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Gender gap, l’equi-rappresentanza nelle posizioni apicali è ancora lontana

Perché ne stiamo parlando
Secondo il Gender Leader Index in Health dell’Osservatorio sull’equità di genere della leadership in sanità, giunto nel 2024 alla sua seconda edizione, il disequilibrio è molto evidente nel settore pubblico, dove solo il 19% dei Direttori di struttura complessa sono donne. La situazione migliora ma lentamente.

Gender gap, l’equi-rappresentanza nelle posizioni apicali è ancora lontana
Marina D'Artibale, socia fondatrice, LEADS - Donne Leader in Sanità

Molto è stato fatto ma in termini di gender gap non è ancora finita, anzi. INNLIFES ha parlato con Marina D’Artibale, co-direttrice dell’Osservatorio sull’equità di genere della leadership in sanità, Presidente del network di Alumni e Alumnae InTheBoardroom by Valore D dal 2021 al 2024, Socia fondatrice Leads Donne Leader in Sanità, Membro del Board del Forum della Meritocrazia e Vicepresident in Capgemini Invent.

Donne e leadership. A che punto siamo?

«Diversi progressi sono stati fatti ma la strada è ancora lunga. Partiamo dal presupposto che in Italia siamo indietro già dal tasso di occupazione femminile, pari al 52,5% verso il 65,7 % del resto d’Europa. L’occupazione femminile è ovunque caratterizzata da disuguaglianze nell’accesso a posizioni apicali ed è concentrata in specifici settori o professioni, come quelle di cura e nei servizi, in lavori precari, esponendole a maggiore fragilità. Segnali positivi ci sono certamente, pensiamo all’aumento delle donne nei board grazie alla legge Golfo Mosca, e più di recente alle nuove nomine di rettrici universitarie. Ancora però non si è verificato un visibile riequilibrio nelle prime linee manageriali».

Che ruolo ha l’uomo nell’affermazione della leadership femminile?

«È fondamentale: parità di genere e piena inclusione delle donne nelle posizioni di leadership non possono essere realizzate solo dalle donne stesse. Richiedono il coinvolgimento attivo degli uomini in tutti i contesti, sia professionali che sociali. Il cambiamento autentico verso l’uguaglianza di genere non è solo una lotta delle donne, ma una responsabilità collettiva che implica l’impegno di tutti, perché è una necessità di tutti, di cui ne beneficiamo tutti come collettività. Molti studi provano quanto un equilibrio di genere nella forza lavoro e nella leadership porti benefici economici e non solo sociali.

Per citarne solo uno: il report McKinsey 2023 fornisce un’analisi del rapporto tra la diversità rappresentata nella leadership e la performance aziendale. Le aziende del top-quartile per diversità di genere negli executive team  – quindi con maggiore diversità al loro interno – hanno una probabilità di outperformance finanziaria superiore del 39% rispetto alle aziende del bottom-quartile – quello con meno diversità di genere. Gli stessi risultati si hanno per quanto riguarda la diversità etnica-culturale. Favorire un equilibrio di genere non è solo giusto di per sé, ma è anche utile ai fini di una reale meritocrazia: un più ampio accesso alle posizioni di leadership significa scegliere davvero tra i più capaci e meritevoli.

Gli uomini, soprattutto quelli che ricoprono ruoli di potere, possono e devono agire come alleati strategici nella promozione della leadership femminile, abbracciando uno stile di leadership inclusiva. Non dobbiamo sottovalutare quanto sia importante il tema culturale anche con  la condivisione delle responsabilità domestiche e familiari, che ancora gravano maggiormente sulle donne in tutti i contesti».

Valore D come si è mossa in questo senso?

«Il percorso di alta formazione InTheBoardroom by Valore D, del cui network di Alumnae e Alumni sono stata Presidente dal 2021 al 2024 , creato ormai più di 10 anni fa per sostenere il processo di riequilibrio di genere nei Consigli di Amministrazione con profili di talento, dal 2021 è aperto anche agli uomini, proprio perché questo è un percorso di crescita che non possiamo che fare insieme».

Esistono differenze di settore? Quello della sanità che prospettive ha?

«Posto che il tema dell’equilibrio di genere nella leadership è di rilievo in tutti i settori, quello della sanità si distingue perché non c’è un tema di rappresentanza femminile tra gli occupati. Anzi, il 70% dei dipendenti è donna, ma solo una minoranza ricopre posizioni apicali. Con l’associazione LEADS Donne Leader in Sanità abbiamo fortemente voluto la nascita dell’Osservatorio sull’equità di genere della leadership in sanità, di cui sono co-direttrice con Marta Marsilio dell’Università Statale di Milano. Con l’Osservatorio abbiamo sviluppato un indice sintetico, il GLIH, Gender Leadership Index in Health con cui misuriamo l’equilibrio di genere della leadership e possiamo mettere a confronto le diverse organizzazioni, sia pubbliche che private, oltre che monitorare il trend nel tempo, stimolando stakeholders e istituzioni all’adozione di azioni specifiche ed a misurarsi su fatti e numeri».

