One Health. Ormai è chiaro che la salvaguardia della salute pubblica necessita sempre più di un approccio interdisciplinare e sistemico: perché la salute umana è strettamente connessa a quella animale e ambientale. La sfida è metterlo in pratica. A cominciare dall’integrazione di discipline diverse (medicina, veterinaria, ecologia, economia, sociologia, etc.) e dalla sinergia tra istituzioni e centri di ricerca diversi. Perché si tratta di innescare un nuovo modo di pensare e di agire per la salute.
Con questo obiettivo, ormai un anno fa, è stato istituito l’intergruppo parlamentare One Health: un organismo consultivo, composto da esperti di diverse discipline, che si pone l’obiettivo di offrire un supporto tecnico-scientifico e stimolare il dibattito politico e l’azione del Governo.
«Da più un anno lavoriamo ormai in tale direzione» spiega Ylenja Lucaselli, Vicepresidente dell’intergruppo parlamentare One Health, avvocata e membro della Camera dei Deputati, che il 29 ottobre parteciperà, insieme, tra gli altri, a Giovanni Leonardi, Capo del Dipartimento One Health del ministero della Salute, al forum ESG Life Science organizzato da INNLIFES.
Lucaselli, lei è stata promotrice dell’istituzione dell’intergruppo One Health: perché?
«L’esperienza del Covid ci ha insegnato che in tema di salute la multidisciplinarietà è essenziale. Per questo abbiamo voluto istituire l’intergruppo parlamentare One Health: per evidenziare l’importanza e promuovere un approccio integrato alla salute, con la convinzione che l’attività dell’intergruppo potesse essere da stimolo all’attività del Governo. E in effetti, la nostra azione si è tradotta in risultati: al ministero della Salute è stato istituito il Dipartimento One Health, che ha la funzione di mettere in relazione ministeri di competenza diversa affinché cooperino tra loro. Al tavolo del Comitato Tecnico-Scientifico dell’intergruppo parlamentare siedono esperti di diverse discipline, autorevolissimi medici, direttori di Asl e di centri italiani di ricerca, per far sì che alla base di ciò che facciamo e proponiamo ci sia il dato scientifico».
Diverse sono le questioni al centro dei lavori dell’intergruppo One Health: uno su tutti l’antibiotico resistenza.
«Sì, ci siamo occupati innanzitutto dell’antibiotico resistenza perché è un tema estremamente rilevante, di cui si parla troppo poco, e invece influenza moltissimo sia il sistema sanitario che l’efficacia delle cure».
Come diceva, la consapevolezza di dover ragionare in termini interrelati quando parliamo di salute umana, animale e ambientale è una lezione che abbiamo appreso con il Covid. Di fatto, quali interventi mettere in atto per favorire sinergie utili per riuscire ad applicare l’approccio One Health?
«Per un approccio integrato alla salute si possono seguire due binari diversi. Da un lato, è importante ricorrere all’uso delle tecnologie moderne che facilitano il lavoro di correlazione tra le attività dei vari ministeri. E dall’altro, è importante uniformare alcune normative e fare in modo che queste tengano sempre conto degli effetti, non solo nei confronti della platea a cui si rivolgono, ma a 360 gradi, pensando cioè alla platea a cui potrebbero fare riferimento».
A proposito di tecnologie, in che modo l’innovazione tecnologica può aiutare ad affrontare le sfide che l’interazione tra salute umana, animale e ambiente ci pone?
«La tecnologia è fondamentale, perché può essere uno strumento validissimo, per esempio, per l’analisi dati e quindi per la programmazione.
Uno dei grandi problemi con cui ci siamo dovuti confrontare durante il Covid e che, in generale, deve affrontare la Sanità italiana è la programmazione. Non essere in grado di programmare gli interventi significa anche non riuscire a programmare la spesa con tutto ciò che ne consegue. Faccio un esempio: se conosco l’incidenza delle malattie oncologiche e riesco a distribuirle sul territorio nazionale per età, tipologia e per efficacia delle cure, posso avere una visione più chiara delle reali esigenze e, di conseguenza, la mia azione può essere più efficace. Ecco: la tecnologia è fondamentale affinché si raggiunga una maggiore efficacia nella prevenzione, nella programmazione e nella cura».
Oggi, poi, la tecnologia può supportarci anche per ridurre l’impatto ambientale della produzione alimentare, si pensi per esempio alle biotecnologie applicate all’agricoltura. L’editing genetico ci consente di produrre piante capaci di utilizzare al meglio l’acqua o i fertilizzanti e quindi avere un’agricoltura più sostenibile. E la carne coltivata è una delle strade percorribili per conciliare produttività e sostenibilità: è un’alternativa, cioè, alla carne da allevamento per impattare meno sull’ambiente. Come supportare allora l’attività di ricerca in questo ambito, in modo che la scienza sia effettivamente uno strumento per affrontare le sfide di cui parlavamo prima?
«Io sono assolutamente contraria alla carne coltivata. Occuparsi dell’ambiente è altro. L’ obiettivo della One Health è preservare la salute occupandosi anche della produzione agricola e della salute animale, ma non sostituendo la natura con prodotti da laboratorio, perché questo non ha nulla a che fare con l’ambiente e la salute.
Dobbiamo partire da quello che la natura ci ha dato e cercare di capire qual è il modo migliore per preservarlo, cosa fare per contrastare l’azione dei patogeni che possono danneggiare i prodotti e, di conseguenza, impattare anche sulla nostra salute, e questo non ha nulla a che fare con la creazione in laboratorio di carne o piante».
Mi riferivo alla messa in campo delle piante di riso editate con la tecnica CRISPR proprio per resistere a un fungo che può devastare i raccolti e contro il quale abbiamo un numero limitato di agrofarmaci.
«Al netto del fatto che la ricerca è sempre importante e lo sviluppo scientifico è sempre fondamentale, tendenzialmente però mi preoccuperei di capire come preservare il nostro patrimonio naturalistico prima di crearne in laboratorio. E in questa direzione stiamo lavorando con l’intergruppo One Health, cercando di interagire con interlocutori diversi e di stimolare il dibattito pubblico e politico al fine di individuare e mettere in atto le migliori strategie per integrare misure ambientali, economiche e sanitarie».
La partecipazione a ESG Life Science Forum è libera, previa registrazione qui.