorno. La donna nasce con questa sensibilità e capacità di creare e procreare. Se ciò non si realizza con un parto vero e proprio, dà origine a un parto di creatività che ricambi il sistema dove ha avuto origine. C’è attenzione e predisposizione ad avviare un’innovazione sostenibile, che rispetti il territorio, l’ambiente, le persone. E si può ottenere anche ideando modelli di business più inclusivi, attenti al welfare, alle persone del team che lavorano nell’azienda e alle connessioni. Attenzione, quindi, all’empowerment delle comunità locali: spesso infatti le imprenditrici hanno un forte legame con il territorio in cui operano. Creano collaborazioni con centri di ricerca, l’università e altre aziende, in nome dell’alleanza e della restituzione».
Quali sono i criteri con cui assegnate il premio?
«Non premiamo le imprese, premiamo l’imprenditrice e ciò che porta all’interno dell’impresa. Quello che conta è il suo contenuto. Premiamo questo contenuto di innovazione, che non è necessariamente di prodotto o di servizio, ma anche di processo. Può essere un’innovazione organizzativa e gestionale o di approccio. Quindi porta valore. Non dev’essere per forza legata alla tecnologia. Un altro aspetto che conta è il tema della sostenibilità, intesa anche come capacità di generare un impatto che dia luogo ad un modello di sviluppo rigenerativo e non estrattivo. L’esigenza di un approccio al progresso più generativo nasce dai problemi ambientali, sociali ed economici che stiamo vivendo e che stanno evidenziando i limiti dei modelli di sviluppo finora attuati: degrado ambientale, perdita di biodiversità, cambiamento climatico, distruzione dell’ecosistema, esaurimento delle risorse. Da tutto ciò derivano disparità sociali e degrado della salute, con ulteriori costi. In termini economici, adottare pratiche regenerative non soltanto è positivo per l’ecosistema in cui viviamo, ma rappresenta un vero vantaggio competitivo, con nuovi mercati e opportunità di crescita economica».
Imprenditoria femminile in Italia: in aumento, giovani e strutturate
Secondo il rapporto 2024 di Unioncamere, le imprese femminili registrate in Italia sono 1 milione e 325mila, costituendo il 22,2% del totale del tessuto produttivo nazionale. Fra queste, aumenta il numero di imprese femminili (2mila in più) dedite ad attività professionali, scientifiche e tecniche. Ambiti, questi, tipicamente maschili. Il tasso di femminilizzazione di queste aziende (dato dal rapporto tra imprese femminili e totale delle imprese) nel 2023 ha sfiorato il 20% , dal 19,7% del 2022. In più sedi questo fenomeno viene definito come un’invasione dell’universo femminile in ambiti tradizionalmente maschili.
Non solo. Donna fa infatti rima con giovane: il 10,6% delle aziende femminili è guidato da imprenditrici under 35 (contro il 7,9% delle attività non femminili). Cresce inoltre la tendenza delle imprenditrici a ricorrere a modelli aziendali più strutturati e innovativi: le società di capitale femminili sono aumentate dell’1,7% nel 2023, rappresentando il 26% del totale delle aziende guidate da donne.
Particolarmente diffuse nel Mezzogiorno, queste PMI al femminile costituiscono una vera opportunità di crescita professionale e visibilità per giovani donne.