Cosa è emerso in particolare?

«Il disequilibrio è particolarmente evidente nel settore pubblico: solo il 19% dei Direttori di struttura complessa sono donne. Grazie anche all’ingresso di tante donne medico, che nel 2023 per la prima volta hanno superato la quota del 50%, il cammino verso la leadership migliora leggermente di anno in anno; ma a questo ritmo saranno necessari 150 anni per avere la piena equità di genere della leadership nel settore sanitario. Troppo. Per accelerare questo trend occorrono azioni e politiche specifiche. Fra queste, anche strumenti di conciliazione vita-lavoro, sistemi di promozione e valutazione senza pregiudizi di genere, trasparenza nelle selezioni per far emergere il merito indipendentemente dal genere di provenienza, formazione sulla parità di genere per i dirigenti, programmi di mentoring sia da parte di uomini che di donne».

Che ruolo può avere la tecnologia?

«Sta rivoluzionando la gestione della salute e può svolgere un ruolo importante per sostenere l’equilibrio di genere nella leadership, migliorando l’accesso delle donne alle posizioni decisionali, riducendo gli ostacoli legati alla discriminazione di genere e migliorando le opportunità di crescita professionale per le donne. Ad esempio, le tecnologie digitali, come le piattaforme di telemedicina, i sistemi di gestione clinica online e le soluzioni di lavoro remoto, possono aiutare a superare le barriere legate alla conciliazione vita-lavoro. Questo è particolarmente importante per le donne, che spesso affrontano una doppia giornata (carriera professionale e responsabilità familiari). I sistemi di gestione delle risorse umane (HR) basati sull’analisi dei dati possono svolgere un ruolo importante nel monitorare e promuovere l’uguaglianza di genere, eliminando i bias inconsci che possono influenzare le decisioni di assunzione, promozione e compensazione.

Insomma la tecnologia nel settore sanitario può svolgere un ruolo fondamentale nel sostenere l’equilibrio di genere nella leadership, abbattendo le barriere strutturali, culturali e logistiche che limitano l’accesso delle donne alle posizioni apicali. L’adozione di tecnologie che migliorano la flessibilità, l’accesso alla formazione, la gestione delle risorse umane e la creazione di reti di supporto è fondamentale per creare un ambiente più equo e inclusivo, dove le donne possano emergere come leader nel settore sanitario. Le politiche e le soluzioni tecnologiche mirate possono davvero fare la differenza nel promuovere una rappresentanza equilibrata di genere nelle posizioni di leadership».

Lei ha ricoperto e ricopre ruoli apicali. Qual è stata la sua esperienza?

«Da leader di una grande multinazionale operante in un settore tecnologico quindi molto “STEM” e tradizionalmente maschile, sento una grande responsabilità, innanzitutto di essere un corretto role model per donne e per uomini, esempio di leadership inclusiva. Inclusione per me significa consentire a tutti, indipendentemente dal genere di provenienza e non solo, di essere valutati per le proprie capacità e competenze, senza pregiudizi ma facendo emergere realmente il merito. Ho avuto la fortuna di lavorare per gran parte della mia carriera in contesti di grandi multinazionali dove si viene valutati per i risultati, e questo riduce il problema alla base, e dove sono applicate politiche che tendono a limitare discriminazioni per così dire “culturali” che ancora esistono. In Capgemini abbiamo il programma “leadherway” che prevede una serie di iniziative che coinvolgono uomini e donne a sostegno dell’empowerment femminile.

Da donna e leader dico alle mie colleghe più giovani che è importante non rinunciare ai propri sogni, che possiamo e dobbiamo conciliare la vita privata con la vita professionale, e che la flessibilità è la chiave».

Keypoints

  • L’Italia è indietro già dal tasso di occupazione femminile, pari al 52,5% verso il 65,7 % del resto d’Europa
  • Non si è ancora verificato un visibile riequilibrio nelle prime linee manageriali
  • Il cambiamento verso l’uguaglianza di genere è responsabilità collettiva che implica l’impegno di tutti
  • Il settore della sanità si distingue perché non c’è un tema di rappresentanza femminile tra gli occupati
  • Il 70% dei dipendenti è donna, ma solo una minoranza ricopre posizioni apicali
  • La tecnologia sta rivoluzionando la gestione della salute e può avere un ruolo importante per sostenere l’equilibrio di genere nella leadership

 

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